«Non voglio più avvocati» grida un imputato del delitto di Arona

«Non voglio più avvocati» grida un imputato del delitto di Arona DRAMMATICA UDIÈNZA All'ASSISE DI NOVARA «Non voglio più avvocati» grida un imputato del delitto di Arona E' Giuseppe Di Costa, trentunenne - Dice: « In Calabria mi hanno già condannato a 30 anni per un altro crimine. Di Arona non so nulla, fate voi: non aprirò più bocca » - Gli avvocati di parte civile hanno sostenuto la piena colpevolezza degli accusati - Domani la requisitoria del P. M. (Dal nostro corrispondente) Novara, 30 aprile. Al processo per il delitto di Arona — che si celebra in Corte d'Assise a Novara — oggi hanno pronunciato le loro arringhe i patroni di parte civile, gli avvocati Torelli e Pistocchini, che difendono gli interessi della vedova e dei figli di Giuseppe Porta, di 57 anni, il proprietario del bar « Trento e Trieste » di Arona, ucciso a revolverate nel suo" locale la notte sul 6 ottobre 1966. Del delitto sono accusati i calabresi Fortunato Cirianni e Giuseppe Di Costa, entrambi trentunenne i quali debbono anche rispondere della rapina compiuta quella stessa notte al « Crai S. Giuseppe » di Busto Arsizio. L'avv. sen. Torelli ha dapprima inquadrato la figura degli imputati. « Il Cirianni — ha detto — porta in agosto la famiglia in Calabria e torna a fine settembre nel Novarese, libero e con piani ben precisi. Con lui c'è Di Costa. Sono armati — per loro ammissione — fino ai denti. Tentano la carriera dei " prolettori " ma la piazza è satura e i loro stessi amici li. respingono. Non hanno più una lira e allora pensano alla rapina, la più facile, la prima che capita ». Dopo avere ricordato l'aggressione al Crai di Busto Arsizio, il patrono di parte civile ha proseguito: « Che sia stato il Cirianni non vi sono dubbi: Giuseppe Brattale, la vittima, è venuto Qui a dire: " Lo riconosco, è lui, non ho dubbi, sono siewis- SÌ71ÌO " ». L'avv. Torelli ha quindi ricordato come l'auto del Cirianni sia stata vista tra l'una e 11.30 ad Arona e all'I,45 a Stresa quando il pilota venne multato per eccesso di velocità. « Tuttavia non è ancora una prova — ha proseguito l'avvocato —; le prove sono l'identica modalità nel consumare le due rapine e la perizia balistica: chi ha sparato a Busto ha sparato ad.Arona, non ci sono dubbi. Per questo io accuso Fortunato Cirianni di essere l'assassino di Giuseppe Porta ». Gli stessi concetti sono stati ribaditi, con una visione relativa alla cronologia dei fatti e alla loro modalità, dall'altro patrono di parte civile avv. Pistocchini, il quale ha concluso con la richiesta di affermazione di responsabilità di Cirianni e Di Costa e la condanna alle pene di legge. Prima che venisse dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale, il presidente dottor Campana aveva chiamato all'emiciclo uno dopo l'altro il Cirianni e il Di Costa, muovendo agli accusati una serie di contestazioni sugli elementi emersi nel processo. Il Cirianni è caduto in contraddizioni sia sul possesso eli una pistola calibro 7,65 sia su altri elementi di rilievo. Il Di Costa, anziché rispondere alle domande, ha detto: ((Sono già stato condannato a 30 anni in Calabria per un delitto che non ho commesso. Di questa faccenda non so niente: fate voi. non voglio più avvocati né rispondere alle vostre domande: tanto più che mi è stato detto che non si riesce a tirarmi fuori ». II presidente ha insistito nel rivolgergli alcune domande: « E' nel suo interesse rispondere ». L'imputato ha continuato a dire: « Rifiuto di rispondere ». oppure: « Non lo so », o « Non ricordo » anche ai quesiti più semplici. Fra gli ultimi testi interrogati stamane v'è stato il fratello dell'imputato, Francesco Cirianni, di 38 anni. Poiché il Di Costa lo accusa di essere stato con Fortunato la notte del delitto ad Arona, il teste ha detto: « La sera del 5 ottobre 1966 giunsi a Novara da Busto alle 22 circa e trascorsi la notte in casa della mia amante. Maria Tadini ». Presidente: « Ma anche sua moglie dice che ha dormito quella notte presso di lei ». Teste: « L'avrà fatto nell'intento di difendermi ». Il presidente ha quindi dato lettura delle conclusioni peritali: quella necroscopica dice che il Porta venne ucciso con due colpi di pistola calibro 7,65 che lo raggiunsero all'emitorace destro e sinistro; quella balistica precisa che i bossoli rinvenuti nel bar « Trento e Trieste » di Arona e quelli trovati davanti al Crai di Busto sono stati esplosi dalla stessa arma, una Beretta calibro 7,65 modello 34. Giovedì pronun cera la requisitoria il P- M. dott. Alessio. b I | I : Giuseppe Di Costa al banco degli imputati a Novara