Una combattiva signora dai capelli fulvi tiene le redini dell'economia britannica

Una combattiva signora dai capelli fulvi tiene le redini dell'economia britannica IL GRANDE PROBLEMA INGLESE, AUMENTARE LE ESPORTAZIONI Una combattiva signora dai capelli fulvi tiene le redini dell'economia britannica E' Barbara Castle, 57 anni, laburista - Ministro «dell'occupazione e della produttività» è la figura più importante del Gabinetto Wilson - Si oppone con intransigente durezza ad ogni aumento dei prezzi, lotta con i vecchi compagni delle «Trade Unions» per moderarne le richieste salariali, deplora gli scioperi - Tutti l'attaccano, da destra e da sinistra, un conservatore l'ha definita « nuova Boadicea », riferendosi all'antica regina che fece guerra ai romani - Ma lei non si scompone, rialza la chioma leonina e balza a replicare - Talvolta, nei casi estremi, ricorre alle lacrime (Dal nostro inviato speciale) Londra, 4 maggio. Dall' alto della tribuna stampa, la Camera dei Comuni sembra la fossa dei leoni. Al centro dell'aula che Churchill volle ricostruita piccola e disadorna come quella che le bombe naziste avevano distrutta, la vittima di turno è ria due giorni una donna che non dimostra ì suoi 57 anni. Ieri aveva affrontato la prova in camicetta senza maniche e gonna che non era né mini né vecchio stile (e subito i giornali conservatori ne avevano fatto un simbolo d'incertezza): oggi è a braccia nude, in un classico abito bianco. Vista dai banchi dei gior- nalistì, la flguretta di Barbara Castle ha un che di patetico. Metà dei deputati la sta attaccando, l'altra metà non la difende. Parla, e sì leva lo shame, vergogna, della massima disapprovazione parlamentare. Tace, e si alza il fiore della rappresentanza conservatrice a contestarne argomenti o dati, e soprattutto a fare dell'ironia su « questa nuova Boadicea (la regina che lottò contro i romani) più pericolosa dell'antica — sta dicendo Von. Geoffrey Rippon — e perfino dell'attuale primo ministro». Boadicea. madame GuittoUne, Barbarous: in Parlamento e fuori, mai una donna è stata tanto criticata, attaccata, presa in giro, come Barbara Castle, primo segretario di Stato, ministro dell'occupazione e della produttività. E pazienza fin quando l'attacco viene, come scontato, da destra: l'amaro è quando una di sinistra, e della sinistra laburista, come lei, va alle riunioni dei sindacati per difendere la tesi del contenimento degli aumenti salariali, per sostenere che i prezzi non sono finora aumentati di molto, per annunciare il suo intervento all'inìzio e non alla fine delle vertenze. « Chiedilo alle massaie — le hanno gridato — se il costo della vita è salito o no », « non vogliamo interferenze di ministri nette cose nostre, occupati dei fatti tuoi ». Anche qui ai Comuni, i suoi colleghi laburisti danno oggi l'impressione di lasciarla sola: o tacciono o addirittura si levano a chiedere chiarimenti per non dire garanzie. Heath in testa, i conservatori non si sono forse mai scatenati tanto nella legislatura, flemmatici ed implacabili si succedono negli interventi (fortunatamente non di stile latino, sempre brevi e succosi), ma ogni volta, l'onorevole gentiluomo non ha ancora finito di parlare che già l'onorevole signora è in piedi a rispondere scuotendo fieramente i capelli di un biondo fulvo. Gli amici possono essere trepidi, gli avversari ironici, ma nessuno sì fa illusioni: a Barbara Castle, il destino (e Wilson) ha affidato il compito improbo di guidare il fronte interno nella dura battaglia per l'economia inglese, e « testa rossa » è ben decisa a caricare come ì seicento a Balaclava (ma, ovviamente, senza nessuna intenzione di farsi annientare sciabolando a destra ì prezzi e a sinistra i salari. Riuscirà, non riuscirà, certo lascerà il segno). Di patetico, la flguretta che vedo aggredita da tutti netta fossa dei leoni non ispira in realtà assolutamente nulla. Ha ancora il fascino che certo ha contribuito alla sua popolarità politica ed alla sua felicità privata (Castle è il nome del marito Ted, giornalista al Sun), e se ne sa servire. Se qualche volta in momenti difficili, ha accennato a ricorrere alle lacrime è riuscita ad impressionare solo gli estranei: i suoi amici sono sicuri che senza difficoltà alcuna « avrebbe potuto chiudere il rubinetto ». Sono stati sicuramente casi rari: « irosa, intransigente, polemica » sono invece i giudizi che più ricorrono nella biografìa di Barbara fin da quando si andava formando in casa alla scuola del socialismo estremista di suo padre, un piccolo impiegato, o a 17 anni quando teneva comizi al liceo di Bradford per la nazionalizzazione dell'industria. E' comprensibile che ad Oxford, dove ha seguito dei corsi d'economia, non si sia trovata bene (da ministro, ha dato alla grande università prove concrete della sua antipatia). Il suo mondo era quello laburista della Londra d'anteguerra dove poteva leggere Marx con Michael Foot 0 discutere con Krìshna Menon, e soprattutto vivere la vita del partito, dette sezioni più popolari, dei gruppi più a sinistra. Giornalista durante il conflitto, deputata nel '45, non ha mai ambito al ruolo di intellettuale, nulla le è mai stato più estraneo detta problematica di un Wilson o di un Crossland, ha sempre voluto essere una donna d'azione (anche se il « donna » nella sua vita pubblica le dà fastidio, detesta essere trattata come tale, rifiuta sistematicamente ogni invito a discutere temi femminili). Portata ad una sincerità (« volgarità », per gli avversari conservatori) che ha sempre suscitato l'entusiasmo dette masse laburiste, ma che ha messo spesso in imbarazzo anche i suoi capi, la giovane deputata non ha fatto presto carriera nel dopoguerra. La sua fortuna è dovuta soprattutto all'appoggio dato — allora, dicono, senza troppo entusiasmo — a Wilson contro un Gaitskell da lei accusato « di mettere troppa acqua nel vino socialista ». E Wilson, dopo il successo del '64, l'ha voluta al governo. \ Anche da ministro (dello sviluppo dei territori d'oltremare), non ha minimamente rinunciato al suo metodo, e non ha risparmiato 1 grattacapi al suo premier. Ha continuato a battersi per separare l'atteggiamento inglese da quello americano nel Vietnam, per reprimere con decisione la rivolta rhodesiana, per porre condizioni anche col Mercato Comune, per chiedere sempre maggiori fondi all'assistenza e minori alle forze armate, per ottenere leggi più tolleranti in materia sessuale, o più cospicui aiuti per i paesi sottosviluppati. Da amici e nemici, l'agitatrice era attesa alla prova ministeriale: amici e nemici sono d'accordo nel riconoscere, almeno, che il suo passaggio ai territori d'oltremare o, fino a ieri, ai Trasporti, non è stato senza traccia. A cominciare dalla quantità del lavoro, ha sempre battuto i colleghi maschi — tranne forse Wilson — sconvolgendo tutti gli orari, arrivando prima in ufficio, uscendone per ultima, portandosi ancora a casa certi dossiers, dimostrando sempre un'energia formidabile. Ma senza voler fare tutto lei: ha saputo galvanizzare i vecchi burocrati, è riuscita a fargli accettare la collaborazione di uomini nuovi, specialisti ed esperti, economisti e matematici. Nei due ministeri precedenti, il compito non era facile, ma quello che l'attende oggi è improbo. Accanto a Wilson, Jenkins ha chiaramente assunto la direzione strategica dell'economia inglese, Crossland la responsabilità del fronte esterno e Barbara Castle quella dell'interno. Con lei, il ministero del Lavoro è diventato « dell'occupazione e detta produttività ». Non si tratta soltanto di denominazioni: il nuovo ministro ha voluto subito indicare quali sono i suoi due principali problemi in un momento in cui la disoccupazione supera le 500 mila unità mentre la produttività non accenna ad aumentare come dovrebbe. Alla enunciazione dei propositi, il ministro ha fatto seguire il suo consueto sfoggio di attivismo frenetico. Correndo in ogni dove, in auto ed in aereo, in treno ed in elicottero, sta proclamando la guerra all'aumento ingiustificato dei prezzi, invitando e quasi supplicando i suoi amici delle Trade Unions a moderare le loro richieste salariali, ad evitare gli scioperi, ad aumentare la produttività. I primi echi sono negativi, gli industriali fanno dell'ironia sul suo dilettantismo, gli operai annunciano per metà mese una prima giornata di sciopero in molti settori fra i quali il metalmeccanico. E stranamente, per la mentalità continentale, datori e prestatori d'opera — indipendentemente dalla loro avversione o simpatia per il personaggio — sembrano d'accordo nel temere un eccessivo « interventismo » del ministro in quelli che considerano «affari loro». Timore giustiflcatìssimo, lo sta in questo momento dicendo lei, Z'honorable lady, agli honorable gentlemen della destra e della sinistra dei Comuni: « Il mio ministero ha intenzione d'intervenire tempestivamente, a tutti i livelli e settori industriali, dalle commissioni interne ai consigli di amministrazione: dobbiamo assistere ad un maggiore aumento detta produttività, e subito ». I deputati laburisti tacciono, incerti fra compiacimento e perplessità: i conservatori la chiamano Boadicea come la selvaggia regina antiromana. E' un insulto che deve piacerle più di un complimento, è una maniera di ammetterla fra ì grandi personaggi femminili della storia inglese. Dicono che mai nessuna donna, dopo la grande Elisabetta (un altra « testa rossa »), abbia avuto tanto potere in Gran Bretagna: ed una cosa è certa, che lo userà fino in fondo e con estrema decisione nella sua nuova battaglia per l'economia del suo paese. Si preannunciano mesi caldi con Barbara Castle nel ministero-chiave, con questa fragile signora in bianco, dallo sguardo dolce e duro, dai capelli di un biondo fulvo leonino. Giovanni Giovannìni Barbara Castle, ministro inglese dell'occupazione e della produttività, nel salotto della sua casa londinese. «Sono una donna d'azione»: così ama definirsi la signora Castle che a 17 anni già partecipava con animo battagliero ai primi comizi (Tel.)

Luoghi citati: Balaclava, Barbara, Bradford, Gran Bretagna, Londra, Oxford, Vietnam