II PM chiede 31 anni per II «gorilla» accusato del delitto dell'autostrada

II PM chiede 31 anni per II «gorilla» accusato del delitto dell'autostrada Conclusa la requisitoria alle Assise di Novara II PM chiede 31 anni per II «gorilla» accusato del delitto dell'autostrada Concesse le attenuanti ed esclusa la premeditazione - La pena è così divisa: 23 anni (il crimine), cinque anni (la calunnia), tre anni (la rapina) - Il Pubblico Ministero ha insistito sulla propria tesi: «Il mandante è il torinese Giovanni Rubino» - L'arringa del difensore: «In tutta la\causa non v'è l'ombra di una prova» - Oggi eventuali repliche; poi la Corte si ritirerà per la sentenza (Dal nostro corrispondente) Novara, 18 aprile. Trentun anni e otto mesi di reclusione: questa la condanna richiesta dal P.M. dottor Alessio — oggi in Assise a Novara — per il trentenne Antonio Zavatta, nativo di Foggia, detto «Tony il gorilla », imputato di aver ucciso il 19 giugno 1965 con un colpo di pistola alla nuca, sull'autostrada-■Torino-Milano, il rappresentante Luciano Anerdi di 27 anni. Il Pubblico Ministero, tra ieri ed oggi, ha parlato complessivamente per oltre cinque ore. Egli ha detto che lo Zavatta deve essere ritenuto colpevole dì omicidio volontario, esclusa la premeditazione, e — con la concessione delle attenuanti generiche — punito con ventitré anni di carcere 1 (delìtto)i tre anni il p.m. Alessio, a destra, a colloquio con un difensore dopo la requisitoria contro Antonio Zavatta a Novara (rapina) e cinque anni e otto mesi (calunnia continuata). «Tony il gorilla» ha ascoltato le conclusioni del dottor Alessio senza battere ciglio. Ieri il P.M., nella prima parte della requisitoria, aveva trattato della confessione e dei riscontri obiettivi; stamane ha proseguito e concluso parlando delle prove intttziapif)^~ - '-••••i.. - ..~ A proposito dei pantaloni dello Zavatta, macchiati di sangue e rinvenuti a Torino in casa dei coniugi Buscemi, il dott. Alessio ha detto: « Per giustificare quelle macchie, sia da parte dell'imputato sia da parte della signora Buscemi-Pistolesi (la teste condannata per falsa testimonianza) sono state fornite tre versioni diverse, in contrasto e addirittura incoerenti. Incoerenti perché non si trattava di sangue dello Zavatta ma — come dice la perizia — di persona appartenente ad altro gruppo sanguigno: guarda caso, proprio quello della vittima ». Riguardo l'arma del delitto il P.M. ha sostenuto che non v'è dubbio che si tratta della pistola fornita dal torinese trentaquattrenne Giovanni Rubino: « Fin dal primo momento in cui viene interrogato dai carabinieri, lo Zavatta tende a nascondere i suoi rapporti con il Rubino e dice un sacco di bugie perché teme che, mettendo in relazione lui e Rubino, significhi scoprirsi. Ma alla fine, quando ha confessato e deve dire dov'è finita la pistola, ammette che la restituì al Rubino che gli aveva armato la mano ». Riepilogati gli elementi di accusa il dott. Alessio così ha concluso: « Non solo Zavatta si è reso responsabile di omicidio per rapina, ma anche di calunnia: nei confronti di Falduto e Giacomello che sapeva innocenti e nei confronti dei carabinieri che accusa di averlo costretto a confessare con le sevizie ». Assente uno dei difensori (si tratta dell'avv. Ernesto Trivoli al quale è morto improvvisamente il bimbo di tre mesi) ha preso la parola l'altro patrono, l'avv. Toppetti: « Avete davanti un uomo che viene giudicato non in base a prove o indizi ma per arbitrari convincimenti, per superficialità e mostruosi errori iniziali ». Dopo aver sottolineato come gli investigatori siano uomini non certamente infallibili, il difensore ha detto: « Essi sono partiti con la convinzione che "Tony il gorilla " era l'assassino e si sono intestarditi su di lui. I carabinieri avevano ricevuto una confidenza, peraltro fasulla, e, lavorando di fantasia, hanno trovato un assurdo contatto fra l'Anerdi e il mondo dei contrabbandieri e dei biscazzieri, mettendolo poi in relazione con lo Zavatta ». Le confessioni dell'imputato — secondo il legale — furono estorte con le percosse. « Non furono riscontrate tracce di violenza sull'imputato? Sfido: è stato visitato dopo ventiquattro giorni! Del resto nessuna delle confessioni appare spontanea. Data la prima versione e constatatane l'assurdi1'-., lo Zavatta è costretto a fornirne un'altra e anche questa si rivela inconsistente. Allora nasce una terza versione, quella del "delitto su'-commissione". La verità è che Zavatta non sa più cosa dire sotto la

Luoghi citati: Milano, Novara, Torino