Paul Claudel a cent'anni dalla nascita ritrova una larga, entusiasta fortuna

Paul Claudel a cent'anni dalla nascita ritrova una larga, entusiasta fortuna Anche i giovani lo considerano uno dei grandi poeti di Francia Paul Claudel a cent'anni dalla nascita ritrova una larga, entusiasta fortuna Parigi, marzo. Sulla soglia dell'adolescenza, gli italiani della nostra generazione scoprirono Paul Claudel, quando andavano ancora a scuola, nel Partage du Midi, pubblicato dalla Libreria della Voce nella traduzione di Piero Jahier. Avessimo avuto qualche anno di più, ce ne saremmo accorti anche prima, quando F. T. Marinetti pubblicava i suoi scritti nella rivista « Poesia », intorno al 1905. Bisogna dire che ne rimanemmo delusi: altre letture, molto più stimolanti di quelle dello scrittore cattolico, ci erano proposte a quell'epoca, da Rimbaud ad Apollinaire, da Lautréamont a Jarry, cosicché mettemmo da parte Claudel e, per almeno mezzo secolo, un'intera generazione smise di occuparsi di lui. Per quale mi¬ racolo la sua opera è risuscitata negli ultimi tempi, si è fatta amare dai giovani di oggi e di ieri, è considerata ora quella di uno dei maggiori poeti francesi moderni? Già dal 1948 Elsa Triolet, proprio a proposito del Partage du Midi, scriveva: «Questo dramma ha la bellezza delle stelle: e come hanno sempre l'aria splendida le parole dette nella notte! Questo dramma ha la bellezza d'uno specchio frantumato». Non meno entusiasta è, ormai, anche il giudizio di Aragon, che, pure, era stato uno dei firmatari e, forse, l'ispiratore del violento manZfZsto che i surrealisti avevano pubblicato contro Claudel nel 1925. Forse, la nostra generazione era stata respinta dall'uomo, bigotto, patriottardo, avido di onorificenze. Fu questa avversione che impe- dì di capire la ricchezza e l'originalità del suo stile, il più immaginoso della letteratura francése dopo Victor Hugo; di capire che, conservatore nell'ordine spirituale e morale, Claudel era un genio di rottura in quanto a estetica. La nostra generazione non se ne accorse; non tenne conto neppure del fatto che Paul Claudel era stato fra i primi a riconoscere, a diciotto anni, la grandezza di Arthur Rimbaud ed era stato sotto l'influenza di Les IIluminations che aveva scritto la sua prima poesia: « Pour la messe des hommes ». Non ne tenne conto perché Claudel, partendo da quella rivelazione, V aveva messa al servizio della leggenda abusiva della conversione religiosa del poeta. Oggi, Paul Claudel avrebbe cento anni: ci è arrivato vicino perché è morto dodici anni fa. In Francia, le celebrazioni del centenario hanno assunto un rilievo eccezionale, non soltanto per l'impulso ufficiale, ma anche per la spontanea partecipazione del pubblico. Ristampa delle opere in innumerevoli nuove edizioni, pubblicazione di saggi critici, messa in scena dei lavori drammatici nei teatri di Parigi e della provincia, una grande esposizione che ne illustra la vita alla Bibliothèque Nationale: non basta la volontà di André Malraux e il fatto che Claudel è sempre stato, con Charles Mauras, uno degli scrittori contemporanei preferiti dal generale De Gaulle, a spiegare tanti consensi. Ed è stupefacente constatare come lavori di faticosa comprensione, da Tète d'or o L'otage e L'annonce faite à Marie, incontrino il gusto delle platee popolari. Eppure, tutte queste rappresentazioni hanno avuto grandi successi. Il primo lavoro drammatico di Paul Claudel che vedemmo rappresentare fu Christophe Colomb, messo in scena a Parigi da JeanLouis Barrault nella primavera del 1953. Era uno spettacolo meraviglioso: chi vi ha assistito non potrà più dimenticare l'apparizione che vi fece Madeleine Renaud. vestita di luce, in un quadro che aveva il fascino d'un Velasquez. Veniva fatto, però, di pensare che il suo incanto dipendesse dalla magìa della messa in scena e il testo dell'autore fosse soltanto un pretesto. Ma non si realizza un grande spettacolo con un testo mediocre, privo di quel senso teatrale che Claudel, nonostante il linguaggio barocco, possedeva in sommo grado. «Questi studi scenici — scriveva nel dicembre 1912 ad André Gìde, mentre Lugné-Poe preparava la messinscena di L'annonce faite à Marie — lungi dal respingermi m'interessano invece estremamente. E' veramente appassionante lavorare un gesto, un insieme, un atteggiamento e vedere tutto ciò animarsi e prendere figura ». Le attuali celebrazioni lo confermano: tutto si ritrova e viene messo nel suo giusto valore nell'annata claudeliana. Anche quello che sembrava il bigottismo e il conservatorismo di Paul Claudel appare ora animato da una fede sincera, professata con coraggio: « Lasciatemi solo: non ho paura», disse nel momento della morte. Sandro Volta L'ultima fotografia di Paul Claudel a teatro (1955)

Luoghi citati: Francia, Parigi