Un western all'Italiana fabbricato ad Hollywood

Un western all'Italiana fabbricato ad Hollywood SULLO SCHERMO Un western all'Italiana fabbricato ad Hollywood Impiccalo più in alto è interpretato (la Glint Eastwood - Al di là della legge: un rapinatore si converte in sceriffo - Io ti amo: Dalida al fianco di Alberto Lupo (Corso) - Nel mondo del cinema si va avanti per andazzi, contraccolpi, imitazioni. Il wèstern all'italiana mostra i ségni dell'usura? Ecco dunque l'occasione perché Hollywood, che pur detiene la matrice del « genere », si dia a ricalcarlo. ., II.primo esempio di questa sconsacrazione del tradizionale western americano, ad opera degli stessi americani, ci è offerto dal technicolor Impiccalo più in alto del regista Ted Post, ligio, ma non forse quanto gli autori s'illudevano fosse, al modulo della violenza incondita di sentimentalismo. Non per nulla il protagonista è Glint Eastwood, l'ati tore americano ritornato celebre in patria dopo avere interpretato tre western del nostro Sergio Leone. Ma, proprio cominciando da lui, la scollatura è evidente: per quanto faccia la grinta feroce e mastichi il cigarillo all'ombra della tesa del cappello, non è più quello di «Per un pugno di dollari » e derivati; gli rispuntano le ali del cherubino hollywoodiano. Impersona un cow-boy che ha provato l'emozione d'una impiccagione quasi perfetta. Salvato al penultimo respiro, si dedica alla ricerca dei nove linciatori che lo avevano voluto giustiziare per un furto dì bestiame di cui era innocente. Intanto uno sceriffo, smanioso d'instaurare la legge nel territorio dell'Oklahoma, lo nomina suo vice, apprezzandone il coraggio; mentre dal canto suo Cooper non approva quell'apparato di forche sempre in funzione, che gli sa molto di linciaggio legalizzato. Avendo provato la corda al collo, è per una giustizia meno precipitosa, piti ponderata. Là tensione tra .lo sceriffo e il suo aiutante è uri motivo; la punizione dei linciatori, che sapendosi scoperti passano al contrattacco, un altro; un terzo è il legame di Cooper con una bella magazziniere, anche lei assetata di vendetta per atroci oltraggi subiti. Sonò, tanti; *'evinfatti il film, salvo che nel titolo, " non ha né l'asciutèzza né la ferocia dèi, migliori western europei. In compenso è più gradevole, e ha la stoffa e le pieghe d'un romanzo che concilia le emozioni spettacolari col fine edificante. Con Eastwood sono la brava Inger Stevéns, Pat Hingle e altri buoni caratteristi. 1. p. (Reposi) - La figura del fuorilegge non incallito, che le circostanze aiutano a passare dall'altra parte della bar-: ricata, rispunta nel western a colóri Al di là della legge, di produzione italo-tedesca. L'edificante metamorfosi la compie un malandrino dapprima spavaldo, forte dell'appoggio di due compari più di lui schiavi del male con i quali tiene alla propria mercé pionieri, minatori, bottegai di Silver Town. Il furfante, poi messosi in inattesa buona luce con un gesto generoso, è scambiato per eroe e lusingato come tale. In questa prova di onestà resuscitata non è difficile trovare l'apjnglio per fargli mutar registro e casacca: quando lo sceriffo dì Silver Town è assente giustificato per ferite, la stella vacante finisce con l'appuntarsela alla camicia proprio lui, l'ex rapinatore. Come uomo di legge il nostro eroe deve vedersela con i soliti razziatori anonimi, ed. anche con gli antichi compari mai venuti meno alle regole d'una inguaribile gagliofferia. Il duello tra questi due cialtroni e il loro ex socio « traditore » insaporisce particolarmente l'epilogo. Diretto da Giorgio Stegani, giovane regista in ascesa. Al di là della legge fa suoi certi tipici aspetti del western all'italiana e ne rifiuta altri, quali il gratuito sistematico ossequio alla violenza invermigliata di sangue: ci sono botte e sparatorie, questo è inevitabile perché appartiene al rituale d'obbligo, ma una componente faceta ne attenua l'asprezza. Lee Van Cleef, dotato caratterista, dà coerenza e umanità non priva 'd'arguzia al trapasso dal male al bene del protagonista, assecondato con efficacia dagli altri interpreti. Tra essi spiccano il pittoresco Lionel Stander, Antonio Sabato, G. Mitchell, Graziella Granata. * '* (Alexandra, Astra, Eliseo, Faro, Vinzaglio) - Fumetto dignitoso. Io ti amo si serve del titolo d'una canzone, « recitata » anche nel film da Alberto Lupo, per narrare d un nobile, ricco pittore che crede ravvisare nel volto corrucciato d'una hostess il modello per una medusea testa di donna destinata a diventare il suo capolavoro. Così non sarà, perché al tormentato artista non riesce di trasfigurare sulla tela quegli enigmatici lineamenti. Questo provoca una crisi fra i due, accesisi di un reciproco amore destinato ad avere tragico epìlogo per la donna. Giunto al racconto passionaie-canoro con intermezzi panoramici giovevoli al turismo, il regista Antonio Margheriti (noto fin qui per operìcciole di fantascienza e horror filmsy ha evitato, pur con un soggetto fuori moda, di cadere nel ridìcolo ma non ha saputo, dirìgendo gli interpreti, sottrarsi al rischio di atteggiamenti dannunziani da film muto, assolutamente fuori tempo. Dalida, che è la cantante di valore a tutti nota, non « passa » lo schermo come attrice: resta una presenza fredda che, dal telone, non riesce, recitando convenzionalmente, a comunicare emozione vera. Provate a confrontarla con l'insigne veterana Vanda Capodaglìo, alla quale bastano tre scene in tutto, eseguite con magistrale bravura, per lasciare un ricordo vivo. vice

Luoghi citati: Hollywood, Oklahoma, Vinzaglio