«La confessione m'è stata estorta» dice l'accusato per il delitto dell'autostrada

«La confessione m'è stata estorta» dice l'accusato per il delitto dell'autostrada Tony il gorilla?, alle Assise di Novara «La confessione m'è stata estorta» dice l'accusato per il delitto dell'autostrada L'imputato, trentenne e abitante a Torino, deve rispondere di omicidio e rapina: la notte del 19 giugno 1965, a bordo di un'auto, presso Greggio, avrebbe ucciso «su commissione» un rappresentante di 27 anni - Prima ammise il crimine, poi ritrattò con differenti versioni - Presidente: «Perché ha confessato?» - Imputato: «Sono stato obbligato a percosse» - Oggi il dibattito prosegue (Dal nostro corrispondente) Novara, 1 aprile. Il contrabbandiere trentenne Antonio Zavatta detto «Tony il gorilla » — un giovane pugliese, alto, grosso, forte, da una decina d'anni abitante a Torino — è comparso stamane, in stato d'arresto, davanti ai giudici della Corte d'Assise di Novara. E' imputato di omicidio, rapina e calunnia per il misterioso e fosco delitto avvenuto a Greggio, sull'autostrada TorinoMilano, il 19 giugno 1965: « La confessione m'è stata estorta a percosse — ha detto " Tony il gorilla " —. Io sono innocente. Non ho ucciso nessuno ». Quella sera di giugno, su una piazzuola dell'autostrada nel territorio del comune di Villarboit, venne assassinato con un colpo di pistola alla nuca un genovese venti¬ settenne, Luciano Anerdi, rappresentante di una casa libraria. La salma fu rinvenuta l'indomani mattina. Si accertò che il giovane era partito da Torino a bordo della propria « 600 » diretto a Milano per fare visita alla fidanzata. L'auto della vittima venne ritrovata a Torino: certamente l'assassino se ne era servito per ritornare in città dopo aver consumato il crimine. Tre mesi dopo, il 4 settembre, Antonio Zavatta fu arrestato dai carabinieri di Milano e si confessò autore del delitto, dando dell'accaduto quattro versioni discordanti, che è andato via via ritrattando fino a proclamarsi oggi completamente innocente. , Presidente — Perché ha confessato? Imputato — Dopo 24 ore di « fermo » nella caserma di Milano, percosso in continuazione da ufficiali e sottufficiali dei carabinieri, dissi tutto quello che volevano... P.M. — Spieghi esattamente che cosa accadde... Imputato — Cominciarono col mostrarmi la fotografia di un giovane. «Lo conosci?» mi domandarono. « No », risposi. « E' Luciano Anerdi, quello che tu hai ucciso! », replicarono. E cominciarono a picchiarmi. Capii che se volevo risparmiarmi altre botte non avevo alternativa; dovevo ammettere quanto mi veniva di volta in volta suggerito. Così « Tony il gorilla » rese la sua prima confessione. Raccontò che Severino GiàCornelio e Gennaro Falduto, due suoi amici torinesi contrabbandieri come lui, l'avevano invitato quella sera sull'auto dell'Anerdi che era dìretto a Milano: « Mi diedero ima pistola perché, dissero, avrebbero potuto sorgere diI scussioni e con quell'arma 1 sarei stato molto convincen' te. Difatti, durante il viaggio, i due miei amici parlarono di un loro credito nei confronti dell'Anerdi. La discussione si fece vivace e l'auto venne fermata su una piazzuola. Io tolsi di tasca la pistola appunto per essere " convincente ", ma dall'arma partì accidentalmente un colpo, che raggiunse l'Anerdi, freddandolo ». Questa prima versione durò meno di 24 ore: il Giacomello e il Falduto, messi a confronto con lo Zavatta, negarono recisamente e « Tony il gorilla » ritrattò: « Poiché volevano sapere quale fosse allora la verità — ha detto oggi — raccontai al carabimeri un'altra storia: che ero solo in auto con l'Anerdi e che questi mi aveva fatto proposte immorali. Io avevo reagito e la discussione era degenerata fino a indurmi a sparare ». Anche questa versione durò poche ore e l'indiziato ne fornì una terza: quella del delitto «su commissione». «Giovanni Rubino, un altro torinese che conoscevo da tempo, mi propose di uccidere l'Anerdi per un compenso di centomila lire. Fu il Rubino a darmi la pistola e a mettermi in contatto con la vittima, ottenendomi un passaggio sulla sua auto ». Una volta in carcere, interrogato dal magistrato, lo Zavatta ritrattò tutto e oggi ha spiegato il perché. Presidente — Ma come facevano i carabinieri a sapere che nella sua stanzetta a Torino lei aveva nascosto i pantaloni macchiati di sangue? Imputato — Non sapevo che fossero macchiati. Appena me lo fecero rilevare spiegai che poteva essere accaduto quando mi ero ferito leggermente a Ponte Tresa durante un'operazione di contrabbando. Contestazioni sono avvenute anche sul possesso da parte dell'imputato di una certa somma di denaro che, ai carabinieri, lo Zavatta dichiarò essere il prezzo pagato dal mandante del delitto. Al riguardo, la Corte ha disposto un supplemento di indagini, poiché l'istruttoria è lacunosa e (secondo la difesa) contiene violazioni di procedura. Per quest'ultima ragione l'avvocato Toppetti — che insieme coll'avv. Trivoli patrocina lo Zavatta — in aper- Antonio Zavatta in Corte d'Assise ieri a Novara tura di udienza ha chiesto la nullità di alcuni atti istruttori nonché della sentenza di rinvio a giudizio, con conseguente scarcerazione dell'imputato. La Corte, sentito il parere del P. M., che si è opposto, ha respinto l'istanza. L'interrogatorio e le contestazioni all'imputato proseguiranno ancora nell'udienza di domani. Poi inizierà la sfilata dei testimoni. Piero Barbe