P.M. chiede sette anni per Sutto e dieci anni ciascuno ai due Gaino
P.M. chiede sette anni per Sutto e dieci anni ciascuno ai due Gaino IL CLAMOROSO DISSESTO DELLA BANCA DI ACQUI P.M. chiede sette anni per Sutto e dieci anni ciascuno ai due Gaino L'accusatore ritiene i tre imputati responsabili di bancarotta fraudolenta aggravata e continuata; concede a Giovanni Sutto le attenuanti e la minore partecipazione: propone, per tutti, il condono di due anni delle pene - Il difensore di Sutto invoca la piena assoluzione del suo cliente - Oggi parlano gli altri avvocati; sabato, forse, la sentenza (Dal nostro inviato speciale) Acqui, 7 marzo. « Chiedo che il Tribunale affermi la responsabilità degli imputati e condanni Alberto e Tommaso Gaino per il reato di bancarotta fraudolenta aggravata e continuata a dieci anni di reclusione ciascuno e Giovanni Sutto, concesse le attenuanti generiche e quelle della minima partecipazione, a sette anni di reclusione; a tutti sia concesso il condono di due anni ». Queste le conclusioni del p. m. Capozio al processo ripreso oggi ad Acqui contro i due ex titolari e l'ex procuratore legale della banca « Sutto e Gaino », travolta da un clamoroso « crack » nel gennaio 1962, il comm. Alberto Gaino di 74 anni, il figlio ing. Tommaso di 46 e il quarantatreenne Giovanni Sutto. Forse gli imputati pensavano che le richieste sarebbero state inferiori e per questo 10 sbigottimento li ha colti nell'ascoltare le proposte del P. M.: l'ing. Tommaso Gaino, nel corso dell'udienza, è stato colto da leggero malessere, tanto da dover abbandonare l'aula. L'udienza si è iniziata nel pomeriggio alle 16 con un'istanza dell'avv. Righini, difensore, che chiedeva l'acquisizione agli atti di alcuni documenti contabili della « Sutto e Gaino », custoditi presso l'archivio della « Cassa di Risparmio » di Torino, subentrata all'istituto di credito privato. L'istanza è stata accolta e, mentre il cancelliere dirigente, dott. Cenatìempo, si recava a prelevare i documenti, 11 Tribunale decideva di ascoltare il consulente contabile dei Gaino, il commercialista genovese dott. Fontana. Questi ha confermato la relazione presentata in forma critica alle conclusioni dei periti d'ufficio. Alcune affermazioni del perito, anche in riferimento ai documenti contabili chiesti dalla difesa (affermazioni che tendevano a dimostrare la regolarità di operazioni contestate come episodi di bancarotta fraudolenta) hanno provocato un intervento del P.M. P. M. — Mi oppongo a queste nuove affermazioni del consulente dott. Fontana perché fatte non in contraddittorio con i periti d'ufficio. Mi riservo di chiedere nuovamente la citazione del commissario liquidatore professor Cerri. Avv. Gabrì — Di fronte all'intervento del P.M. chiedo al Tribunale di citare l'impiegato della banca Guido Marenco, per chiarire i dubbi sorti sui documenti contabili in questione. Il Tribunale ha respinto l'istanza e, dichiarata chiusa l'istruttoria dibattimentale, il presidente Parigi ha dato la parola al P. M. Il P. M. ha fatto rilevare come non sussìstano dubbi sulle varie ipotesi di bancarotta fraudolenta contestate ai tre banchieri. P.M. — E' vero, gli imputati non hanno messo materialmente soldi in tasca, ma esiste distrazione anche quan- IHIIIllI lllllimilllllHIIIIIIIWIIIIIIIIIIIIimimillllllllllllllllllllllllllllllllllll IIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIIMIIIIIII lllllllllllllllll Alberto Gaino, il figlio ing. Tommaso e Giovanni Sutto all'uscita dal Tribunale do si dà a certe somme una destinazione diversa da quella che dovrebbero avere. Gli imputati hanno agito con dolo: hanno destinato ad altro scopo oltre mezzo miliardo che doveva servire di garanzia per i risparmiatori e vi sono prove evidenti dei falsi commessi nell'inviare i rendiconti trimestrali alla Banca d'Italia. Sottolineato ancora il dìsordine e le deficienze tecniche con cui è stata tenuta la contabilità della banca, il P. M. ha concluso affermando: «Se Alberto Gaino non avesse voluto partecipare alle operazioni del figlio, gli avrebbe revocato la procura; non avendolo fatto, è evidente che era d'accordo».. Subito dopo il P. M., ha preso, ia parola il primo difensore del Sutto, avV. Baidizzone. Sostenuto che non vi sono le prove della bancarotta per nessuno degli imputati, il difensore ha poi ribadito la tesi secondo cui Giovanni Sutto era suo socio, ma non amministratore, quindi non imputabile. L'avvocato ha chiesto l'assoluzione per non aver commesso il fatto; in subordine per insufficienza di prove sul dolo; in via del tutto subordinata che venga condannato al minimo della pena, considerato l'anno di carcere preventivo già scontato e i due anni del condono previsti. Il processo è stato quindi aggiornato a domani: parleranno gli avvocati Punzo, Fracchia, Righini e Gabri per i Gaino e Avonto per il Sutto. Sabato breve replica; quindi il Tribunale si ritirerà in camera di consiglio per la sentenza. Franco Marchiavo
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