Il vescovo cattolico di Praga dichiara: « Non siamo più la Chiesa del silenzio »

Il vescovo cattolico di Praga dichiara: « Non siamo più la Chiesa del silenzio » II «nuovo corso» cecosiovaeeo ripristina la libertà religi *»s** Il vescovo cattolico di Praga dichiara: « Non siamo più la Chiesa del silenzio » Particolari sull'uccisione di Masaryk - Il giornale del partito comunista scrive: «E' molto interessante sapere se i gorilla di Beria hanno avuto che fare col delitto. Pensiamo che i nostri amici sovietici ci aiuteranno a scoprire la verità » Praga, 16 aprile. Il vescovo Frantisele Tornasele, capo « ad interim » della Chiesa cattolica cecoslovacca, ha dichiarato oggi che il nuovo regime comunista si sta adoperando per tenere fede alla sua promessa di ristabilire la libertà religiosa. « Non siamo più la Chiesa del silenzio » ha detto il vescovo ai giornalisti. Il prelato sta preparando un rapporto sulle relazioni fra la Chiesa e lo Stato che presenterà nel corso della settimana a Papa Paolo VI. L'amministratore apostolico dell'Arcidiocesi di Praga ha sottolineato che il governo ha già abolito le restrizioni sull'ammissione degli studenti at seminari cattolici e si prevede che presto permetterà a tre vescovi che da 18 anni si trovano in esilio di tornare alle loro sedi. Monsignor Tornasele ha reso noto che l'azione per ri■iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiitiiiiiiiiiiiiiiiiiiiit dare piena attività al clero si svolge a due livelli: colloqui tra il governo ed il Vaticano che sono tuttora nella fase preliminare a negoziati tra dirìgenti ecclesiastici locali e l'ufficio degli affari ecclesiastici dello Stato. Tornasele ha detto che venerdì prossimo partirà in aereo per Roma, dove sarà ricevuto in udienza speciale dal Papa. Successivamente un rappresentante vaticano dovrebbe venire a Praga per conferire con le autorità cecoslovacche. Tra i problemi in discussione vi sono le dodici sedi vescovili vacanti del Paese e il ritorno in patria dell'arcivescovo di Praga, cardinale Josef Beran, a Roma dal 1964. Non si sa se il ritorno sarà definitivo o solo temporaneo. Il vescovo Tornasele ha parlato anche del problema dell'educazione religiosa nelle scuole (che oggi a Praga vie¬ ne impartita solo a 500 scolari su 50.000 di religione cattolica), e della riabilitazione dei circa 1500 preti che attualmente lavorano nelle officine. Nuovi elementi sono giunti intanto a confermare l'ipotesi che Jan Masaryk sia stato ucciso da agenti sovietici per ordine di Stalin dopo che si era rifiutato di lasciare il ministero degli Esteri, nel primo governo comunista. Il Procuratore generale Kotlar — secondo fonti attendibili — è venuto in possesso di prove sostanziali secondo cui l'assassino di Masaryk fu il maggiore Franz Schramme, un tedesco dei monti Sudeti addestrato a Mosca, capo di una cellula della polizìa segreta sovietica Nkvd operante a Praga. Schramme fu ucciso con due colpi di pistola sull'uscio di casa il 27 maggio del 1948. Quali colpevoli della sua mor- te furono impiccati due giovani anticomunisti. Rude Pravo, organo del partito comunista cecoslovacco, scrive oggi che è di « supremo interesse sapere se i gorilla di Beria hanno avuto che fare con l'assassinio di Jan Masaryk ». Considerato il fatto che tanti testimoni-chiave sono scomparsi, « nessun aspetto del caso deve essere passato sotto silenzio » dice l'articolo di Rude Pravo: « E' necessario fare luce sul caso e noi crediamo che i nostri amici sovietici ci daranno tutto il possibile aiuto legale». « Nei nostri ricordi e nel nostro cuore — prosegue lo scritto — Jan Masaryk rimane un grande personaggio nazionale. Un uomo d'onore che voleva andare con noi su una strada che avrebbe potuto essere più pulita e più sincera se egli fosse rimasto con noi». Il giornale sottolinea che « la banda di Beria » fra il 1949 e il 1952 non fu implicata soltanto nei processi del terrore in Cecoslovacchia, « ma commise anche mali irreparabili per lo stesso popolo sovietico ». Si prevede che l'articolo solleverà sopiti sentimenti antisovietìci proprio nel momento in cui da Mosca si guarda con sospetto al nuovo corso della Cecoslovacchia. Il Prace, organo dei sindacati cecoslovacchi, rispondendo al discorso di chiusura di Breznev al Plenum del Comitato centrale (che conteneva una velata critica a Praga), ribadisce con fermezza il principio della non interferenza nelle questioni interne degli altri Paesi. « E' nota — scrive il giornale — l'apprensione con cui i dirigenti di altri Paesi socialisti seguono il processo cecoslovacco. Una apprensione che sono anche autorizzati a rendere pubblica, senza tenere in considerazione se ciò piaccia o no al governo cecoslovacco ». « Se vogliamo essere socialisti democratici — prosegue il giornale — bisogna tollerare opinioni differenti sul nostro Paese, nel rispetto però del principio che lo sviluppo di ogni Paese è solo una questione interna in cui non si può interferire ». Ha latto quindi bene, secondo il Prace, la stampa sovietica a non pubblicare i passi del discorso di Breznev relativi alla Cecoslovacchia: « Ciò deve essere considerato come un'attenta osservanza del principio della non interferenza e del non turbamento delle relazioni reciproche ». (A. P.)