Americani e nord-vietnamiti a Parigi si stringono la mano e cominciano a trattare di Ferdinando Vegas

Americani e nord-vietnamiti a Parigi si stringono la mano e cominciano a trattare Buon avvìo dei colloqui preliminari per la pace Americani e nord-vietnamiti a Parigi si stringono la mano e cominciano a trattare Il primo incontro è avvenuto alle 15 di ieri tra i vice-capi delegazione ed è durato due ore - Si è discusso in un'atmosfera di grande cortesia su questioni tecniche: la scelta delle lingue ufficiali e la procedura dei negoziati - Oggi nuovo colloquio; lunedì mattina si inizieranno le trattative vere e proprie con la partecipazione dell'ambasciatore Harriman e del delegato di Hanoi, Xuan Thuy - Il plenipotenziario americano dichiara : « Siamo pronti ad affrontare negoziati sostanziali » Vietnam, Est europeo. Medio Oriente Incertezza e pericoli Luci ed ombre si alternano nella situazione internazionale. L'avvenimento più confortante è indubbiamente l'inizio delle trattative preliminari fra americani e nord-vietnamiti a Parigi. Basta pensare ai lunghi anni che ci sono voluti per compiere questo passo ed al mese impiegato nel concordare la sede, per apprezzare rincontro parigino in tutta la sua importanza. Ora che il meccanismo della pace si è finalmente messo in moto, ci si domanda se esso potrà arrivare fino in fondo, portando all'esito da tutti sperato, la fine della guerra nel Vietnam. Certamente le trattative saranno molto lunghe e complesse, ma sembra che si possa azzardare una risposta positiva. Anzitutto perché è sempre valido il motivo fondamentale che ha spinto Washington e Hanoi ad imboccare il cammino dei negoziati: la constatazione che una soluzione militare era irraggiungibile, quindi che la guerra di logoramento poteva durare ancora per un tempo indefinito. Ma, a quale prezzo? Per gli americani, una distorsione profonda di tutta la loro politica, che si fa già sentire sul dollaro, sulla crisi razziale, sui rapporti tra Washington e i suoi più fedeli alleati. Per 1 vietnamiti, la prospettiva di vedere il loro paese distrutto materialmente, al Nord come al Sud, e degradato moralmente al Sud. E' un prezzo veramente esorbitante, che né Washington né Hanoi hanno convenienza a pagare. Impiantato su questa premessa, il negoziato costituisce dunque una via obbligata, anche se irta di ostacoli. Uno è la ripresa violenta dei combattimenti a Saigon, che tuttavia non dovrebbe influenzare sostanzialmente lo sviluppo dei negoziati: è infatti normale che al momento di sedersi al tavolo per discutere si cerchi di dare una dimostrazione di forza sul campo, specie quando ci si trova in una situazione di stallo. Ben più consistenti sono le difficoltà di ordine politico: per gli Stati Uniti, il peso dell'opinione pubblica interna (che vuole la pace,, sì, ma non la capitolazione) e il riguardo dovuto agli alleati asia tici, a cominciare dal regime di Saigon; per il Vietnam settentrionale, da un lato il conto in cui deve tenere Pechino, dall'altro l'impossibilità di imporre sacrifìci troppo gravi ai combattenti del Fronte nazionale di liberazione del Sud. L'ostacolo maggiore rima ne sempre i) dissenso sul problema di fondo, la sistemazione definitiva del Vietnam Meridionale; ma per affrontarlo ci sarà ancora tempo. In conclusio ne, nonostante tutte queste difficoltà, si può sperare che le trattative di Parigi rappresentino il principio del la fine della tragedia del Vietnam. * * Mentre da Parigi viene un barlume di luce, l'atmosfera si oscura invece nel l'Europa orientale. La « pri mavera cecoslovacca » con tinua a fiorire rigogliosa; questo è certamente uh fat to da segnare all'attivo. Al passivo sta però la reazio ne dell'Unione Sovietica dei suoi più fedeli seguaci. Polonia e Germania Orientale, Ungheria e Bulgaria, che si mostrano sempre più' preoccupati per il corso degli avvenimenti cecoslovacchi. Che cosa si siano detti i segretari dei partiti comunisti dei cinque paesi, nella conferenza convocata d'improvviso a Mosca, non è dato sapere; l'assenza dei cèchi e dei rumeni, che non erano stati invitati, lascia però facilmente supporre che l'argomento sia stato il modo di affrontare gli « eretici ». Il modo non può essere la forza, come per un momento avevano fatto supporre le notizie circolate su spostamenti di truppe sovietiche in Polonia, verso la frontiera cèca. A parte la smentita di Praga, oggi la situazione nel mondo comunista è troppo diversa dal 1956 perché i sovietici possano seriamente pensare a un intervento armato, come fecero allora a Budapest. Il processo centrifugo dei partiti e paesi comunisti è ormai un fatto storico irreversibile, contro il quale a nulla servirebbero i carri armati. E i dirigenti sovietici non sono così sconsiderati da lasciarsi andare a reazioni violente, destinate solo ad inasprire, non certo a risolvere la crisi del movimento comunista internazionale. Comunque intenda rispondere, Mosca si trova a fronteggiare una situazione mol to difficile, sul piano ideologico e su quello politico, Sul primo, l'articolo delle Izvestia contro il processo di democratizzazione è la conférma eloquente d'una tendenza rigida che acquista sempre più terreno. Politicamente, Mosca teme lo sfaldamento del blocco orientale, con gli evidenti pericoli che ne deriverebbero per la sua stessa sicurezza. E la Russia non può sentirsi tranquilla finché nella Germania Occidentale si verificano fenomeni come l'ascesa elettorale dei neonazisti o l'assegnazione del « Premio Adenauer » a due notori nazisti: un altro, non trascurabile, aspetto negativo del panorama internazionale. Il giro d'orizzonte non sarebbe completo se non toccasse anche il Medio Oriente, dove — a un anno dalla guerra arabo-israeliana — la pace sembra ancora assai remota. E' in questo settore che la situazione è potenzialmente più pericolosa, tanto che potrebbe di nuovo esplodere, da un momento all'altro. Perché il mondo abbia veramente pace, non basta quindi chiudere la guerra in atto nel Vietnam, ma occorre prevenire, sin da questo momento, che la guerra si riapra nel Medio Oriente. Ferdinando Vegas L'americano Vance e il nordvietnamita Ha Van Lau ieri dopo l'incontro (Tel. Ansa)

Persone citate: Adenauer, Harriman, Van Lau, Xuan Thuy