la delegazione degli S. U. guidata da Harriman di Nicola Caracciolo

la delegazione degli S. U. guidata da Harriman la delegazione degli S. U. guidata da Harriman (Dal nostro corrispondente) Washington, 3 maggio. Il presidente Johnson ha annunciato oggi in una conferenza stampa che gli Stati Uniti e il Nord Vietnam si sono finalmente accordati per iniziare a Parigi gli incontri preliminari ai negoziati di pa ce veri e propri. « Sono sta to informato verso l'una di questa mattina — ha detto Johnson — che Hanoi prò poneva Parigi per i negoziati e la data del 10 maggio o un giorno immediatamente successivo per l'inizio delle trattative. Come sapete abbiamo cercato per queste conversazioni una località in cui am bedue le parti potessero es sere certe di un'accoglienza equa e imparziale. La Fran eia dà a tutti i paesi tale cer tezza ». A questo punto si apre una serie d'interrogativi ai quali per il momento è impossibile rispondere. Come mai, sebbene fin dal 18 aprile la Francia avesse messo Parigi a di sposizione per i negoziati, le due parti hanno raggiunto, su una questione che sembrerebbe dopo tutto d'importanza minore, l'intesa solo oggi? Che cosa, è successo negli ultimi giorni che ha sbloccato la situazione? Per avere un'indicazione, se non una risposta, occorre rifarsi al viaggio a Roma ai primi di febbraio di due inviati del Nord Vietnam che chiesero al governo italiano di far sapere agli americani questo fatto: Hanoi era disposta a discutere un mano in dieci punti preparato l'anno prima a Saigon in una serie di colloqui promossi dall'ambasciatore italiano D'Orlandi e ai quali presero parte l'ambasciatore americano Cabot Lodge e l'ambasciatore polacco presso la Commissione internazionale di controllo Lewandovski. Le trattative allora andarono a monte. I dieci punti rappresentano un sistema per portare la discussione oltre l'ostacolo su cui si era arenata da anni (la questione dell' interruzione dei bombardamenti contro il Nord Vietnam e delle infiltrazioni dal Nord al Sud Vietnam) e per affrontare la sostanza delle cose: quale deve essere, a ostilità terminate, l'assetto ' politico definitivo del Sud Vietnam. Ci sono infinite possibilità a questo proposito. Si parla molto in questi giorni a Washington di ungoverno di coalizióne. GStT^bm^taTTtàma, si dice a Washington, pa- re che abbiano avuto un'importanza determinante. Hanno rappresentato per gli americani la prova che dopo la offensiva dei nord vietnamiti contro le grandi città, Hanoi era disposta a trattare seriamente, a discutere cioè su come dividere il potere nel Sud Vietnam. Il che, detto per inciso, è l'unica forma di negoziato possibile in una situazione senza né vinti né vincitori. Partendo dà queste basi, te cose sono andate avanti successivamente per una infinità di canali diversi: Nazioni Unite, svedesi, forse di nuovo gli italiani, canadesi, polacchi, romeni e così via. Un ruolo fondamentale in tutto questo ha avuto l'Unione Sovietica che — gli americani iS^^jj^^^vtmatojcQn^ vinti —"sta àVendo una funzione molto più importante che quella di puro tramite tra Hanoi e Washington. Uno degli ostacoli al negoziato è la diffidenza tra le parti. L'Urss, a quanto è dato di sapere, sta garantendo alle due parti la buona fede recìproca. Mosca ha consigliato Hanoi giorni fa ad accettare il negoziato con gli americani. Fin dall'inìzio della guerra gli americani erano convinti che per giungere a un accor do nell'Asia sud-orientale fosse necessaria l'Unione Sovietica. Il che potrebbe avere conseguenze vastissime. Al Dipartimento di Stato si ritiene che la pace in Vietnam potrebbe rendere possibile quella che Johnson nel 1966 definì il tentativo di costruire « ponti verso l'Est ». Tutta una serie di trattati sul disarmo, sulla collaborazione economica, su intese culturali e scientifiche potrebbero tornare attuali. C'è un altro elemento da tenere presente, la Cina. Una delegazione cinese è stata ad Hanoi recentemente. Pubblicamente Pechino sconsiglia ai nordvietnamiti la pace. Una delle mosse del gioco diplomatico americano in questo momento ha appunto per obbiettivo la Cina comunista. Il Dipartimento di Stato avrebbe fatto sapere a Pechino che la pace in Vietnam non deve per nessun motivo essere interpretata come una minaccia. C'è stata in proposito negli ultimi giorni una batteria di dichiarazioni pubbliche: il vice presidente Humphrey ha parlato della necessità dì una riconciliazione con la Cina, l'ex addetto stampa di Johnson, Bill Moyers, ha fatto una proposta analoga, giornalisti cinesi sono stati invitati a venire negli Stati Uniti per seguire, con piena libertà di movimento, le elezioni. La delegazione americana, che sarà guidata da Harriman e da Cyrus Vance, è pronta a partire per Parigi. Di essa dovrebbero fare parte anche delle personalità militari per discutere il problema della de-escalation. Le ^eazioni--del.jmondo. politico americano sono unanimemente favorevoli. Il Segretario generale delle Nazioni Unite, Thant, ha resa pubblica una dichiarazione in cui si congratula con le parti per il raggiunto accordo. Nicola Caracciolo