Praga avrà maggiore libertà ma nei limiti del regime comunista di Massimo Conti

Praga avrà maggiore libertà ma nei limiti del regime comunista Fermo discorso del segreterie dei pc, Dubcek Praga avrà maggiore libertà ma nei limiti del regime comunista Il nuovo capo cecoslovacco afferma: «Non torneremo a un sistema politico basato sul gioco delle forze parlamentari e sulla democrazia formale» - E aggiunge: «E' doveroso riparare a errori e ingiustizie. Ma non è ammissibile sminuire e vilipendere il passato» essuna tracciai dell'alto magistrato scomparso (Dal nostro inviato speciale) Praga, 1 aprile. La « nuova democrazia socialista» in Cecoslovacchia sarà molto diversa dai modelli dell'Occidente. La guida del Paese resterà nelle mani dei comunisti, gli altri partiti tuttora rappresentati al Parlamento di Praga continueranno a svolgere come in passato un « programma comune » in accordo con ie direttive del regime. «Non vi saranno partiti al governo e partiti all'opposizione... Non torneremo a un sistema politico basato sul gioco delle forze parlamentari e sulla democrazia formale... ». Con queste parole oggi Alexander Dubcek, il capo dei comunisti cechi, ha definito i limiti del nuovo corso, raffreddando cosi le speranze in radicali mutamenti del regime. Quasi a conferma di quelle diffuse aspettative, Dubcek ha aggiunto: « Saremmo miopi se non ci accorgessimo della reviviscenza di certi umori non socialisti, e addirittura di collerici appelli alla vendetta... Il partito comunista però non si lascerà raggirare da possibili tentativi di legalizzare siffatti umori col pretesto della democrazia e delle riabilitazioni ». Le riforme proposte da Dubcek si riducono in sostanza ad una maggiore «dialettica» delle forze che operano all'interno del sistema: sindacati, categorie sociali ed altri istituti del regime avranno maggiore indipendenza; entro certi limiti la critica sarà possibile, anzi incoraggiante. Ma alla aperta ondata polemica che ha accompagnato la caduta di Novotny verranno poste delle remore: « I tentativi di respingere e di svalutare in blocco tutto quello che è stato fatto finora non saranno più tollerati... E' doveroso — ha soggiunto Dubcek — riparare a errori e ingiustizie. Non è ammissibile però sminuire, vilipendere il passato ». Nel suo lungo discorso letto al Comitato Centi ale, Dubcek ha poi spiegato che « i fondamentali princìpi della politica estera cecoslovacca sono inviolabili ». « Essi si riassumono nella salda alleanza e nella completa cooperazione con l'Unione Sovietica e gli altri Paesi del socialismo ». Dubcek ha poi escluso che la Cecoslovacchia « possa restarsene in disparte » ed orientarsi verso la neutralità, come si vorrebbe da molte parti. Con tutta evidenza si tratta di assicurazioni volte a placare i timori della Russia: il graduale sganciamento della Cecoslovacchia dal blocco orientale rientra ormai fra le previsioni più scontate. Se non altro perché il paese si studierà di reinserirsi nei mercati dell'Europa occidentale. Il discorso di Dubcek è parso un po' deludente a quanti si aspettavano immediate, radicali trasformazioni del sistema. Se la libertà resta un'aspirazione remota, i cechi però vedranno alleviare le costrizioni più rigorose imposte dal regime di Novotny. Le vittime dello stalinismo verranno reintegrate nei loro diritti civili; il cittadino non sarà più alla mercé completa della polizia politica, verrà allentata la censura sulla stampa. Sono concessioni indispensabili. Il fatto che ora si possa condannare in pubblico il regime di terrore instaurato da Novotny fa supporre che Dubcek intende finirla con gli antichi crudeli metodi. Le rivelazioni sullo stalinismo non hanno ancora fine. Proprio oggi su un giornale di Praga Rudolf Barak, il cognato di Novotny caduto a suo tempo in disgrazia e condannato per questo a 15 anni di carcere, ha spiegato come gli furono estorte certe confessioni: « ...Durante gli interrogatori mi costringevano a prendere alcune droghe che mi stordivano quasi completamente... Poco prima del processo mi fecero delle iniezioni. Caddi in uno stato dì apatìa e dì forte depressio¬ ne. Il mio unico desiderio era quello di avere un po' di pace. Pertanto desideravo confessare tutto quello che volevano gli altri, anche le colpe inesistenti. Rinunciai perfino al diritto di appello. Quando i termini del ricorso giudiziario furono scaduti, allora finirono di farmi iniezioni ». L'altro giorno Richard Slansky, fratello dell'ex segretario del partito impiccato per « tradimento » nel 1952, spiegava ai lettori d'un giornale di Praga come fu indotto ad ammettere reati mai commessi: « Mi interrogavano 24 ore su 24. Quando non fui più in grado di ca¬ pire, mi costrinsero con la forza a firmare i verbali. Torture psichiche e fisiche venivano usate in tanti casi per strappare confessioni...)). Massimo Conti

Luoghi citati: Cecoslovacchia, Europa, Praga, Russia, Unione Sovietica