Una situazione destinata ad esplodere nella violenza di Ferdinando Vegas

Una situazione destinata ad esplodere nella violenza Una situazione destinata ad esplodere nella violenza Un'ondata di riprovazione e di indignazione ha percorso il mondo la settimana scorsa, quando il governo bianco della Rhodesia ha fatto impiccare tre negri, nonostante la grazia concessa dalla regina d'Inghilterra. Come risposta, i razzisti hanno rincarato la dose; mandando l'altro ieri sul patibolo ancora due negri: quasi a dimostrare perentoriamente che la protesta morale della coscienza umana li lascia del tutto indifferenti, più che mai decisi a continuare sul cammino della violenza. Su un centinaio di altri negri, anch'essi da tempo condannati a morte, incombe così la minaccia, di essere impiccati da un giorno all'altro, a discrezione dei carnefici bianchi. Data questa situazione di insieme, appare evidentemente'superato il problema di stabilire la precisa natura dei delitti per cui i negri sono stati condannati. In linea generale, come scrive The Times, per i rhodesiani bianchi essi erano dei terroristi; per l'Africa Nera, invece, dei combattenti per la libertà. Ma già nella qualifica di terroristi è implicito il riconoscimento che, per quanto odiosi, i delitti perpetrati dai negri avevano i sempre uno sfondo politico. Risulta infatti, da un'attenta ricostruzione degli avvenimenti compiuta dal Sunday Times, riguardo ai tre primi giustiziati, che due di essi erano colpevoli di aver assassinato un bianco, che viaggiava in auto per una strada solitaria di montagna; il terzo. aveva invece ucciso un negro, precisamente il suo capo tribù. La natura politica dei delitti appare innegabile, specie per il primo. Esso è stato compiuto da una banda di terroristi (fra i quali i due poi impiccati), composta di appartenenti al partito nazionalista negro Zanu (« Unione nazionale africana di Zimbabwe », il nome indigeno della Rhodesia), addestrati nella Tanzania e poi rientrati in Rhodesia. Il secondo delitto è scaturito dai contrasti tra l'autore e il capo tribù, sostenitore del governo bianco di Smith. In ultima analisi, dunque, il terrorismo dei negri è la reazione esasperata al regime razzistico dei bianchi, appoggiato dal « collaborazionismo » degli stessi capi tradizionali negri. Al di là dei singoli episodi e delle responsabilità specifiche dei terroristi, la colpa prima e fondamentale di quanto avviene in Rhodesia ricade quindi, globalmente, sulla minoranza bianca. Si tratta di circa 225 mila coloni, che costituiscono appena' il 5 per cento del totale della popolazione rhodesiana, ma pretendono di dominare totalmente su quasi quattro milioni e mezzo di negri. Questi ultimi, per cominciare, sono praticamente privi di diritti politici: inviano, sì, quindici deputati al Parlamento di Salisbury (i bianchi,, cinquar.'a', ma l'elettorato negro si riduce all'uno per cento, sicché vengono eletti solo quei capi che dipendono dai bianchi e sono al loro servizio. I partiti nazionalisti negri, lo Zanu già citato e lo Zapu ( « Unione delle popolazioni africane di Zimbabwe), più radicale e intransigente, sono al bando e i loro capi o in prigione o in esilio. Ridotti all'impotenza politica, i negri non possono impedire lo sfruttamento economico e la degradazio ne sociale. Il razzismo bianco, come sempre, si riduce in fondo alla copertura ideologica della rapina economica: sui 3911 mila chilo metri quadrati di superficie della Rhodesia, quasi la me- tfbntsznusnc«clmnpspzvdsecpi'pPnbidpqrdcdvffcss tà, naturalmente le terre più fertili, sono riservati ai bianchi. Ad essi appartengono pure le piantagioni di tè e di tabacco, che forniscono le maggiori esportazioni, mentre i negri, confinati nelle riserve, vivono di una grama agricoltura di sussistenza, a base di granoturco. Secondo una inchiesta dell'Onu, del I960, «la maggioranza degli africani riceve - un salario che li mantiene al di sotto del minimo vitale»: 120 sterline di reddito medio a testa per anno, di contro alle 1250 sterline del bianco. Ai negri inurbati, sempre per lavorare alle dipendenze dei bianchi, è poi riservato il trattamento sociale dell'apartheid, sul modello sud-africano: ima rigorosa ed umiliante segregazione, che le leggi votate dopo la proclamazione unilaterale di indipendenza (11 novembre '65) rendono sempre più impermeabile e vessatoria. Per mantenere in soggezione i negri e intimorire i rari bianchi di spirito liberale, il governo Smith ha fatto della Rhodesia un vero e proprio Stato di polizia, nel quale non è neppure tollerata l'opposizione politica degli stessi bianchi; sicché, citiamo ancora The Sunday Times, « il paese è sulla via di diventare uno Stato totalitario a partito unico». ffuttr'i cinquanta seggi bianchi al Parlamento, infatti, spettano al « Fronte »' rhOde1 siano, il partito di Smith. Si capisce, quindi, come i razzisti, forti di questa posizione all'interno, possano sfidare impunemente tanto la Gran Bretagna, che considera l'indipendenza della Rhodesia come una ribellione, quanto l'Onu, che pure ha votato sanzioni, prima facoltative e poi obbligatorie, contro il regime di Smith. Soprattutto per la defezione del Sud-Africa e del Portogallo (colonia di Mozambico), i due vicini razzisti della Rhodesia, le sanzioni hanno finora avuto un effetto trascurabile. Escluso il ricorso alla forza, Londra e l'Onu appaiono quindi impotenti a piegare il governo di Salisbury. Sul piano immediato i razzisti possono così vantare il successo;, a lungo termine, però, la situazione da essi creata, commenta The Òb- | server, « è destinata ad esplodere nella violenza, e sarà risolta, in definitiva, dalla forza ». Ferdinando Vegas Ru A Nairobi, nel Kenya, agenti affrontano i dimostranti contro l'impiccagione dei negri in Rhodesia (Tel. Ansa)

Persone citate: Salisbury