Cremona, un pittore moderno che non dimentica la realtà

Cremona, un pittore moderno che non dimentica la realtà js ms ti ed artisti Cremona, un pittore moderno che non dimentica la realtà Una bella mostra dell'artista torinese presentata da Maccari Italo Cremona, direttore dell'Istituto statale d'arte per il disegno, moda e costume, artista completo per vena creativa (la sua prima comparsa alla Biennale di Venezia è del 1932) e per ampiezza di interessi culturali (ricordiamo le sue esperienze cinematografiche, le collaborazioni a Paragone su invito di Roberto Longhi, l'eccellente libro II tempo dell'Art Nouveau). è uno dei pittori più discreti e più « rari » di Torino. Orgoglio? Distacco demiurgico in un senso alla Burzio? Giudizio un po' ironico sul proprio tempo? Sia come si vuole: una mostra di Italo Cremona resta un happening, ■come oggi servilmente e scioccamente usa in Italia scrivere quando sarebbe più semplice e giusto dire in italiano « avvenimento ». Non stupisce perciò che a quella ora aperta nelle sale della libreria Fògola (piazza Carlo Felice 19) con 28 dipinti e 16 disegni dal 1923 al '68, un altro artista della statura (piccolina nel fisico, notevolissima nel panorama artistico e culturale nazionale) di Mino Maccari abbia provvisto una limpida e precisa presentazione, e sia. venuto apposta a Torino per l'inaugurazione. I due pittori si sono ritrovati con lo stesso spirito di quando, quasi quarant'anni fa, Maccari portò a Torino il suo giornale II Selvaggio che ebbe fra gli altri collaboratori anche Italo Cremona. Questi, allora, era impegnato — rammenta la presentazione — a rappresentare « certi paesaggi che non hanno niente da spartire col tradizionale paesaggio piemontese nella vicinanza del quale egli crebbe, suo malgrado... squallida periferia torinese » che è stata « la prima vera scuola e il primo grande amore del pittore Cremona ». Di uno di quei motivi, di un quadro intitolato Paesaggio ferroviario che ebbe un premio nel 1928, c'è qui uno studio preparatorio « tutto grigi e terre livide », che è un capolavoro. S'affermavano in quel tempo, nella scia del postimpressionismo francese, i « Sei pittori di Torino»; ma bisogna dire che Italo Cremona, tutto solo e facendo meno rumore, era già affermato: anche se la gente non se ne accorgeva. Colpì di più, dopo il 1930, nel panorama di una giovane pittura italiana che voleva essere, con un « ritorno all'ordine », genericamente « larga e sana », la « inclinazione funebre e pessimista » di certe scene cremoniane fantastiche, grottesche, persin macabre, che rasentavano l'allusione surrealistica, talché il pittore fu incluso — forse con lieve arbitrio — nella recente grande mostra delle « Muse inquietanti ». Ma di quella fase, propizia a tante discussioni che diedero fama all'artista (perché oggi si diventa più facilmente famosi per le intenzioni e i programmi piuttosto che per le autentiche qualità dei risultati artistici), poco o nulla si vede nella presente esposizione; e ne siamo lieti, per la nostra persuasione che non ad essa si affidi la « durata » del nome d'Italo Cremona. S'affida invece, probabilmente, ad altri ben più so lidi e meno effimeri fattori Diceva Ingres che il disegno è « la probità della pittura » e naturalmente i romantici lo dileggiavano. Ebbene, Cremona crede nel disegno (si vedano i 16 stupendi Nudi in bianco e nero): il disegno giusto, sensato, guidato dall'occhio e dalla ragione. Vi par poco rappresentare case che stanno davvero « in piedi » nella loro esatta prospettiva, che qualsiasi ragazzino del liceo artistico si crede in dovere di « ribaltare » per non correre il rischio d'essere giudicato un « sorpassato »? Ma sull'impianto di quel disegno, mai virtuoslsticamente ostentato, dissimulato ma non mortificato, rintracciabile in ogni minima parte della composizione, lavora il colorista sensibilissimo e temerario tanto da far stridere i suoi rossi contro i verdi in una musica atonica assolutamente « moderna ». Così la Villa in Liguria del '66. La si confronti con Periferia torinese del '23 dove ancor vibra un ricordo « macchiaiolo » alla Borrani o Bernesi, e si vedrà qual sia stato il cammino di Cremona fino al magnifico quadro Gli alberi potati dipinto a Monterosso l'anno scorso. Concludiamo con una domanda. Quest'Italo Cremona, che dipinge secondo certe re gole di cento o di trecenfan ni fa aggiungendovi semplicemente (ma in questa semplicità sta la difficoltà vera) il senso della nostra epoca senza mettere a soqquadro il mondo del visibile, è un artista da classificare « moderno »? Facciamo una prova. Poniamo un suo dipinto in uno degli ambienti, presso un gruppo di mobili scelti da Gio Ponti per la « Eurodomus » della attuale rassegna delle Arti domestiche. Regge l'audace sfida? La regge pienamente, come un « sacco » di Burri o un « taglio » di Fontana. Ma la regge sul piano del gusto alleato con la ragione, retaggio sempre più compromesso, dal Futurismo e dal Cubismo in poi. Da ciò potreb¬ bero trarsi alcune considerazioni. Le tragga chi vuole, * * Alla galleria Gissi (piazza Solferino 2) sta per chiudersi la mostra di Yves Laloy. Questi è un pittore francese che André Breton ha tenuto in tanta considerazione da riprodurne un quadro sulla copertina dell'ultima edizione del suo libro Le Surréalisme et la peinture. E' un'indicazione che potrebbe bastare per gli appassionati dell'arte surrealìstica: la quale ha nel Laloy un rappresentante spiritoso e pun1 gente. mar. ber.