Petretto liberato in Sardegna dice «C'è stato un accordo con i banditi» di Giuseppe Fiori

Petretto liberato in Sardegna dice «C'è stato un accordo con i banditi»Rilasciato ieri notte nelle campagne fra Nuoro e Sassari Petretto liberato in Sardegna dice «C'è stato un accordo con i banditi» Il meccanico trentaseienne, figlio del commissionario Fiat di Ozieri, è stato prigioniero trentadue giorni - Con la preoccupazione di non dire male dei rapitori, racconta: « I miei fratelli non dovevano sfidare quegli uomini: volevano uccidermi » - Poi dichiara che lo trattavano bene e gli davano cibo eccellente: « L'appello di mia moglie li turbò » - Non si sa quanto la famiglia ha pagato: le richieste oscillavano fra i 10 e i 100 milioni - Ora un solo ostaggio è ancora in mano dei malviventi, il possidente Pittorru sequestrato un mese fa (Dal nostro inviato speciale) Ozieri, 18 aprile. Anche Nino Petretto, il meccanico trentaseienne figlio del commissionario Fiat di Ozieri, è tornato a casa, quarto reduce da un covo di banditi nel giro di otto giorni. I rapitori lo. hanno liberato alle 2.30 di stamane in un punto fra Bitti ed Osidda, al confine fra le province di Nuoro e di Sassari, a breve distanza dal luogo dove mercoledì 10 aprile venne rilasciato il suo compagno di prigionia Giovanni Campus. Ora solo ostaggio dei banditi è il possidente di Calangianus Paolino Pittorru. scomparso un mese fa. In 32 giorni di prigionia, il giovane meccanico di Ozieri ha sofferto una delle più drammatiche avventure che mai sia capitato di vivere ad una vittima di sequestro. La sud vicenda si distingue dalle storie di altri rapiti per il gesto della famiglia che si rivoltò coraggiosamente ai fuorilegge lanciando una sfida pubblica: «Le nostre possibilità economiche non ci consentono di soddisfare in alcuna misura i vostri appetiti di denaro. Siamo lavoratori modesti ma coraggiosi: chiediamo alla poca umanità che ancora resta in voi l'immediata liberazione del nostro congiunto. Vi avvertiamo che, ove non sia accolto questo nostro appello, dedicheremo tutte le nostre energie e le nostre possibilità alla vostra scoperta e punizione ». Gli ozieresi solidarizzarono con i Petretto e formarono compagnie di volontari civili. Chiediamo adesso al più diretto interessato come reagì quando gli fu nota la decisione dei suoi. E' stralunato, ha gli occhi gonfi e ci guarda attraverso le palpebre abbassate. Con voce esitante dice: « Quegli uomini — sta sempre attento a non chiamarli " banditi " — erano adirati. Volevano uccidermi. E' stata una cosa che non si doveva fare ». Una riserva sfumata perché da parole più nette non nascano incomprensioni all'interno della famiglia. «E la formazione delle compagnie di volontari civili? ». Petretto scuote il capo: «Meglio che non fosse accaduto. Sono cose i brutte; rischiose ». Il discorso, svia sulle lunghe camminate notturne (anche di 15 ore), sul cibo eccellente-(porchetta; agnello e-prosciuttof^e sulle buone manière' 'dir-mislòdWE') nota la propensione' dèi reduci dalla prigionia a rappresentare i banditi come uomini di grande mitezza, procacciatori di pranzi squisiti, pieni di premure, quasi fraterni. I radioascoltatori e telespettatori avranno sentito la poco attendibile versione fornita da Nino Petretto. Montando in stretta successione alcune frasi testuali, ne viene un discorso così: « Non erano cattivi, non si deve credere che fossero crudeli. Mi trattavano bene. Anzi s'adiravano se non mangiavo perché il loro desiderio era che stessi bene e rimanessi tranquillo. Mi volevano ammazzare e Nino Petretto, con la moglie ed i genitori, poco dopo il ritorno nella sua abitazione ad Ozieri (Telefoto A. P.) tenevano il mitra puntato ». La scossa è sempre forte: chi ha ottenuto la liberazione bada bene a non inasprire i fuorilegge ed il racconto ài giornalisti risulta perciò alterato da attenuazioni, reticenze e grotteschi attestati di gratitudine ai rapitori. Forse più credibili sono quelle parti dove le parole non j aiutano ad identifi4)dré "i: S&nditi (e il" loro covo) è non rischiano di indispettirli. Sentiamo dunque la testimonianza del giovane meccanico sull'appello della moglie Lucìa ai fuorilegge, diffuso dalla radio venerdì scorso: « Vengono le 14 e come sempre accendono la radio per ascoltare il Gazzettino Sardo. Regolarmente lo facevano sentire anche a me. Io, quel giorno, tremavo. C'era silenzio. Gli uomini non hanno, detto una parola. Ascoltavano turbati e dopo che è finito l'appello uno mi ha posato una mano sulla spalla e fa: "Ma noi non vogliamo ammazzare nessuno ". Ho capito che l'appello di Lucia li aveva scossi». Ieri, prima di liberarlo, gli hanno detto: «Ti lasciamo per tua moglie - e per i tuoi bambini. Non per i tuoi fratelli che s'erano, messi in testa di sfidarci ». I Petretto hanno pagato? Al capo famiglia, comm. Giovanni Antonio, erano giunte tre lettere: la prima con una richiesta di 10 milioni, la seconda di 50, la terza di 100. Ad ogni nuova dichiarazione di sfida i banditi rispondevano elevando il prezzo. Poi, quando fu liberato, Giovanni Campus portò alla famiglia Petretto questo messaggio di Nino: « Se non pagate mi ammazzano ». II versamento c'è stato? In proposito il commissionario Fiat ed i suoi figli sono evasivi. Per tutti parla Alberto. « Quale è stata l'entità del riscatto? » domandiamo. Si limita a rispondere: « Abbiamo raggiunto un accordo. Ci sono stati contatti ». « In famiglia eravate tutti concordi prima e poi sul da farsi? ». Aggira la domanda; dice: « Nessun contrasto nell'attuare le iniziative che dovevano servire a portare Nino a casa». Alberto è ricomparso davanti ai giornalisti nel pomeriggio. «Mio fratello è stanco, non può ricevervi » ha detto, annunciando subito che avrebbe letto un « comunicato » di Nino. Ed ecco alcuni passi: « Circa il vitto, è stato sempre ottimo », « rilevante e simpatico il fatto di aver perso qualche chilo di peso che mi trovavo in più », « per quanto concerne il modo del rilascio, credo che sia avvenuto per molteplici ragioni. Chi mi teneva in ostaggio ha capito che non potevamo pagare ed avrà pensato che non si poteva eliminare un padre, un marito, un uomo soltanto perché non aveva mezzi. Penso che li abbia colpiti l'appello radiofonico di mia moglie, suscitando un lampo di umanità. Inoltre penso che tra i miei familiari e i miei custodi si sia giunti ad un qualche Accordo ». E' certamente difficile credere che davvero Nino, per conto del quale Alberto leggeva, abbia trovato « rilevante e simpatico » il dimagramento derivato da cattiva nutrizione, da costanti marce notturne e dall'angoscia, quando ogni momento poteva essere l'ultimo. La mostruosità dell'avventura patita emerge anche da ciò. Si torna schiacciati, ancora in stato di soggezione psicologica ai fuorilegge, il cui fantasma suscita incubi. Perciò tutto un atteggiamento che, se sconcerta, anche stringe il cuore. Rivolto al figlio Marcellino durante la ripresa televisiva. Nino diceva: « Ed ora, su, manda un saluto ai rapitori ». E il bimbo muovendo la manina: « Auguri, arrivederci... ». Giuseppe Fiori

Persone citate: Giovanni Antonio, Giovanni Campus, Nino Petretto, Paolino Pittorru, Pittorru