Un lago inesauribile di petrolio arricchisce e trasforma la Libia

Un lago inesauribile di petrolio arricchisce e trasforma la Libia UNA CASSAFORTE ARRENA DISCHIUSA Un lago inesauribile di petrolio arricchisce e trasforma la Libia Il « miracolo » è cominciato nella primavera del 1959, con la scoperta dei primi pozzi utili in Cirenaica - Oggi 43 società continuano le ricerche, ed hanno già speso 1300 miliardi di lire in investimenti; la produzione attuale è di 100 milioni di tonnellate all'anno, con un guadagno di 350. miliardi di lire per lo Stato libico - Il reddito dei cittadini, al momento dell'indipendenza, era di 25 mila lire annue; oggi ha superato quello degli italiani (mille dollari) - Dopo il petrolio, si estrae ora il gas che verrà esportato verso Italia e Spagna - La Libia può diventare un paese moderno (Dal nostro inviato speciale) Zelten (Cirenaica), giugno. L'infinita distesa rossa del deserto, l'aggrovigliarsi metallico degli impianti dai quali il petrolio sgorga e si avvia negli oleodotti verso la costa della Sirte, la sterminata sfera di gas infiammato che purpurea e nera monta verso il cielo per centinaia di metri. Forse solo qui a Zelten, e dall'aereo, riesco a fissare in una sola immagine questa Libia in travolgente e sconvolgente trasformazione, dove aspetti immutati da millenni si confondono con altri da fantascienza, la sterile sabbia con ì fiumi del petrolio. A duecento chilometri dal mare, Zelten non si presta solo visivamente a simboleggiare una situazione. E' qui che cominciò per la Libia una novella storia, quando nella primavera del 1959 la Esso scoprì il primo giacimento. Il reddito medio prò capite dei libici era allora il più basso del mondo, si aggirava sui trentanove dollari, venticinquemìla lire, all'anno. Nel '66, era già moltiplicato per tredici, toccando i cinquecento dollari. E negli ultimi due anni si è ancora raddoppiato, secondo dati statistici che il ministro della Pianificazione ritiene pessimistici. « Penso — mi dice infatti l'on. dott. Ali Atiga — che si sia già sui milleduecento dollari (più dell'Italia); fra cinque anni arriveremo sicuramente ai millecinquecento dollari, un milione di lire all'anno per persona ». All'inizio dell'era del petrolio, un milione e mezzo di lìbici (oggi, sembra, un milione e settecentomila) vivono poveramente su una minima parte di un territorio grande sei volte l'Italia. C'è meno di un abitante per chilometro quadrato, non esiste ««'élite (i laureati si contano sulle dita di una mano), l'analfabetismo è diffuso come la povertà e la miseria. Alle Nazioni Unite, durante i dibattiti del dopoguerra, molti sì mostravano convinti che una Libia unita ed indipendente fosse prematura, che il paese avesse ancora bisogno di un lungo periodo sotto la tutela internazionale: la decisione contraria prevalse per un solo voto (di Haiti). Alla sua nascita — 24 dicembre 1951 — il Regno Unito di Libia sembrava destinato a sopravvivere solo.per i sussidi (una decina di miliardi di lire all'anno), che la Gran Bretagna e gli Stati Uniti si impegnarono a versare per un ventennio, anche in cambio di basi militari. A parte l'esportazione di un po' di arachidi, pelli, olive, il nuovo Stato non aveva risorsa alcuna. Del petrolio si favoleggiava dai tempi dell'occupazione italiana, quando i nostri geoioghi si erano dichiarati convinti della sua esistenza (ma senza riuscire mai ad interessare alle "fóro'banali'attività: le Darle « spade dell'Islam » gover-, nauti a Roma o in loco). Nel '53, il governo libico decise comunque dì intraprendere ricerche organiche, e seppe scegliere la via buona. Non ebbe la pretesa di fare per conto suo, affidò il compito a società private, senza concedere nessun monopolio (a differenza di quanto avevano fatto Arabia Saudita, Iran o Irak) e mettendo tutti in concorrenza fra loro. Come risultato, oggi operano nel paese 43 società petrolifere con centoventitré concessioni che coprono una superficie complessiva pari a due volte e mezzo l'Italia, a quasi metà della Libia. Accanto a tutti i colossi mondiali, figurano anche i due gruppi italiani Eni (Agip Mineraria-Cori) e Montedison (Ausonia). Il petrolio non si fece trovare subito. Solo al principio del '58, la Esso perforò il primo pozzo produttivo verso la frontiera algerina, in una zona giudicata però poco interessante e quindi per il momento abbandonata. Il grande colpo della stessa società fu questo di Zelten nel '59, della vicina Raguba nel '61, e dì Jebel, più a sud, nel '65. Da Zelten, giacimento tra i più ricchi del mondo, già nel '61 il primo petrolio libico si avviava verso il mercato mondiale attraverso un oleodotto di quasi duecento chilometri, fino al porto —- creato dal niente — di Mar sa el Brega. . i; Il fiume d'oro nero cominciava a scorrere, ingrossandosi fulmineamente: due milioni di tonnellate nel '61, cento milioni quest'anno. Da zero la Libia è salita al quinto posto nella graduatoria degli esportatori mondiali di petrolio (dopo Venezuela, Arabia Saudita, Kuwait e Iran). Ed al tempo stesso, senza spendere un soldo (mentre le compagnie petrolifere hanno investito finora qualcosa come milletrecento miliardi di lire), ha visto moltiplicarsi i suoi incassi. Due anni addietro, il governo ha modificato la formula iniziale del fifty-fifty attribuendosi più del 56 "io degli utili e lasciandone meno del 44 "i alle compagnie: si sono ritirate alcune piccole società, le grosse sono rimaste tutte. Dai dodici miliardi di lire del '62, gli utili dello Stato sono saliti l'anno scorso a trecentocinquanta ' miliardi. E si calcola che in questi primi nove anni dell'Era Petrolio, la Libia abbia già complessivamente incassato mille miliardi di lire, pari a sei o settecentomila lire per ciascuno dei suoi abitanti. Dato e non concesso che produzione ed incassi si stabilizzino al livello di quest'anno, la quota parte di utile per ogni cittadino libico si aggirerà sulle duecentocinquantamila lire all'anno. E' una cifra pari al reddito medio prò capite di certe province italiane; in altri termini, il cittadino libico, aprendo gli occhi al mattino, avrà già in tasca una somma pari a quella che l'abitante di Benevento o di Avellino dovrà guadagnarsi lavorando fino a sera. Se però non saranno le stesse società a frenare per motivi di mercato la produzione, il gettito sembra destinato ad ulteriori sensibili sviluppi. Le ultime fortunate scoperte — la BP a nord ovest di Cufra, l'Occidental ad Aguila, la Esso col rinnovato interesse verso la frontiera algerina i— confermano le previsioni degli esperti: forse non soltanto sotto l'aspetto petrolifero, la Libia è una « cassaforte appena dischiusa ». Di sicuro, ed a breve scadenza, sta per entrare in scena un nuovo personaggio. Il 1969 non sarà solo il decimo anno dell'Era del Petrolio, sarà anche il primo dell'Era del Gas. L'enorme sfera di fuoco che vedo salire nel cielo di Zelten è preziosissimo gas, separato dal petrolio, e sprecato in fiamme ancora per poco. Nella primavera o nell'estate prossima, ce lo ritroveremo nelle cucine delle nostre case, negli impianti delle nostre fabbriche. Converrà riparlarne, anche dal punto di vista dell'interesse italiano. Da quello libico, dirò soltanto che si tratta di un duplice contratto per la fornitura di tre miliardi di metri cubi per venti anni al nostro paese, e di un miliardo per lo stesso periodo alla Spagna. Cosa potrà rendere questo affare colossale, non sono riuscito a sapere (un indi¬ ce orientativo è costituito dai duecento miliardi di lire che la Esso sta spendendo per la realizzazione del progetto). Ma col sovrapporsi dell'Era del Gas a quella del Petrolio, è facile prevedere che fra qualche anno ogni bravo libico, aprendo gli occhi al mattino, si troverà già in tasca una cifra pari a quella che non l'abitante di Benevento o Avellino, ma il milanese o il torinese dovranno guadagnarsi lavorando tutto il santo giorno. In tasca — s'intende — per modo di dire. Il governo non ridistribuisce gli utili nazionali fra i cittadini; lì impiega in case, scuole, ospedali, acquedotti, strade; investe per trasformare in paese progredito quello che fino a ieri era una terra tra le più povere. Mi dice il più giovane primo ministro del mondo, il trentaduenne on. avv. Abdel Hamid Al Bakoush: « Siamo appena partiti da zero, dobbiamo fare fronte a compiti tremendi, non siamo ancora ricchi ». Ed insiste il suo quasi coetaneo ministro della Pianificazione, l'on. Ali Àliga: « Non sono il petrolio e le sterline a fare ricco un popolo: sono la cultura, la tecnologia, la struttura sociopolitica, l'elite ». Queste ed altre analoghe dichiarazioni fanno onore ai responsabili della nuova Libia, al loro autocontrollo, al loro senso della realtà, al loro spirito moderno. Il compito di guidare un paese in travolgente trasformazione è effettivamente, come vedremo, difficile e delicato: non tutto è roseo in questa incredibile favola del petrolio. Ma temo che nei governanti di qualsiasi altro paese al mondo trovi scarsa commiserazione l'ardua fatica dei ministri libici: quella di riuscire a spendere, e bene, la manna caduta dal cielo, la favolosa ricchezza scaturita dall'arida sabbia del deserto. Giovanni Giovannini Ras Lanuf' Dahra^J Raguba^ Sebha* Murziiq L7 LIBIA Oasi di Cu fra M I G E R i CI AD V t \ I I A POZZI PETROLIFERI OLEODOTTI Grande sei volte l'Italia (1.750.000 kmq), la Libia ha una popolazione di poco superiore al milione e mezzo di abitanti. L'unico gruppo rilevante di residenti stranieri è quello degli italiani calcolati oggi a 25 mila, praticamente tutti in Tripolitania. Sprovvisto di risorse naturali, il Paese conosce da nove anni, grazie alla scoperta del petrolio, un'improvvisa crescente ricchezza

Persone citate: Abdel Hamid Al Bakoush, Aguila, Ali Àliga, Brega, Giovanni Giovannini