II vecchio bagaglio dei partiti non convince l'elettore del Nord di Gigi Ghirotti

II vecchio bagaglio dei partiti non convince l'elettore del Nord LA PROSSIMA CAMPAGNA SARA' «SCOPPIETTANTE», MA DIVERSA II vecchio bagaglio dei partiti non convince l'elettore del Nord « Occorre interessare il pubblico alle cose possibili, senza romanticismi né utopie », dicono gli esperti del Club Turati di Milano - Con le parole d'ordine, debbono cambiare anche le tecniche della propaganda: la motorizzazione ostacola i comizi, la tv rende meno interessanti le « tournées » dei capi - Con dischi e film si cercherà di avvicinare il pubblico ai problemi dell'Italia di domani - Lo sforzo sarà imponente: i comunisti rovesceranno sul paese, in tre ondate, 7000 attivisti (Dai nostro inviato speciale) Milano, 4 marzo. Incudini e martelli, ruote dentate e falci, corone* scudi, stelle, bandiere, sole nascente, una foglia d'edera, le note di «Monte Grappa» e dell'«Internazionale»: dall'armadio elettorale saltano fuori simboli, motti, insegne, inni per tutte le piazze. Ma in piazza ci sono le artomobili. Chi s'arrischia più, in tempo di vigilia, ad urtare i nervi dell' automobilista? Un tempo sul palco alzato in mezzo alla piazza c'era il leader: nella sua espressione sofferta, quell'uomo in trance era, di per se stesso, uno spettacolo magnetizzante, tant'è vero che il povero leader veniva traslato da una piazza all'altra con i mezzi più veloci per ripetere lo spettacolo della propria immolazione. Le cose sono cambiate. Il « video » ha reso familiare, anche troppo, il leader. Lo ha, in qualche modo, bruciato, consumato, smagnetizzato. Ma poi, in piazza, a parte la questione del parcheggio, si rischiano figuracce; anche i compagni si sono motorizzati e sarà difficile persuaderli, stavolta, a imbarcarsi sui torpedoni che muovono dalla provincia alla città « per far numero n intorno all'oratore. E dunque, le grandi manovre della preparazione elettorale si articolano sugli strumenti della comunicazione di massa: dischi, discorsi registrati, film ideologici, satirici, documentari. I repubblicani hanno in cantiere il primo film di propedeutica politica della storia dello schermo. Si tratta di una pellicola che vuole insegnare agli italiani che cosa s'intende per politica perché, come dice La Malfa, gli italiani « abitano l'Italia come se vi fossero accampati » e perciò abbiamo un Parlamento che sfarfalla tra la legge delle Regioni e la legge per cambiare l'uniforme alla banda municipale di Bagheria. Una settimana fa, a Roma, ì partiti ci promettevano una campagna elettorale senza chiassate, « prevalentemente meditativa ». Adesso sì scopre che non sarà, dopotutto, un corso di esercizi spirituali. I funzionari del partito comunista, per esempio, sono pronti a lanciarsi tutti al primo squillo di battaglia sul teatro delle operazioni, armati di bobina e di altoparlante. Sono settemila, cifra tonda, e opereranno in tre tempi e in tre scaglioni: il primo per la grossa battaglia di primo urto, il secondo — ad ugola fresca — entrerà in campo appena i colleghi saranno sopraffatti dalla stanchezza. C'è poi il terzo gruppo, di pronto intervento, destinato a rintuzzare le iniziative dell'avversario e a studiare le « armi segrete » per il flnalone. Ci aspetteranno all'uscita delle fabbriche, delle scuole, dei caseggiati, degli uffici per mostrarci scene di Vietnam, alluvioni, terremoto, colpi di Stato, corruzione dei pubblici uffici. Settemila cavalieri dell' apocalisse sono tanti perché sì possa pensare ad una campagna silenziosa e tranquilla. « Sarà una battaglia scoppiettante », dicono a Milano. Il fatto è che la campagna elettorale, vista dagli uffici di Roma, è un armadio di simboli e di vecchie bandiere che si rovescia sui collegi e sulle circoscrizioni. A Milano c'è il destinatario di quest'operazione, l'elettore, o meglio il signor elettore, un tipo allergico al colpo di grancassa, smaliziato, bene informato, motorizzato, ben diverso dall'elettore di cinque o dieci anni fa. Per fare un esempio, un tempo si poteva parlare d'un proletariato socialcomunista padano. Adesso è diventato « socialconsumista »; ha perduto per strada le esuberanze e e intemperanze degli anni ruggenti, guarda ai fatti, rifiuta i sogni ad occhi aperti. Però, mi ditj Carlo Ripa di Meana, segretario generale del Clul Turati, « l'elettore socialista non ha rinunciato alle istanze egalitarie e al principio della giustizia distributiva ». Che linguaggio bisognerà parlare a quest'elettore? Da Roma era arrivato alClub Turati, per un consulto, un valigiotto di materiale propagandistico elaborato o in fase di studio. Da questo valigiotto gli esperti pubblicitari del Club Turati estraggono un portachiavi con il simbolo del psi e del psdi; alcune palline da ping pong colorate in rosso, decorate di falce e martello e di soli nascente; infine, un aggeggio curioso. Si trattava d'un giradischi a mano. Fu spiegato che l'idea era questa: il vecchio compagno riceveva in federazione questo aggettino in dono, lo portava a casa e lì, tra la festosa aspettazione di figli e di nipoti, azionando l'apposito congegno rotatorio con il dito indice, avrebbe cavato dal disco (in cartone) le note dell'Avariti popolo alla riscossa completato dall'appello « Unitevi a noi che ci siamo uniti! Votate socialista! ». Nella metropoli lombarda il Club Turati è un'istituzione moderna che si preoccupa di rinsanguare i vecchi partiti progressisti con idee dei nostri tempi e contributi di studio avanzati. L'idea del giradischi giacobino fu accolta con fredda stupefazione. Chi può pensare di far breccia a Milano con questo frullino? Il Club Turati consigliò di lasciarlo perdere, e anche di lasciar perdere, abbandonandolo al psiup. Che Guevara. Meno, rivoluzione e più riformismo. « Dobbiamo interessare l'opinione pubblica alle cose possibili, senza romanticismi e senza utopie. Dobbiamo essere freddi nel considerare le prospettive di questa campagna elettorale. Il vecchio elettorato proletario è quasi inservibile, dobbiamo rivolgerci alle classi emergenti. Il partito socialista ha sempre guardato all'avvenire, non può mettersi adesso a fare della preistoria! ». L'accento milanese sulla propaganda socialista cadrà dunque sul tema dell'Italia di domani. Niente palline da ping pong, ma, invece, filmine, manifesti e volantini in cui s'illustra l'apporto di novità che i socialisti hanno dato in questa legislatura: legge ospedaliera, programma economico, proposta di legge Fortuna sul divorzio. « Presenteremo un partito in progress, cioè aperto, nel quale ciascuno ha la possibilità di contare più che in altri partiti dove le posizioni di forza sono già prese e consolidate ». Un partito sossopra, però interessante proprio per questo; in un'Italia che per metà è da fare e per metà da rifare, i socialisti rattoppano le vecchie bandiere ma scoprono che anche le altre sono slavate e sdruscite. I tempi cambiano, incalza una gioventù che non ha voglia di lasciarsi intronare le orecchie dai tribuni. Vuol sapere quale posto le si prepara nel mondo di domani. La risposta non può venire dal giradischi azionato a mano dal nonno giacobino. Gigi Ghirotti *

Persone citate: Carlo Ripa, Guevara, La Malfa