Agricoltura «malata» di Sandro Doglio

Agricoltura «malata» Perché sono tanto difficili le trattative nel Mec Agricoltura «malata» Nell'Europa d'oggi il contadino guadagna meno di tutti gli altri lavoratori, una grandinata può dimezzargli i proventi, in parecchie zone i metodi di coltivazione sono arretrati - Inoltre vi sono (orti squilibri nei costi fra i vari Paesi della Comunità - La strada scelta dalle autorità di Bruxelles (protezionismo e prezzi minimi garantiti) appare diffìcile - Occorrono profonde riforme di struttura (Dal nostro corrispondenteJ Bruxelles, 13 marzo. Che cosa succede nell'agricoltura del Mec? Da qualche tempo i contadini protestano contro le autorità governative e comunitarie. In Francia carciofi e patate sono ammucchiati nelle strade: i coltivatori bloccano il traffico, marciano sulle prefetture. In Italia, in una manifestazione a Verona, il ministro dell'Agricoltura è stato fatto bersaglio di uova e sacchetti di plastica pieni di latte. A Bruxelles i rappresentanti dei sei Paesi tengono, ormai da settimane, riunioni che si concludono con un nulla di fatto. Si legge di paurose eccedenze di burro: 150 mila tonnellate invendute, più di un decimo del consumo annuo europeo. Per smaltirle il Mec — cioè i contribuenti europei — dovranno pagare quest'anno 800 milioni di dollari. L'agricoltura è il punto debole dell'attuale società europea. Il contadino guadagna meno e lavora quasi sempre in condizioni più disagiate dell'operaio. Non può contare su un reddito fisso: una grandinata gli può dimezzare i guadagni. Mentre, gli altri settori economici si sono adattati rapidamente alla meccanizzazione e all'automazione, il lavoro dei campi è tuttora in larga parte artigianale. In certi casi si è fermi al Medio Evo. Scarsità di scuola, semianalfabetismo, ignoranza dei sistemi moderni di coltura sono altre gravi piaghe. . Dovendo decidere come organizzare l'agricoltura nel Mec, i responsabili politici si sono trovati dieci anni fa di fronte a situazioni nazionali molto differenti: proprio i Paesi più arretrati, l'Italia e la Francia (ma soprattutto i francesi) insistevano perché si costruisse al più presto un mercato comune agricolo. I/olandese Mansholt — vice presidente della commissione del Mec. socialista e agricoltore lui stesso — ideò un'Europa relativamente protezionista (è protezionista in agricoltura anche l'America, come lo è l'Unione Sovietica), che aveva per traguardi 11 reddito garantito agli agricoltori e l'autosufficienza produttiva, li progetto poteva esser" realizzato dall'oggi al domani in Olanda e forse in Belgio, ma avrebbe chiesto preventive profonde riforme di strutture, o addirittura creazione di nuove strutture, in Francia e Itali?. Era previsto un periodo transitorio per adattare le agricolture nazionali alle esigenze europee, ina nei periodi transitori è tarile rinviare all'indomani, ed è difficile realizzare riforme se non ci sono precise direttive, se non si investono grossi capitali nella buona direzione, se non si affrontano sacrifici. Il Mercato Comune agricolo è quindi nato su basi fragili e insufficienti. Si è costruita una barriera protettiva attorno ai sei Paesi per tutelare i prodotti locali dalla concorrenza esterna, senza troppo preoccuparsi di controllare se i coltivatori avevano i mezzi per produrre razionalmente. Quelli che erano prezzi appena appena remunerativi in certe regioni, rappresentavano invece un buon guadagno altrove, e diventavano un incremento alla pio duzione. E' il caso del burro, di cui tanto si parla in questi giorni: il produttore italiano riesce a malapena a pagare le spese e a togliersi la fame se gli si paga il latte al prezzo comune europeo di HI lire al chilo. Ma alle stesse condizioni il francese e l'olandese hanno un margine rilevante di guadagno, che li induce a produrre sempre di più. Risultato: mentre dieci anni fa non avevamo abbastanza burro in Europa, oggi he abbiamo in abbondanza, decine di migliaia di tonnellate di troppo ogni anno, anzi. Per cercare di smaltirlo al di fuòri del mercato europeo, dove costa molto meno, il Mec, che ha garantito un prezzo minimo ai contadini, dovrà pagare la differenza. La stessa cosa succede per esempio con il grano: incita ti da un prezzo minimo garantito che per loro è redditizio, gli agricoltori trance si ne producono fortissime quantità, da superare le necessità dei sei Paesi. L'eccedenza deve essere venduta sul mercato mondiale: l'unico acquirente è la Cina che approfittando di qupsta situazione, dice di essere dispo¬ sta a comperare il grano soltanto a prezzi bassissimi. La differenza, anche in questo caso, viene presa dalle tasche dei consumatori europei. Quando si era creato il Mercato Comune agricolo si era pensato a inconvenienti del genere, ma non si prevedeva che raggiungessero tali proporzioni. Che fare? Per il grano il problema non è ancora giunto al punto di rottura, ma per il burro siamo in piena crisi. Nessun governo ha il coraggio di ritoccare i prezzi del latte, diminuendoli per restringere la produzione. Per l'Italia, poi, sarebbe dare una mazzata ai produttori, che già lavorano'al limite delle spese. Si parla adesso di stabilire dei limiti di produzione, di tassare la margarina e gli altri grassi per aumentare il consumo di burro e raccogliere fondi per sostenere gli agricoltori. Intanto ci si affanna a convincere i contadini ad allevare bestie da carne anziché bestie da latte. Ma prima o poi, in un modo o nell'altro, l'Europa agricola dovrà sopportare quelle riforme di struttura che, più il tempo passa, più sono difficili e costose. Interi settori di produzione — affermano gli esperti — dovranno qua e là essere abbandonati o riformati. Gli agricoltori dovranno specializzarsi, abbandonando il vecchio criterio dell'orticello dietro casa in cui si fa crescere di tutto un po'. Il mito dell'autarchia familiare e nazionale è definitivamente da abbandonare. Sandro Doglio