Il tema principale di queste elezioni di Luigi Salvatorelli

Il tema principale di queste elezioni Il tema principale di queste elezioni Prima condizione, per l'orientamento dell'elettore, è la convinzione vissuta — « sofferta », come si dice nel gergo odierno — che lo Stato è un ente ineliminabile, che un governo è necessario, che una Costituzione deve essere rispettata (biasimo quindi a quanti, essendo contrari a qualche istituto della Costituzione, invece di proporne una revisione legale, cercano di impedirne l'attuazione). C'è oggi una tendenza — rappresentante la punta estrema di un movimento assai più vasto, che chiameremo anche noi studentesco, perché studenti sono i protagonisti e gli attivisti —: tendenza che rigetta tutte le istituzioni e condizioni politico-sociali esistenti (fa ripensare, a me vecchio, al movimento « Dada » del primo dopoguerra). Che, però, questa punta estremista non vada presa troppo sul serio, basterebbe a dimostrarlo il fatto che i caporioni estremisti, quando sono accusati di atti sovversivi, negano di averli compiuti; mentre, se credessero veramente alla loro negazione integrale, dovrebbero vantarsene. E sarebbe erroneo coinvolgere tutto il « movimento studentesco » nella condanna dell'estremismo. Esso invece ha avuto il merito di mettere in luce questioni da lungo tempo dibattute, riforme da lungo tempo invocate. Quando chi dovrebbe affrontare certe questioni fondamentali tarda a farlo — e ammettiamo pure che del ritardo ci siano talora motivi non facilmente eliminabili — non è poi male che qualcheduno richiami alla necessità urgente di provvedere, anche con modi un po' rudi e con richieste anche stravaganti. Si tenga presente che dal 1" agosto 1914 in poi, all'abbassamento — fino allo zero assoluto, talvolta — del senso critico, si è intrecciato un inselvatichimento del costume, di cui ormai ogni numero di quotidiano ci reca qualche prova. Si parla di una propaganda astensionistica, promossa naturalmente in prima linea da quegli estremisti, ma a cui più di un cittadino comune non nega l'orecchio. Al cittadino normale, brontolone ma sostanzialmente uomo d'ordine, basterà domandare quale vantaggio mai verrebbe alla cosa pubblica da un simile astensionismo, che lascerebbe intatto il gioco dei partiti. Unico risultato pratico sarebbe un accrescimento di discredito dello Stato, non accompagnato da nessun rimedio positivo. In quanto agli eventuali promovitori estremisti dell'astensionismo, riflettano che essi reclutano i loro seguaci, effettivi o presunti, soprattutto fra le classi più giovani, e quindi un successo della campagna si risolverebbe in un vantaggio conservatore. Anche fra quegli estremisti, del resto, c'è da fare una distinzione. V'è l'estremista convinto, idealistico, che io battezzerei neo-anarchico. Ma l'anarchismo di un tempo partiva da premesse umanistiche, ottimistiche per la natura umana. Di umanesimo, negli estremisti di oggi anche convinti, non scorgo tracce visibili; c'è piuttosto stizza, rabbia, mania di distruzione per gusto di distruzione: e anche una buona dose di «superuomismo». Ma vi sono anche, in Italia e fuori d'Italia (non dimentichiamo mai che si tratta di fenomeno internazionale), elementi torbidi; e si parla, non propriamente a vanvera, di collegamenti, parole d'ordine, organizzazioni clandestine. Stiano attenti i giovani: se in ciò vi fosse qualche consistenza reale, potremmo assistere a una rinascita di nazifascismo. * * Lasciando, detto ciò, le situazioni anomale e venendo al grosso del corpo elettorale, noi ci auguriamo che esso colga il tema obiettivamente fondamentale delle elezioni odierne. Uno per uno, gli elettori sinceramente pensosi della nazione ri¬ conoscono che c'è un problema fondamentale da affrontare, con idee chiare e proposito schietto e tenace: quello della riorganizzazione dello Stato. Inutile proporre e legiferare per riforme singole, anche di importanza primaria, se non si mette a punto lo strumento fondamentale per qualsiasi riforma, e più semplicemente per la stessa vita quotidiana della nazione: l'amministrazione statale. Non starò qui a impegnarmi in specificazioni programmatiche e in piani ordinati di azione, anche perché non me ne riconosco una competenza sufficiente. Ma è l'esigenza stessa generale e fondamentale che vorrei ficcare nel cervello, nella coscienza di tutti gli elettori e di tutti i candidati. Partiti e candidati (anche i voti preferenziali devono pur servire a qualcosa) dovrebbero esser giudicati da ogni cittadino elettore, tesserato o non tesserato (la tessera non è una catena), in base al posto dato da loro a questo problema fondamentale, in base alla attendibilità e concretezza delle idee sul da fare in proposito, a cominciare dal primo giorno. E s'intenda che quando parlo di ricostruzione dalle fondamenta della amministrazione statale, prendo il termine nel senso più ampio, comprendente il funzionamento del lavoro legislativo e parlamentare. L'efficienza del Parlamento e del Governo — il lavoro, cioè, tempestivamente e adeguatamente fatto — appare presentemente ridotta a un minimo, sebbene — si noti — non si possa affatto parlare di inerzia governativa e parlamentare. Si lavora; ma, evidentemente, si lavora male, inefficientemente. E' un problema di esistenza per la democrazia, la libertà, la dignità d'Italia. Basta, una buona volta, con i discorsi e i maneggi — che ricominciano già — sui Gabinetti « ponte », sulla dosatura dei partiti e sottopartiti, sulle formule politiche, sulla graduazione e competizione d'influenza di enti statali e parastatali, di partiti e di sindacati, su laicismo e governo « conciliare », su unione delle sinistre e sulla partitocrazia. Basta con i compromessi opportunistici e le impennate giacobine. Siamo — una buona volta — seri. Luigi Salvatorelli

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