Gimondi spiega il suo crollo

Gimondi spiega il suo crollo Gimondi spiega il suo crollo Il bergamasco, subito dopo l'arrivo, è stato colto da una crisi di pianto - «Mi sentivo svenire, non riuscivo a respirare: all'inizio della salita ho capito che per me il Giro era finito» - Anche Motta ha cercato di consolare Gimondi, il suo rivale - Dancelli: «Merckx era imbattibile» (Dal nostro inviato speciale) Cime di Lavaredo, 1 giugno. Eddy Merckx ha appena portato a termine la sua clamorosa impresa, si fa largo in messo alla folla, guadagna l'ingresso del « Rifugio Auronzo », dove lo attendono un bagno caldo e gualche bevanda ristoratrice. Lo seguiamo, riusciamo ad entrare dietro di lui ed a sentire il primo commento del campione del mondo. E' mia parola sola molto significativa: « Terribile », dice, e tuttavia il volto gocciolante acqua gli si stende in un sorriso di soddisfazione. Poi arrivano gli altri giornalisti e Merckx improvvisa, mentre si toglie di dosso gli abiti inzuppati, una conferenza stampa: « Sono partito all'attacco ai piedi della salita — afferma — dopo una lunga "tirata" di Van Den Bossche, ed ho continuato ad una cadenza regolare, azionando un rapporto di 42x26, lo stesso che avevo usato sul Colle della Maddalena. Questa salita è la più dura che io abbia mai affrontato, quindi ho cercato di non cambiare mai ritmo, continuavo a rimonta-re dei corridori, ma non avevo notizfe'iuirahdàmentò^ della corsa, né davanti né dietro à' me. Quando sono arrivato, e non prima, mi sono accorto di aver vinto ». - - Dal vincitore al grande sconfitto. Gimondi è entrato in una stanza a lui riservata, di fronte alla quale monta la guardia, con molta energia, un barbuto ufficiale degli alpini, il quale vieta l'accesso a chiunque. Passa un buon quarto d'ora prima che si allenti il blocco, e se ne comprende la ragione. Felice Gimondi, invano consolato da Luciano Pezzi e dal signor Luigi Salvarani, è in preda ad una crisi di disperazione. « Ho visto la gente piangere per me — singhiozza Felice — ed ora non posso che piangere anch'io. I miei compagni ed i tifosi credevano nelle mie possibilità. Come ho fatto a tradirli così? ». « Era andato tutto bene nella fase d'attesa della tappa — è sempre Gimondi che si confessa, a capo chino — e mi proponevo di giocare la mia carta al momento giusto. Ed invece, proprio nella fase decisiva, sono clamorosamente crollato. Mi sentivo svenire, non riuscivo a respirare. Subito ai primi tornanti ho capito che per me il Giro era finito ». Dalla porta ad un tratto fa capolino Gianni Motta. E' venuto, con molta cavalleria, a confortare il compagno di sventura: « Su, non piangere — gli dice — la tua crisi è solo questione di un giorno, pensa a me che da dieci mesi vado avanti passando da una delusione all'altra! ». Italo Zilioli e l'ex maglia rosa Dancelli hanno accettato senza troppi drammi la sconfitta. « Avevo Bitossi davanti — ha detto il torinese — e pensavo che mi potesse servire da punto di appoggio al momento buono. Invece, quando è incominciata la salita, il freddo mi ha comple- i tamente bloccato, non ho ca¬ pito più niente e sono andato avanti a pedalare come, un automa. Era destino che finisse così ». Ancora più sereno il commento di Dancelli: « Ho capito subito, quando è scattato Merckx, che per me non c'era più niente da fare. Il belga è troppo forte e con questo tempaccio, era assolutamente imbattibile. E' stata comunque una bella avventura, tenere la maglia rosa fino ad oggi ». Gianni Pignata