Il ricatto dei generali di Francesco Rosso

Il ricatto dei generali De G-awille umiliato dai militavi Il ricatto dei generali Quando De Gaulle, temendo di essere sopraffatto dalla piazza, andò in Germania a chiedere l'appoggio di Massu (e poi a Mulhouse per incontrare il capo dell'esercito metropolitano, Hublot), si sentì porre pesanti condizioni: la libertà ai ribelli d'Algeria, Salan e Jouhaud, e l'amnistia per tutti gli esponenti dell'Oas condannati o esuli - De Gaulle diede assicurazioni - Tornato a Parigi, lanciò la sfida : io resto, Pompidou rimane, la violenza non prevarrà - Non lui, ma i generali di Francia avevano stroncato la rivoluzione pre nutrito diffidenza,-se non (Dal nostro inviato speciale) Parigi, 8 giugno. I generali di Francia, non De Gaulle, hanno stroncato la rivoluzione che già squassava il paese. Non lo hanno fatto gratuitamente perché, dalla fine della guerra d'Algeria, l'esercito ha sem- rancore, per il grande Generale. Per assicurargli il loro appoggio contro le masse popolari e studentesche scatenate a creare una nuova « Comune », gli alti comandi hanno preteso concessioni pesanti, che per De Gaulle significano un'umiliazione. Gli hanno chiesto la liberazione del gen. Salan, condannato all'ergastolo, ma non con un decreto di grazia; hanno preteso un'amnistia generale per tutti gli uomini, di destra e di sinistra, condannati e messi al bando per le sommosse, gli attentati contro di lui, conseguenti all'abbandono della Algeria. Tra costoro ci sono anche gli ex ministri Bidault e Soustelle, gli uomini che De Gaulle odia con furore viscerale. Gli avvenimenti che hanno preceduto la resa di De Gaulle ai suoi avversari non sono stati repentini come si crede, tutto è stato preparato in gran segreto, ma con precisione cronometrica. Mattina del 29 maggio, ore 10: i ministri si presentano all'Eliseo convocati da De Gaulle per un Consiglio straordinario di Gabinetto. Un funzionario li rimanda a casa; non ci sarà Consiglio dei ministri, il Generale ha mutato parere. Georges Pompidou, interpellato dai suoi colleghi, ne sa quanto loro sulla repentina decisione di De Gaulle, ma è al corrente di altre cose. Una ora prima che si riunisse il Consiglio, il primo ministro aveva avuto un breve colloquio col Generale; breve, ma violento. Gli aveva suggerito di andarsene; la repubblica, pare gli abbia detto, non può affondare con De Gaulle. Partendo il Capo dello Stato, gli sarebbe succeduto, come vuole la Costituzione, il presidente del Se nato Gaston Monnerville. Se c'è qualcosa che faccia adirare De Gaulle, è nominargli il mulatto martinicano. Pensare che sul trono dell'Eliseo potesse sedere, sia pure temporaneamente, Gaston Monnerville lo fece fremere. Scattò così l'operazione già preparata, ma rinviata perché De Gaulle era ancora convinto di poter dominare da solo i moti di piazza. Ciò non gli aveva impedito, tuttavia, di prendere misure precauzionali; ricorrere all'esercito, se necessario, per ristabilire l'ordine. Poteva essere la guerra civile, ma non bisogna dimenticare la frase che il Generale aveva pronunciato in altri tempi, dopo la guerra d'Algeria: « Il sangue asciuga presto ». Partì, dunque, per Colombey-les-deux-Eglises; scopo del viaggio, una lunga meditazione nel silenzio del vasto parco che circonda la sua residenza di campagna. Così, almeno, si disse quel mattino quando la Francia, sentita la notizia alla radio, ebbe la sensazione che il Generale fosse sul punto di abdicare. Ieri sera, durante il discorso-intervista alla televisione, egli ha confermato l'opinione diffusa in quel giorno. « Avevo intenzione di ritirarmi » ha detto. Non è il caso di mettere in dubbio la sua affermazione, ma ci sono alcuni elementi che la contraddicono. E' vero che, partendo, egli aveva portato con sé alcune casse di documenti, tra cui il manoscritto del quarto volume delle sue memorie, ma la signora De Gaulle aveva preso con sé soltanto una valigina con il necessario per una notte; segno che era certa di tornare all'Eliseo. Poi accadde qualcosa d'imprevisto; De Gaulle, sua moglie ed il seguito scomparvero. Da Parigi a Colombey ci si arriva con un'ora di elicottero; alle sei di sera. De Gaulle non era ancora giunto alla sua casa di campagna. Il mistero fu svelato da una signora di Metz che, affacciata alla finestra, vide la moglie del Generale entrare in un caffè per telefonare. Diede l'allarme, ed accorsero i cronisti. Così si seppe tutto; De Gaulle aveva lasciato la moglie e parte del seguito a Metz, era salito sul suo jet personale, ed era andato a Baden Baden, in Germania, per parlare con il gen. Massu, domandargli se era disposto ad appoggiarlo con le sue divisioni corazzate di paracadutisti. Ed anche questa è stata uti'umiliazione, perché il gen. Massu è di quelli che, con il gen. Salan, provocò la rivolta dei militari in Algeria. De Gaulle non ha mai avuto molta stima per Massu. Ricordo il viaggio che egli fece ad Algeri pochi giorni dopo la rivolta del 13 maggio 1958; Massu tentò più volte di parlare con De Gaulle. senza fortuna. De Gaulle lo lasciava attendere ore nell'anticamera, ed alla fine lo rimandava. Ora era lui, il grande, a chiedere il sostegno di Massu che si era adeguato al gollismo, ma con l'astio di chi Ita perduto la sua battaglia. Secondo informazioni attendibili. De Gaulle parlò affettuosamente a Massu ed agli ufficiali superiori ch'erano con lui. Fece ricorso alla sua eloquenza, parlò dei lontani giorni dell'accademia militare, fece leva sul sentiménto nazionalistico degli ufficiali, disse che la patria era nuovamente in pericolo. Massu rispose che lo avrebbe seguito. Da quel momento De Gaulle tornò ad essere quello di prima: con l'esercito avrebbe schiacciato la rivolta di piazza. Andò a parlare con suo genero a Mulhouse, ebbe un colloquio con il gen. Hublot, che comanda l'esercito metropolitano. Tutti disposti ad appoggiarlo, ma ad un patto; avrebbe dovuto fare qualcosa per i generali condannati all'ergastolo ed ancora in carcere, riabilitare quelli che aveva cacciato nel limbo quando per vendetta, finita la guerra di Algeria, li aveva allontanati dai comandi. « Scriverò io stesso al generale Jouhaud » disse a Massu, a Hublot ed al gen. Melz, che comanda la piazza di Parigi. « E Salan? » gli domandarono i generali. « Farò qualcosa per lui » rispose De Gaulle, e pensava alla concessione di grazia, come aveva già fatto con altri. Questa, almeno, fu l'interpretazione che molti diedero alle parole di De Gaulle, e la voce si sparse rapidamente. La presenza della signora Salan a Tulle, dove è detenuto il generale-ribelle, rafforzò l'ipotesi della grazia imminente. Ma le concessioni di grazia non garbavano più agli altri generali: se riconciliazione ci doveva essere, De Gaulle avrebbe dovuto concedere un'amnistia generale a tutti i condannati politici, militari e no. De Gaulle cedette, l'importante era conservare il potere, impedire che la Francia fosse travolta dalla rivoluzione. L'amnistia, quasi sicuramente, sarà concessa il prossimo 14 luglio, ricorrenza della presa della Bastiglia. Anche questa volta, dunque, il Generale aveva vinto: però il suo prestigio è uscito profondamente scosso dalla « operazione generali ». In definitiva, è stato lui ad andare dai suoi nemici, ad accettare le condizioni che gli ponevano per sostenerlo. Ci fu un momento in cui la Francia parve davvero sull'orlo della guerra civile II 30 maggio De Gaulle tornò a Parigi e pronunciò, soltanto alla radio (temeva che alla televisione gli spettatori notassero il suo volto disfatto dalla stanchezza e dall'emozione), il famoso discorso in cui, pressapoco, disse: « Io resto; rimane Pompidou, riesumo i commissari della repubblica ed i comitati civici ». Era la prova di forza, la sfida alla rivoluzione. I suoi avversari non l'accettarono, sapevano che i carri armati facevano « esercitazioni » nei dintorni di Parigi, che il gen. Melz era pronto a marciare sulla capitale. Perché esporsi ad un massacro? Poco prima di lasciare l'Eliseo, De Gaulle aveva detto: « Non voglio sangue sulle mie mani alla fine della mia vita », una frase che voleva cancellare quella più antica: « Il sangue asciuga presto ». Ma se gli avvenimenti avessero preso una piega diversa, se la piazza si fosse scatenata nonostante le divisioni corazzate attorno a Parigi, non so quale delle due frasi sarebbe uscita nell'ultimo volume di memorie che De Gaulle sta scrivendo. E' però certo che la sua azione ha evitato il crollo della repubblica ed il massacro; però, ha approfondito il solco che divide i francesi in due blocchi ostili. Non è possibile prevedere l'esito delle prossime elezioni, ma è certo che se vincessero le sinistre i generali, ormai mobilitati, sono pronti a marciare su Parigi. Francesco Rosso *