Il voto di preferenza

Il voto di preferenza VIGILIA ELETTORALE Il voto di preferenza Mesi fa fui nella commissione esaminatrice del concorso che una grande azienda bandiva per assunzioni d'impiegati di carriera direttiva; ed uno dei temi era sulla propaganda dei prodotti, sulla reclame, come continua a dirsi. Lessi così un trecento e più temi che quasi senza eccezioni mostravano gli effetti della propaganda, utili per la diffusione di un prodotto, per stimolare ad un nuovo consumo; alcuni, anche quelli negativi, di schiacciamento della individualità dell'uomo medio, della pressione esercitata sulla sua scelta. Probabilmente perché « ba-. stian contrari » congenito, non restai persuaso. Il giorno che trovai una lametta da rasoio ed un «apone da barba soddisfacenti, nessuna reclame mi ha più indotto a mutare. E nutro grande stima per due ditte produttrici di amari la cui limitata propaganda è sempre la medesima, sicché vedo anche oggi i disegni, le scritte, i simboli impressi nei miei più remoti ricurdi d'infanzia. Sono considerazioni che rivolgo in me in questo periodo elettorale. I programmi, che sono veramente quelli che dovrebbero determinare gli elettori (e certo li preferirei più concreti, qualcosa come i discorsi elettorali di Spaventa o di Giolitti nel secolo scorso, che sospingevano gli ascoltatori a dire sì o no; le enunciazioni di propositi cui tutti non possono che consentire mi lasciano freddo; ma qualcosa ce; oltre ai punti ferini, il no dei liberali alle Regioni, il no della democrazia cristiana al divorzio, ci sono propositi e promesse che toccano i punti più sensibili, l'economia anzitutto, ma anche l'amministrazione della giustizia e la scuola). Poi quei manifesti che contengono solo un simbolo ed il « vota » per quel determinato partito; che sono un ricordo della propria presenza e presuppongono l'elettore già orientato. E mi chiedo, e con me si chiedono infiniti altri, se per questo ricordo e monito occorrerebbe spendere i molti miliardi che si spendono, e se non siamo ad uno dei casi in cui gli uomini imitano la prodigalità infinita della natura, che dissemina uova, spore, semi, di cui solo l'uno su mille darà origine ad una nuova vita; qui uno su mille si orienterà proprio perché gli si è impresso nella mente quel manifesto a colori, con quei simboli. Ma ci sono poi i volantini, il monito degli altoparlanti: « Dà il voto di preferenza a tizio » o più semplicemente al numero tale della tale lista. Meno male quando c'è il ritratto, il bell'uomo, e l'elencazione dei titoli e delle benemerenze di quello che dev'essere il prescelto; ma molto spesso l'indicazione è solo del numero di lista. E constato che talora questo martellamento per la preferenza è opera di chi non ha in partenza alcuna possibilità di vittoria, né penso si faccia illusioni; probabilmente la sua preoccupazione è soltanto di non restare ultimo o penultimo, di presentarsi nel partito come quegli che gli ha arrecato un contributo non indifferente di voti, e di trarre un certo aumento di stima nella cerchia dei conoscenti per il numero dei suffragi conseguiti. Estraneo alla vita interna dei partiti, ignoro se i candidati ricevano un aiuto economico anche per la propaganda del voto di preferenza: non sarebbe assurdo, in quanto c'è certamente un dato numero di agnostici (temo che tra i votanti gli agnostici non siano rari) che vota per il parente o per l'amico, qualunque sia la lista in cui il suo nome è iscritto. Ma non deve mancare chi la propaganda la fa a proprie spese, come appare dalla diversità: assenza completa in alcuni di ogni iniziativa personale, intensissimo martellamento per il voto a proprio favore di altri (telefonate, cir¬ colari agli esercenti la medesima attività, con solenne promessa che in Parlamento verranno tutelati gl'interessi della categoria, ripescamento di amici e conoscenti dimenticati da anni). Teoricamente le giustificazioni al voto di preferenza non mancano: in ogni partito ci sono sempre due ali, non di rado in tensione appena larvata tra loro; a volte rappresentano due facce ben diverse dello stesso partito. Giusto accordare all'elettore la possibilità d'indicare la tendenza che preferisca. Ed inoltre c'è una qualche soddisfazione data ai fautori del collegio uninominale, la possibilità di designare l'uomo che si conosce, il galantuomo che si stima (nella legge che reggeva le prime elezioni sulla base della proporzionale, quelle del '19, si andava oltre, si poteva votare per un partito e dare la preferenza all'appartenente ad uri altro partito: omaggio anche più intenso alla scelta dell'uomo). In fatto, c'è' una concessione agli agnostici, a quelli che hanno sempre guardato soltanto all'uomo, il protettore od il « paesano », indifferenti al suo orientamento politico, disposti a seguirlo senza batter ciglio se pure egli cambi di partito. Per questo preferirei la forma più scortese del sostituire al voto di preferenza la facoltà per l'elettore di cancellare alcuni nomi dalla lista: che darebbe una non equivoca indicazione dell'ala o della tendenza del partito che raccoglie più suffragi e costituirebbe una conferma od una sconfessione di quei risultati dei congressi dei partiti, contro cui sento innalzare tante accuse, che non so quanto fondate, di essere effetto di sapienti manipolazioni, d'iscrizioni alle sezioni dell'ultimo momento. E l'esercizio di quella facoltà potrebbe anche, ma forse m'illudo, rappresentare la reazione della coscienza degli elettori contro certe coperture o manifestazioni di solidarietà, che gli avversari chiamano omertà, dei colleghi di partito verso il collega che sul piano morale sarebbe passibile di censure. Comunque il sistema è quello che è; e per vari giorni ancora saremo martellati dal monito: « Date la preferenza al numero tale ». A. C. J e molo

Persone citate: Giolitti, Mesi, Spaventa