Scuola e giustizia per uno Stato moderno di Vittorio Gorresio

Scuola e giustizia per uno Stato moderno promesse ehe vorremmo realizzate Scuola e giustizia per uno Stato moderno Come in tutte le campagne elettorali, anche in quella che è in corso partiti e candidati largheggiano in promesse nei confronti di ogni gruppo sociale e di ogni tipo di interessi. Esse sono specifiche, talvolta, ma più spesso generiche, come il richiamo di un certo candidato che fa circolare per le strade di Roma, In tutte le ore del giorno, un camioncino che dal suo altoparlante diffonde: « Vuoi avere un amico in Parlamento? Dà il voto a X Y, numero tale, della lista Zeta». Non è un esempio da raccomandare, perché il problema non è di avere uno o più amici in Parlamento, che si prendano cura di interessi privati e personali. Non c'è nemmeno da credere ai miraggi, che altri fanno balenare, di un risanamento di tutti i malanni nazionali, e quindi sbagliano i partiti e i candidati che tentano di creare aspettative cosi improbabili. Si impone una scelta delle cose da perseguire per prime, non tanto in vista degli interessi da soddisfare subito tenendo conto della capacità di pressione di singoli o di gruppi, quanto in considerazione del valore di base che queste prime « cose » rappresentano per tutto il resto. Si deve cominciare la riforma delle strutture dello Stato italiano, per adeguarle alle esigenze di una società che ha camminato in questi anni a un passo più veloce. Fra gli strumenti di cuilòStato moderno — e qui diciamo il: nòstro in particolare — deve fornirsi per non soccombere stremato, sono da porre in primo luogo la scuola e la giustizia. Sono i due veri fondamenti dell'ordine civile e lo sforzo per farli solidi ed efficienti deve precedere ogni altro. Oltre che basi insostituibili, sono anche macchine il cui rendimento, in terrnini di produttività, è direttamente ed esattamente proporzionale al grado di civiltà e di benessere di un Paese. Per la scuola sappiamo che fino ad oggi è stato fatto poco, come dimostrano le stesse agitazioni studentesche. Quali che ne siano gli eccessi e le storture, checché si possa dire della strumentalizzazione che ne viene tentata, l'insufficienza del nostro apparato scolastico è innegabile e ovviamente avvertita dai giovani per pri-' mi, i più colpiti e interessati. La scuola è un punto di partenza insostituibile e nei: Paesi più avanzati e progrediti, o più previdenti e più coscienti, è acquisito e ac-i certato che fra turate le, spese pubbliche sono quelle per la scuola che alla lunga! danno il reddito più alto.! Con un rimpianto senz^ confini si può cercare di immaginare quali diverse condizioni di vita, quali migliori armi competitive sarebbero state fornite alle nostre giovani generazioni se una vera politica per la scuola fosse stata intrapresa con serietà e competenza vent'anni fa, ad esempio, cioè se i tanti « piani per la scuola » che si sono succeduti fossero stati ispirati ad autentici criteri di riforma. Già ne staremmo cogliendo i frutti, alla vigilia di questa quinta legislatura, destinata invece ad inaugurarsi fra le amarezze di un'annata accademica drammaticamente delusiva. Se il rimpianto non serve, almeno valga l'esperienza per i futuri legislatori, che dovranno fare conti simili anche per quanto riguarda la giustizia, altra amministrazione da considerare fra le grandi ammalate dello Stato italiano. E' diventata scarsa la fiducia del cittadino nella legge e sembra d'altra parte che la legge non faccia molto per capire le esigenze del cittadino. Lenta e impacciata, fino all'assurdo, quella penale; isterilita praticamente la gestione della civile, che a grado a grado sempre più frequentemente viene sostituite dagli arbitrati in privata sede. Una frattura si è aperta fra il cittadino e la legge a causa della lunghezza delle istruttorie, degli innumerevoli rinvìi, delle incomprensibili procedure, degli incidenti formali e delle arringhe-fiume del costume avvocatesco italiano. Negli ultimi diciotto anni, la durata media dei processi è aumentata del cinquanta per cento: quattro anni nel 1950, sei anni e due mesi nel 1967; e si può calcolare che salirà a dieci anni nel prossimo ìdecennio, se la nuova legislatura non sarà capace di riformare l'amministrazione della, giustizia. Non è tollerabile — oltre che non conveniente — che la legge e la scuola siano più a lungo lasciate nell'attuale penosa condizione. Vittorio Gorresio

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