La famiglia Petretto pagherà il riscatto un prete tratta per loro con i fuorilegge di Giuseppe Fiori

La famiglia Petretto pagherà il riscatto un prete tratta per loro con i fuorilegge La sorte del meccanico rapito ventotto giorni fa La famiglia Petretto pagherà il riscatto un prete tratta per loro con i fuorilegge Al patetico appello lanciato dalla moglie del sequestrato i banditi hanno risposto con un silenzio che significa: o i soldi o il prigioniero sarà ucciso - Mistero sull'allevatore rinvenuto ferito e legato col filo di ferro: è piantonato in ospedale, nessuno può avvicinarlo L'allevatore Lino Nicolii ricoverato all'ospedale di Tempio Pausania [Tel. Ansa) (Dal nostro inviato speciale) Ozieri. 13 aprile. I Petretto pagheranno. Non l'ammettono, anzi smentiscono seccamente; ma da più circostanze si ricava l'impressione che essi abbiano capito di non avere altra via giusta se vogliono vivo Nino, ostaggio dei banditi ormai da ventotto giorni. Alla sfida i rapitori hanno risposto con le minacce; al supplichevole appello di Lucia Petretto, diffuso ieri, con il silenzio. La loro posizione è irremovibile: o i soldi o il prigioniero sarà ucciso. E' stato visto a casa dei Petretto. quattro chilometri fuori Ozieri, don Pietro Pigozzi, il sacerdote che fece da intermediario tra i familiari di Giovanni Campus e i fuorilegge. Ai più quella visita non è parsa casuale. Si ritiene che anche stavolta don Pigozzi andrà incontro ai banditi, emissario dei parenti del meccanico sequestrato. Comunque la notizia d'un collegamento già stamane precorre i tempi e la stessa iniziativa di Lucia Petretto dimostra che fino a ieri si sperava ancora di far leva sul residuo d'umanità dei banditi. E' stato l'esito negativo dell'appello a spingere i Petretto a una revisione della linea iniziale. Pagheranno: adesso occorre che i banditi moderino le richieste: potranno non essere trattative brevi. Ma l'elemento di mistero continua a permanere nella vicenda in cui sono protagonisti il possidente di Calangianus Paolino Pittorru, prigioniero dei banditi da venticinque giorni, e il suo amico Lino Nìcolli, scomparso lunedì scorso e rinvenuto esanime ieri pomeriggio alle pendici del monte Limbara, in Gallura. Tutto ebbe inizio martedì 19 marzo, San Giuseppe: giova riandare a quel pomeriggio. I due allevatori hanno terreni confinanti. Un maiale del Nicolli è andato a infilarsi nel branco dell'amico ed ora i due vanno in auto a sistemare la faccenda. E' un pomeriggio festivo. Si trattengono in campagna appena per il tempo occorrente alla consegna della bestia sconfinata, poi risalgono in macchina diretti a Calangianus. Mancano al paese un paio di chilometri, quand'ecco lo strano incontro. La sola fonte in proposito è Nicolli. Sentiamo dunque ciò chz egli racconta. Ad un bivio, fermi accanto a un'auto, due signori sulla cinquantina, d'aspetto distinto, fanno cenno di voler chiedere qualcosa. Pittorru scende, va incontra a quelli, ascolta e torna indietro, domanda a Nicolli se abbia maiali da vendere. Avuta risposta negativa, dice: « Allora vai pure, io rimango con loro ». Da quel momento ogni sua traccia è perduta. Sequestro? E ad opera di chi? Lunedì scorso l'altro fatto sconcertante. « Ero andato alla mia tenuta in località Ussargia — racconta adesso Nicolli ricoverato in ospedale — e lavoravo alla sistemazione di un muricciolo dal quale erano cadute pietre. All'improvviso mi sento avvinghiato alle spalle, qualcuno mi stringe i polsi all'indietro, li lega, e vengo spinto verso la Telti-Calangianus. Non posso vedere perché mi hanno infilato sulla testa un cappuccio di tela di sacco. Facciamo parecchia strada in automobile e poi altri chilometri a piedi fino ad una zona impervia ». Prosegue Nicolli: « Non mi facevano domande e non spiegavano il perché. Avevo alle caviglie una pastoia di fili di ferro come si mette alle mucche. Altro fil di ferro alla gola e una funicella andava dai polsi, legati dietro le spalle, alla gola. Cosi ho vissuto alcuni giorni. Maltrattato. Non mi davano da mangiare e neanche da bere. Poi giovedì mi hanno abbandonato nei monti di Berchidda. Forse pensavano che dovessi morire di morte lenta. Invece sono riuscito a trascinarmi. Conosco i luoghi essendo cacciatore e piano piano, con passo corto a causa della pastoia di fil di ferro, ho raggiunto le pendici del monte Limbara ». Qui. stroncato dalla stanchezza, e caduto perdendo i sensi. Lo ha visto alle 18.30 di ieri un operaio dell'Enel che rincasava a Tempio. Vicino è il centro trasmittente della Rai-tv: i tecnici lo hanno rifocillato. Era in condizioni penose: in tutti questi giorni, tenuto dai fuorilegge come bestia, aveva dovuto persino farsela addosso.. Il medico Claudio 'Leoni, aifU vato a Limbara subito dopo il rinvenimento, l'ha trovato in stato di choc e ferito al collo e alle caviglie per la stretta del fil di ferro. Parrebbero motivi sufficienti a far cadere l'ipotesi della simulazione. Ma intanto ai giornalisti si impedisce di vederlo. Dice un ufficiale dei carabinieri: « Aspettiamo che si pronunci il sanitario ». Dice il direttore dell'ospedale: «Per noi il caso è chiuso. Abbiamo riscontrato al Nicolli un lieve stato di choc. Sottolineo il " lieve " ». Dunque, perché il degente non può essere avvicinato? Perché lo piantona un carabiniere? Non è un cittadino libero al pari di Campus e degli altri reduci dalla prigionia, intervistati appena dopo la liberazione? Dice il Procuratore della Repubblica: « Nessun fermo. Lo stiamo interrogando. Non abbiamo preso finora alcuna decisione. Vedremo... ». Il « giallo » di Calangianus rimane aperto a un'infinità di ipotesi. Né dissipa il mistero la testimonianza di un sacerdote, il gesuita padre Mariotti, che, letta la notizia della scomparsa del Pittorru, ha meditato a lungo su un episodio accadutogli il pomeriggio di S. Giuseppe. Uomo colto, lenti spesse un dito, quattro lauree, padre Mariottì è un personaggio singolare. Viaggia su una « 500 » nelle cui portiere è scritto in grande: «Sos - telefono 66886»; le anime in pena possono trovare conforto telefonando a quel numero. Alle 14 di martedì 19 marzo il gesuita parte da Alghero, dove risiede, e va a Telti per celebrarvi Messa. Riparte alle 18. Una ventina di minuti dopo passa davanti alla tenuta di Paolino Pittorru, in località Putzu di Rana. Vede un gruppo di persone, rallenta e due signorine gli chiedono di essere accompagnate a Calangianus. « Avete fatto una bella passeggiata, eh? », dice l'anziano gesuita. Le due ragazze sembrano dominate da inspiegabile inquietudine. Semplicemente rispondono: « Le passeggiate sono belle ma... ». Ripensandoci l'indomani, quando i giornali pubblicano la storia della scomparsa del Pittorru, padre Mariottì calcola a che ora può essere passato nei pressi di Putzu di Rana e i conti tornano. E' proprio l'ora in cui il possidente è stato rapito. Riflette sul « ma » delle due ragazze: e allora, « come quando si cerca di ricostruire un sogno svanito» (sono l- sue parole), ecco altre immagini: due¬ cento metri prima della tenuta di Paolo Pittorru un'auto ferma, tre cacciatori e poco distante una seconda macchina rivolta verso Olbia. Forse da questa seconda vettura qualcuno chiamava: « Padre Marietti, padre, Mariotti! ». Che fosse Pittorru in cerca di aiuto? E i cacciatori in realtà banditi? Delle due ragazze sconosciute, più nessuna traccia. Giuseppe Fiori