Troppe gite senza ritorno di Giovanni Trovati

Troppe gite senza ritorno 57 morti e 1382 feriti sulle strade a Pasqua Troppe gite senza ritorno Cinquantasette morti sulle strade nelle festività di Pasqua, intere famiglie distrutte. I feriti 1382: quanti porteranno le conseguenze per mesi, anni, forse per tutta la vita? Studi interrotti, carriere rovinate. A scorrere sul giornale l'elenco delle tragedie ci coglie un senso di sgomento. Le strade diventano un campo di battaglia, la sciagura è in agguato sul rettilineo, dietro la curva. La prudenza personale non è più garanzia di sicurezza per la propria incolumità, perché chi viene dalla parte opposta con la sua imprudenza ci può travolgere nell'incidente. Sulla strada ognuno è in balia degli altri. Le festività pasquali sono state la prima uscita in massa dell'anno. Adesso i giorni che si allungano, il clima che si fa più dolce - invitano alle gite. Ma che cosa accadrà? Il viaggio con la famiglia, la fidanzata, gli amici verso la montagna a raccogliere fiori, verso il mare a ritrovare l'ampio azzurro e l'odor di salsedine diventa impresa rischiosa. L'automobile da mezzo di lavoro e di svago domenicale si trasforma in strumento di morte e fa di troppi guidatori degli omicidi. Le cause? Negligenza, incapacità di guida, leggerezza, e alla base di tutto, uno stupido egoismo. Tanta sollecitudine quando siamo a casa: un mal di capo insistente, un raffreddore noioso, un piccolo malanno e si va dal medico, preoccupati. Appena si sale in auto sembra che la salute nostra e dei nostri cari perda valore, la fretta diventa ossessione predominante. Si guida dopo un pasto pesante, si corre per superare gli altri come se arrivare qualche minuto prima abbia chi sa quale importanza. Si osa nel sorpasso, sperando che vada bene, si osa nell'incrocio dimentichi del diritto altrui alla precedenza. Ce l'abbiamo fatta, ci sentiamo eroi. Il progresso tecnico rende le automobili sempre più veloci e scattanti. Ma velocità e scatto debbono servire all'occorrenza, non autorizzano a tenere di continuo l'acceleratore schiacciato a tavoletta. Le strade non sono circuiti per gare. Neppure le autostrade. La nostra rete viaria non riesce ad adeguarsi al continuo aumento della motorizzazione. Possiamo protestare, chiedere al governo più solleciti miglioramenti. Ma intanto quando viaggiamo il buon senso vuole che si tenga presente come sono le strade. Se si è stanchi non si può credere che l'auto sopperisca alla nostra guida difettosa. Ci si ferma o si rallenta. Se piove e la visibilità è scarsa, è da scriteriati voler mantenere egualmente una media alta. Si trattasse almeno di necessità, ci sarebbe una giustificazione; ma viaggiare all'impazzata durante la gita con i Agli e la moglie, più che assurdo, è criminale. Le vittime della strada toccano cifre impressionanti. Lo scorso anno in 305.626 incidenti gravi i morti furono 9108 e i feriti 213.692. Quest'anno a quanto arriveremo? In Francia è stata fatta una saggia proposta. Obbligare quelle persone, che per colpa hanno provocato un incidente grave, a prestar aiuto per una o due settimane a coloro che giorno e notte (da noi Croce Rossa, Croce Verde, Vigili del fuoco) accorrono a trarre morti e feriti dalle lamiere contorte delle auto sfasciate. Può darsi che alla vista ripetuta di tanto scempio comprendano la gravità della loro condotta. Gli studiosi di psicologia dicono che gli assassini della domenica sono il prodotto della civiltà meccanizzata dove predomina la fretta e l'angoscia, e cedono i valori morali. Le macchine diventano sempre più perfet¬ te, ma non aumentano in proporzione coloro che sono in grado di usarle con responsabilità, tenendo conto delle capacità personali e delle esigenze degli altri. L'auto ha dato all'uomo una indipendenza che sino a pochi decenni fa era un sogno, offre il modo di evadere in cerca di serenità e di svago. Non trasformiamola con la nostra irresponsabilità in un mezzo di morte. Giovanni Trovati

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