L'epica vicenda dei fratelli Cervi

L'epica vicenda dei fratelli Cervi SVILO SCHERMO L'epica vicenda dei fratelli Cervi li film di Gianni Puccini rievoca una delle più importanti pagine della storia della Resistenza - Protagonista Gian Maria Volontè (Gioiellò e Nazionale) — Dei Sette fratelli Cervi, rimosso dal-parziale «divieto » della censura, è stato scritto ampiamente in queste colonne il 18- febbraio- scórso in occasione: della prima- mondiale di Reggio Emiiia. E* da ripetere che il film di Gianni Puccini è degno del suo argomento, ossia di una delle più esaltanti pagine della storia della Resistenza, e, per converso, d'una fra le più nefande nel nazifascismo. Gelindo Antenore Aldo Ferdinando Agostino Ovidio Ettore Cervi (il maggiore di 42, il rriinore di 22), prima che eroi, semplici contadini, furono fucilati dai fascisti il 28 dicembre del 1943. La loro colpa? E' l'antifascismo attivo, che avevano cominciato a professare già prima della guerra, e che la guerra trasformò in lotta partigiana, dura e implacabile, con le brigate nere, sulle montagne. Il loro sacrificio fu più sublime perché volontario. Costretti a scendere in pianura, nella loro cascina, dove papà Cervi dava asilo a 80 prigionieri di guerra d'ogni nazionalità, si arresero dopo accanita resistenza per salvare, le vite delle donne e dei bambini, votate a sicura rappresaglia. La strage simultanea di sette - fratelli, fatto enorme, quasi senza precedenti nel martirologio universale della libertà, costituiva un « soggetto » imbarazzante per eccesso; tanto più che, non volendo circoscriverlo nel suo orrore, ma anche spiegarlo storicamente, importava almeno sette tuffi nel passato e una correlativa descrizione di psicologie e di ambienti. Il regista (coi suoi collaboratori alla sceneggiatura, Bruno Baratti e Cesare Zavattini) è ricorso in larga misura al « flash back », frantumando un arco narrativo di tre anni (gli ultimi e risolutivi della vita dei Cervi) in tanti andirivieni memoriali, per lo più in bianco e nero i quali, quasi s'andasse sfogliando un impallidito albo di fotografie, richiamassero da diversi punti — il lavorò dei campi, la vita in famiglia, il carcere, l'iniziazione politica — l'evolversi di quei giovanotti in combattenti e martiri. Questa struttura saltuaria e diramata ha il vantaggio di far risaltare il no"do epico del film, la fucilazione dei fratelli nel poligono di tiro di Reggio Emilia; ma per un altro verso non favorisce l'ordinata intelligenza dei fatti, e neanche li presenta tutti. Come fu detto, una più 'quieta intonazione didascalica che tenesse maggior conto di quanti non conoscono o non conoscono bene questo glorioso episodio della Resistenza, avrebbe giovato, specie fra i giovani, alla comunicativa del film, che per altro ha il gran merito, pur essendo così spezzato e spesso convulso, di non aprire nessun varco alla rettorica, neanche a quella, in questo caso più tentatrice, dell'ideologia di sinistra. Girato nei luoghi dove si svolsero i fatti e con la collaborazione dei reggiani, il film ha in Gian Maria Volontè (Aldo) un protagonista di raccolto vigore, ben secondato - da Riccardo Cucciolla, Renzo Montagnani, il francese Serge Reggiani (ma oriundo di queste parti), Ruggero Miti, Lisa Gastoni, Carla Gravina, Gabriella Pallotta, il sovietico Oleg Jakov ed Elsa Albani (il padre e la madre). Notevole anche il contributo dell'operatore Montuori e del musicista Rustichelli a una pellicola che trascende i pregi e difetti per attingere l'iniportanza di un civile « memento ». 1. p.

Luoghi citati: Reggio Emiiia, Reggio Emilia