Parlo con gli studenti nella Sorbona occupata di Francesco Rosso

Parlo con gli studenti nella Sorbona occupata Parlo con gli studenti nella Sorbona occupata (Dal nostro inviato speciale) Parigi, 14 maggio. I giorni della gran collera studentesca pare continuino; il vasto cortile della Sorbona, trasformato in arengo della nuova « rivoluzione culturale », fiammeggia di manifesti murali su cui, tracciate a mano, frasi come scudisciate chiedono perentorie la distruzione violenta della società capitalista e industriale, delle città-macchina, dei silos umani, che sarebbero gli alloggi popolari. Tutti firmati: legge del 13 maggio 1968, cioè una legge nata ieri, dopo la dimostrazione che1 ha convogliato in piazza'della Repubblica folle mai viste a Parigi, nemmeno nei giorni successivi alla cacciata dei nazisti. Fonti ufficiali dicono fra 200 mila e mezzo milione di persone, gli organizzatori giurano che erano 800 mila; facciamo mezzo milione e, forse, siamo nel giusto. Che è rimasto di tanto entusiasmo popolare ventiquattr'ore dopo? Solo questa febbre studentesca, direi, e la determinazione' dei politici a non lasciarsi seminare per strada, a trarre il maggior vantaggio dall'attuale, presunta posizione di forza regalatagli dagli studenti arrabbiati, contro il governo di De Gaulle. Gli altri, la gente comune, è tornata alle occupazioni consuete ed incomincia a guardare con sospetto il nuovo corso instaurato dagli studenti, che non è, e non può essere il corso voluto nemmeno dai comunisti. I drappi rossi che ondeggiano pigri da stanotte sulla cupola della Sorbona, non sono di obbedienza moscovita. Ammiccano a Pechino, a Fidel Castro, a Che Guevara. Quelli neri degli anarchici, numerosi come quelli rossi, hanno un significato ancor più sinistro; entrambi i colori, comunque, significano la fine di un mondo che tutti, borghesi e comunisti, invece, vorrebbero migliorare per trarne maggior profitto. Essi non disdegnano la civiltà dei consumi, anzi, vogliono goderne una fetta più larga. « Noi non vogliamo andare al cinema, comperare televisori, frigoriferi, lavastoviglie, automobili », gridano gli studenti educati alla contestazione globale. Gli altri, ne vogliono sempre di più. E' evidente che l'apparente concordia di ieri è destinata a durare poco, il dialogo fra studenti e sindacati operai s'interromperà nel momento in cui si chiariranno le rispettive posizioni, che sono antagoniste. Chi vincerà in questo duello non saprei dire, certo oggi gli studenti sembrano i più forti perche scrivono sui loro manifesti murali: «.Abbiamo avuto il coraggio di srendere nelle strade, erigere le barricate ». Ma anche tra di loro, non c'è poi concordanza di vedute. La Unef. numericamente più forte, proclama la necessità di appoggiare il movimento sindacale operaio e porsi all'avanguardia della rivoluzione, ma contro questa tesi moderata insorgono i trotzkisti, i maoisti, castristi, anarchici che predicano la rivoluzione violenta, sanguinosa, integrale. Nel cortile della Sorbona sento questa confusione . di idee, di linguaggi estremisti concordi solo nella violenza delle frasi, ma opposti nel fine da conseguire. C'è gran folla ovunque, di studenti e curiosi. Victor Hugo, Comte, Pasteur reggono con marmorea indifferenza i fazzoletti, gli stendardi rossi e neri che gli hanno messo intorno al collo, infilato tra le mani. Sosto accanto ad un gruppo di studenti che reclamano un'ora di trasmissione quotidiana dalla televisione. «E se non ve la concedono?* domando ad uno. « Occuperemo la sede della televisione, ormai abbiamo imparato la tecnica * è la risposta. Tra le intimidatorie facciate neoclassiche, circola una atmosfera un po' comunarda, un po' goliardica. Qualcuno, stamani, ha trascinato nel cortile un pianoforte a coda, e chi sa servirsi dello strumento si esibisce. Gli altri che fan circolo, tentano di adattare alla musica i pensieri di Mao. Rivoluzione culturale e frenetico ritmo di jazz. I vasti emicicli sono invasi da folle strabocchevoli, gli studenti sono in cattedra, ma con nessuna intenzione, per ora, di fare i controcorsi. Si limitano a gridare le frasi che hanno già scritto sui manifesti murali, a chiedere le dimissioni del ministro dell'Interno Fouchet, e del prefetto di polizia Grimaùd, a incitare i loro colleghi a boicottare gli esami di corso e di laurea che dovrebbero incominciare domani. Claude Cohn-Bcndit, il giovane studente arrabbiato, emulo di Rudi Dutschkc il rosso, grida il programma del suo movimento anarchico del « 22 marzo ». Niente dialogo con nessuno, la lotta continua, vincerà la strada contro i governi costituiti, organizziamo comitati d'azione. La gran massa ascolta, qualcuno applaude, qualcuno fischia, altri, la maggioranza, rimangono inerti'. C'è un ragazzo accanto a me, lunghi capelli biondi ed una blusa che gli sta stretta alle spalle. Ascolta e scuote il capo. « Non è d'accordo? * gli domando. « Per nulla*. «Perché non prende la parola anche lei, qui siete tutti liberi di esprimer- vi*. «.Non ne sono capace, mi impappinerei dopo tre parole. Loro, invece, non hanno paura di niente *. « Ha partecipato alla manifestazione dì ieri? *. « Certo, ed ero dietro le barricate venerdì notte a battermi contro i poliziotti ». « E non è d'accordo con loro? a. «Assolutamente no. Come lauti altri, io voglio la riforma dell'Università, ma voglio anche dare gli esami e non perdere l'anno accademico *. La gran folla si rimescola nelle aule e nel cortile, negri d'Africa, indiani, asiatici, europei, d'ogni Paese, concorrono ad esasperare la babele linguistica e delle idee. Una ragazza in minigonna, una delle tante che ieri camminavano, la mano morbida in quella callosa degli operai di Billancourt, di Fresne, dei sobborghi che formano la cintura rossa di Parigi, e venuti al centro a .dar man forte agli studenti in rivolta, grida la sua totale disapprovazione al governo, ai borghesi, fai sindacati. «Eppure sono lutti con voi *, osservo. Risponde: « Oggi è di moda parteggiare per gli studenti, accarezzarci, esaltarci. Ma è un modo astuto di assorbirci che noi abbiamo smascherato. Oliando ci lodano sembrano dire: lasciateli sfogare, sono giovani. Si accorgeranno presto che è tutto diverso *. Le ombre della sera scendono sul vasto cortile, gli studenti si preparano a bivaccare una seconda notte nelle aule, nei corridoi, nel cortile della Sorbona. Alcuni hanno portato un sacco a pelo, altri la chitarra. Se tace il pianoforte, si alza un coro di voci fresche e, accompagnati dalla chitarra, cantano sul motivo di « Old man river » frasi sulla tecnica della guerriglia di Mao e di Guevara. Concludono quasi sempre: « Nessuno sa come noi condurre la guerriglia in città *. Francesco Rosso La Sorbona occupata dagli studenti a Parigi. Un pianoforte a coda è stato trasportato nel cortile: quando qualcuno si esibisce gli altri fanno circolo e, cantando, tentano di adattare alla musica jazz i «pensieri di Mao» (Tel. A.P.)

Luoghi citati: Africa, Parigi, Pechino