Confidenze a cuore aperto di Aznavour il giovane «imperatore della canzone» di Clara Grifoni

Confidenze a cuore aperto di Aznavour il giovane «imperatore della canzone» Confidenze a cuore aperto di Aznavour il giovane «imperatore della canzone» Gli rimproverano di vivere come un sultano, con guardie del corpo, domestici marocchini, una corte di fedeli «Volevo il mondo, amo soprattutto il potere, me li sono conquistati con quindici anni di fatiche disperate» - Figlio di profughi armeni, in molte delle sue settecento canzoni ricorda l'infanzia difficile, le tristezze della povera gente (Nostro servizio particolare! Parigi, marzo. Lo chiamano il piccolo Napoleone e anche lui ha una corte, uno stato maggiore, una guardia del corpo. Anche lui è adorato, detestato, incensato. Gli manca il profilo imperioso del Còrso e lo sguardo d'aquila; ma la sua faccia scavata, i suoi occhi pesti e malinconici da pierrot, contengono la stessa carica d'ambizione. Con quell'ambizione, talmente forsennata da apparire patetica, se Charles Aznavour non fosse divenuto Aznavour, avrebbe potuto diventare ^ Boussac, Dior, Pompidou o" Barnum. « Quello che amo di più — mi dice '— non è il denaro, come si crede, è il potere. Per acchiapparlo ho mangiato la vache enragée e preso il diavolo per la coda. Quin dici anni di fatiche e di stenti; ma la fame più angosciosa era quella del successo. Chi non ha questa fame, non arriva a nulla. J'ai réussi, non? Ho riempito le sale di sessantacinque paesi, perché la Francia non mi bastava e volevo il mondo Ora sono una vedette internazionale, ho i contratti che voglio ». Sono ora le ventidue e ci troviamo in un camerino del¬ l'Olympia, il maggior musichall di Parigi, che ha una buia « entrata degli artisti », rue Caumartin. Un intenso odor di muffa e cerone stagna nelle coulisses, dove passano giganteschi negri sbucaii da spogliatoi non più grandi di cabine telefoniche. Soltanto il piccolo imperatore della canzone ha due stanzette tutte per sé, ma così ingombre di mobili e « cortigiani » che ci si muove appena. Su un lcttuccio è' allungato il diciottenne Patrick, uno dei due figli di Aznavour (la maggiore, Patricia, ha ventitré anni) Presso la porta, a sbarrarne l'accesso, i « gorilla » del cantante, che sta seguendo con attenzione critica su un teleschermo i numeri del « primo tempo », in corso sul palcoscenico, e sottolinea ironicamente le pàpere d'una canterina straniera dai lunghi capelli, che urla volante, invece di volupté, dentro il microfono. A un tratto, cancellandola con un gesto della mano: « Chiudi — ordina al segretario Eddie — Ca m'é nèrve » ed è pronto a dare alla giornalista quel po' di pastura che le occorre. Indossa una camicia rosa, il vestito, le calze e le scarpe nere, come sempre. Parla con lentezza e precisione dell'argomento che più l'appassiona, la sua carriera favolosa malgré tout. E' un narratore instancabile delle disgraziate vicende che per lui si volsero in fortune. Aznavour dovette a uno dei tanti massacri di armeni da parte dei turchi (1923) e alla conse guente fuga del signor Michogon e della signora Knar Aznavourian, cantanti lirici, il vantaggio di nascere a Parigi. E poi dovette a una corda vocale atrofizzata, che lo costringeva al silenzio, mentre i genitori e la sorella Aida cantavano per i clienti armeni d'un ristorante aperto dalla famiglia in rue de la Hachette, i toni rauchi, incrinati e carezzevoli d'una voce « unica », che avrebbe preso alla gola gli spettatori. La scarsità degli studi, limitati alle elementari, gli tornò utile, perché lo costrinse a cercar nel suo cuore le parole delle canzoni di cui inventa i motivi al pianoforte — ne ha scritte settecento — e che raccontano sempre storie qualunque; a volte traboccanti di sensualità « Vtens....' Donnes tes seize ans » (e da vietare ai minori di sedici anni), ma più spes¬ so ispirate alla realtà quotidiana, infanzie povere, amori delusi, ménages. con donne in ciabatte e mariti imprecanti « Tu t'iaisses alter » sono le storie di tutti, che trovano in Aznavour il loro filosofo o il loro vate (le sue canzoni, raccolte in volume, figurano nella collana « Poeti d'oggi », tra Rimbaud e Latitréamont). « C'è chi trova sospetta la mia poesia perché rende — dice il piccolo Charles —. Mi rinfacciano di vivere in un castello anziché in una mansarde, di possedere sette automobili, di farmi servire da domestici marocchini, come un sultano. Non capiscono che ciò serve a vendicarmi della miseria, a forzare un successo che mi ha resistito per tanto tempo: e io non sopporto che mi si resista Enfin, arrampicarsi sulla vetta è meno difficile che rima nervi. Se io ci resto è per che oltre a essere un chan teur de charme sono un poe ta e so come trattare tutte le pene della terra ». Un poeta, sì. ma alla maniera d'oggi, cioè provvisto d'un solido senso commerciale. All'Olympia, ogni sera, Aznavour tiene la scena da solo per tutto il secondo tem¬ po (un'ora e quarantacinque minuti), ma non concede mai bis. E qualcuno ha detto di lui che è come le società diamantifere, che immettono sul mercato non più d'un certo quantitativo di materia prima, per tenere alti i prezzi. La bella voce dolente di Aznavour è la materia prima di un'organizzazione aznavouriana che abbraccia quattro imprese (la prima stampa le canzoni, la seconda le incide, le altre due organizzano spettacoli in Francia e all'estero, lanciando giovani « promesse » della musica leggera) ed ha un giro d'affari assai vicino a quattro miliardi di lire all'anno. Contento, signor Aznavour? Oltretutto, a quarantaquattro anni e dopo due matrimoni falliti, il cantante sta scoprendo la felicità domestica con la terza moglie Ulla Thorsel, di Malmoe. Finito lo spettacolo e prima che gli applausi si spengano in platea, Aznavour lascia il teatro, sale sulla Rolls e si precipita verso Monfort l'A maury. a 40 chilometri da Parigi. Nella fastosa tenuta di Galluis. dove non manca nemmeno la piscina riscaldata, Ulla attende il marito. Clara Grifoni

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