Non c'è più speranza di trovare in vita 13 dispersi nella casa crollata a Genova di Filiberto Dani

Non c'è più speranza di trovare in vita 13 dispersi nella casa crollata a Genova A Ire giorni dalla sciagura della collina degli Angeli Non c'è più speranza di trovare in vita 13 dispersi nella casa crollata a Genova Il numero delle vittime ammonta a 19 persone: le salme recuperate sono soltanto 6 - Entrate già in azione scavatrici e «ruspe» per rimuovere il gigantesco cumulo di macerie; nei prossimi giorni si userà la dinamite - Da 32 anni la tragica parete rocciosa «scaricava» massi, che colpivano il caseggiato, ma nessuno aveva preso misure per evitare la catastrofe (Dal nostro corrispondente) Genova, 23 marzo. Ormai, non c'è più speranza di ritrovare vivi ì tredici dispersi: nella morsa orrenda della frana che giovedì sera ha investito e distrutto una casa di sei piani — il numero 8 di via Digione, sulle alture orientali di Genova — sono dunque morte non meno dì diciannove persone. A tutt'oggi, però, sono state recuperate soltanto sei salme. Stamane sono entrate - in azione scavatrici, ruspe e una gru. Fino a ieri tutti ì lavori di rimozione e dì scavo erano stati eseguiti a mano, pietosamente, per evitare di straziare i corpi degli eventuali sopravvissuti. Per rimuovere piccoli blocchi di macerie si muovevano trenta vigili del fuoco: i detriti passavano di mano in mano, a catena, come facevano una volta i manovali con i mattoni. Così gli uomini hanno scavato, sempre a forza di braccia, fino all' esaurimento. Hanno spostato quintali di macerie, hanno estratto dodici sepolti vivi e sei salme. Perdute le speranze di trovare in vita altra gente, sono ora subentrati ì mezzi meccanici. Non è improbabile che nei prossimi giorni venga deciso l'impiego della dinamite: v'è ancora una situazione di pericolo che potrebbe precipitare da un momento all'altro. Se n'è reso conto lo stesso ministro delle Partecipazioni Statali. Giorgio Bo, che stamane ha visitato il luogo della sciagura. Il comandante dei Vigili del fuoco di Genova, ing. Ambrogio Cappuccini, gli ha fatto notare una fenditura sulla parete rocciosa che sovrasta lo stabile numero 8 di via Digione (la parete dalla quale si sono staccati quìndicimila metri cubi di roccia che hanno seppellito i sei piani dell'ala nord dello stabile). La parete, alta una sessantina di metri, ha un'inclinazione non inferiore ai 50 gradi. Gli strati rocciosi che la compongono premono su un terreno d'argilla che d'inverno si ghiaccia e con i primi caldi si dissecca, diminuendo di volume. Quando piove copiosamente, come è avvenuto il giorno della sciagura, l'acqua penetra nei cuscinetti di argilla fra la roccia alterandone la compattezza e provocando smottamenti. La lunga storia di questa parete rocciosa (della quale si occuperà, sotto il profilo tecnico, anche una commissione di geologi in via di costituzione presso il ministero dei Lavori Pubblici) è intanto approdala in campo penale. Il procuratore della Repubblica dott. Francesco Caco e il suo sostituto dott. Giovanni Grillo hanno mosso oggi i primi passi per accertare fatti, cause e responsabilità. Lasciamo parlare i fatti. Nel 1931. a ridosso della parete rocciosa, sorge lo stabile numero 8 di via Digione con i suoi sei. piani, le sue doppie scale e le decine di appartamenti destinati prevalentemente ad una clientela operaia. Trascorrono gli anni e i terreni sovrastanti il grande banco di roccia diventano proprietà di due fratelli floricoltori. La prima azione legale si ha nel 1936: i condomini di via Digione 8 presentano un esposto al pretore per « danno temuto ii: sono già caduti massi di notevoli proporzioni e uno di essi ha sfondato una cucina del caseggiato. Nel '42 le mine esplodono nei fianchi della collina per la costruzione d'un rifugio antiaereo; due anni più tardi i due floricoltori citano in giudizio l'Amministrazione municipale per i danni derivati alle loro serre e ai loro terreni in conseguenza dello sparo delle mine. Intervengono i periti i quali stabiliscono che la causa dei danni va ricercata nella natura geologica, del terreno, formato da « strati di scorrimento u, cioè strati geologici che non aderiscono l'uno sull'altro. In sostanza, si accerta che la natura geologica del terreno è tale che basta uno scoppio o una pioggia insistente per provocare smottamenti e frane. L'azione civile, comunque, si conclude con il risarcimento dei danni subiti dai due floricoltori. Si arriva al 1961. Preoccupata dal continuo stillicidio di piccole frane, l'amministrazione del condominio di via Digione 8 si rivolge a due legali per essere tutelata nei propri diritti. Nel frattempo, però, i due floricoltori hanno venduto la parete rocciosa a un tizio che risulterà poi essere nullatenente, tanto da morire in un ospizio, senza eredi e senza soldi. Ma interviene un giudice che non accetta integralmente questa soluzione. Il condominio di via Digione 8 impugna infatti l'atto di vendita come « simulato ii, sostenendo che esso era stato concluso al solo scopo di ovviare la responsabilità eventuale dei proprieI tari della collina. Il magìstraI to decide dì far eseguire alcuni lavori: vedrà in seguito chi ha torto o ragione. Così vengono innalzati contro la parete alcuni pilastri di cemento. Qualche anno di tregua, poi la collina ricomincia a borbottare, riprende la caduta di pietre. Nei tribunali civili si discutono nel frattempo le diverse cause. E' una marea dilagante di ricorsi, controricorsi, esposti che disputano delle proprietà e dei doveri, che cercano di frazionare le responsabilità d'una parte o dall'altra. Siamo al 14 maggio 1963, cade una frana che sfonda un appartamento. Il Comune, con una ingiunzione che porta il numero di protocollo 630426, ordina al condominio di far eseguire certi lavori. 24 luglio 1967. Un altro perito nominato dal Tribunale accerta l'esistenza d'un « pericolo di caduta di elementi di pietrame ii nello spazio antistante^ la parete sud ■ìSeflà 'collina' "rocciosa: 'il 'Comune provvede a recintare la zona « secondo le prescrizioni del Tribunale ». Il magistrato incaricato dell'istruttoria ha interrogato stamane nel suo ufficio l'amministratrice del condominio di via Digione 8 e alcuni professionisti che a suo tempo si sono occupati della vicenda. Nel pomeriggio, lo stesso magistrato è tornato nei due ospedali per mettere a verbale le dichiarazioni dei feriti che vi sono ricoverati. La tragedia è atrocemente presente non soltanto nelle loro testimonianze ma anche nelle brevi frasi mormorate o urlate nella sofferenza o nel sonno dei feriti più gravi. Sandro Di Jorgi, 10 anni. E' ricoverato all'ospedale di Villa Scassi, a Sampierdarena. Contusioni in tutto il corpo e prognosi di un mese. Quasi certamente ha perso tutti i suoi cari, il padre, la madre, un fratellino di un mese e mezzo. Sentì il padre, che chiamava la moglie perché guardasse anche lei le pietre che cadevano dalla montagna. Lui stava giocando con una bambina in anticamera. Sentì ancora la madre gridare. Poi più nulla: un buio lungo e gli occhi che bruciavano. Lo hanno trovalo con l'amichetta, abbracciati e salvi. « Se fossero vivi, il papà e la mamma mi verrebbero a trovare... ». Non gli si risponde con delle bugie, perché lo sguardo di questo bambino di dieci anni non chiede nulla. Al secondo piano dello stesso ospedale c'è il signor Alberto Aleo che con la madre Carmela Renda e la figlia Carmela di 5 anni è rimasto sotto le macerie per più di sei ore. Alberto Aleo abita in un appartamento della sca la A, l'ala della costruzione rimasta in piedi, e verso le 18 del giorno del disastro era andato con la madre che abitava invece al terzo piano della scala B. « Il crollo ci ha sorpreso nella cucina. Mia mamma ha fatto appena in tempo- sa stringere...tra. le braccia la nicotina, poi'Ìl;pàvimento si è aperto e ci siamo trovati al secondo piano stretti l'uno all'altro sepolti sotto un cumulo di detriti Potete immaginare quel che abbiamo sofferto. Sei ore di incubo con la bambina schiacciata in mezzo a noi. Dopo non so quanto tempo ho visto una luce, ho inteso delle voci e finalmente in quel buco si è aperto uno spiraglio. Erano i vigili del fuoco che scavavano, si avvicinavano. Sull'ambulanza ho pensato a mia moglie, all'altra bambina Simonetta di due anni che era con lei. Speravo che la frana li avesse risparmiati ma nessuno ha saputo ancora dirmi niente di loro ». Filiberto Dani La salma di Maria Alessi Colli ritrovata ieri tra le macerie a Genova (Tel. A.P.)

Persone citate: Alberto Aleo, Ambrogio Cappuccini, Francesco Caco, Giorgio Bo, Giovanni Grillo, Maria Alessi Colli

Luoghi citati: Genova