Uccise il marito che torturava i figli La condanna ridotta da 10 a 7 anni

Uccise il marito che torturava i figli La condanna ridotta da 10 a 7 anni RIEVOCATO IL. DRAMMA DELLA SPOSA DI NOVARA Uccise il marito che torturava i figli La condanna ridotta da 10 a 7 anni I giudici d'appello hanno escluso l'aggravante della crudeltà - L'imputata, trentacinquenne, soppresse l'uomo con 21 colpi di scure mentre dormiva - In carcere ha dato alia luce due gemelli: colpiti entrambi da una grave malattia del sangue, versano in disperate condizioni Maria Grazia Celano, la sposa calabrese trentacinquenne residente a Novara che uccise il marito con 21 colpì di scure esasperata per i continui maltrattamenti che l'uomo infliggeva ai figli, è comparsa ieri mattina davanti alla Corte d'Assise d'appello di Torino (pres. Rivero; p.g. Caccia; cane. Palazzi). In primo grado era slata con dannata a 10 anni e 8 mesi: ieri la corte ha accolto la tesi del difensore, avv. De Marchi, e ha annullato l'aggravante di aver agito con particolare crudeltà, riducendo la pena dell'imputata a 7 anni e 8 mesi. Secondo l'avv. De Marchi, infatti, la Celano si accanì sul corpo del marito soltanto perché spinta da un dolore rabbioso, dopo aver visto uno dei suoi figli piangere e lamentarsi per le botte del padre. « Gli ha dato 21 colpi — ha detto il difensore — per distruggerlo, per cancellare dalla sua vita, e soprattutto da quella dei suoi figli, un individuo indegno. Quei ventun fendenti vi dicono tutto il dolore, l'angoscia, l'esasperazione di una donna che non sarebbe mai stata capace di uccidere, se non per l'amore che porta ai suoi figli ». Il delitto avvenne la notte del 22 gennaio '65. La vittima, Francesco Antonio Russo, fu assalita nel sonno, cercò di reagire ma venne sopraffatta. Poco prima era rincasato ubriaco e aveva cominciato a picchiare tutti. La moglie, incinta di quattro mesi, ricevette uno schiaffo perché la minestra non era calda; la figlia Caterina volle dividere i genitori e fu picchiata. Poi il padre, che non aveva ancora sfogato tutta la sua ira, si avvicinò al letto del figlio Salvatore e lo colpì al capo con uno stivale. Il ragazzo non osò aprir bocca: ma quando la madre gli fu vicina, le disse: « Mamma, ho male, muoio ». Quella frase trasformò Maria Grazia Celano in un'assassina. Afferrò la scure per la legna e si avventò sul marito. In carcere, nel maggio 1965, diede alla luce due gemelli, Antonio e Giuseppe. La stessa rfalattia, che aveva già portato 'alia tomba due'dei Sé! precedenti figli, ha colpito in forma gravissima i due piccoli. « Anemia emolitica cronica » hanno detto i medici. Antonio e Giuseppe, che adesso hanno due anni, non parlano, non si reggano in piedi, la loro mente è turbata. Sono ospiti dell'asilo nido del carcere e soltanto la-madre rie¬ sce a nutrirli, con infinita pazienza, perché loro non hanno ancora imparato a nutrirsi da soli. Ogni tanto devono essere trasferiti in una clinica cittadina dove viene loro cambiato il sangue. Qualche mese fa, durante una^di queste tpasfusionL, lei ■condizioni dèi due gémetti--Si sono' aggravate e Maria Grazia Celano ha ottenuto il permesso di uscire dal carcere e trascorrere alcuni giorni al capezzale dei figli. Questo permesso speciale le è stato accordato ancora di recente, ma le speranze per i due piccini sono quasi nulle. s. r. j Maria Grazia Celano in Corte d'Assise d'Appello

Persone citate: De Marchi, Francesco Antonio Russo, Maria Grazia, Maria Grazia Celano, Rivero

Luoghi citati: Novara, Torino