Il socialismo cecoslovacco fa i conti con il profitto di Massimo Conti

Il socialismo cecoslovacco fa i conti con il profitto PRAGA HA SCOPERTO L'ECONOMIA DI MERCATO Il socialismo cecoslovacco fa i conti con il profitto Da un anno le imprese possono utilizzare un terzo degli utili per un più equo rapporto tra salari e produttività - Le conseguenze sono state sconvolgenti - L'elaboratore della riforma, prof. Komenda, riconosce i gravi squilibri provocati dall'esperimento - Il Paese si trova alle soglie dell'inflazione (i prezzi sono aumentati del 29%); ma il reddito nazionale è cresciuto DAL NOSTRO INVIATO Praga, febbraio. Per uscire dalla crisi economica un anno fa la Cecoslovacchia avviò una riforma che in tutto il mondo socialista fu giudicata assai audace: Il nocciolo della riforma era costituito da al cune responsabilità conferite alle aziende abituate, fino a quel momento, a dare e a ricevere tutto dallo Stato. ! Fra i diritti riconosciuti al le imprese v'era quella di trattenere a proprio vantaggio un terzo del « profitto », nuova categoria economica mutuata dal metodo capitalistico. Con quei mezzi a disposizione le imprese avrebbero potuto stabilire, fra le altre cose, un più equo rapporto fra salari e produttività; e tentare così di scuotere l'apatia delle masse operaie livellate dal piano Nuovi criteri di « gestione economica» avrebbero dovuto regolare l rapporti fra le industrie e quelli fra produttori e pianificatori. Non bastava più sfornare smisurate quantità dì merci per documentare l'efficienza dell'impresa: sarebbe stato necessario, dat quel momento, offrire al mercato beni di sicura utilità. Gli effetti della riforma, a un anno di distanza, appaiono sconvolgenti. La situazione, per certi aspetti, è migliorata ma il prezzo dell'esperimento è stato un incontrollabile disordine in tutti i settori. Compresse per un ventennio, le forze dell'economia hanno preso a liberarsi in maniera quasi caotica scavalcando e travolgendo calcoli e previsioni, minacciando le stesse strutture del sistema. I profitti delle aziende, in gran parte illeciti, hanno impresso una spinta ai salari che, per le angustie del mercato, hanno provocato a loro volta un aumento vertiginoso dei prezzi. Nello spazio di un anno il livello medio dei prezzi è salito del 29 per cento: per la prima volta un paese socialista si è ritrovato sotto l'incubo dell'inflazione. Queste prime, maldestre esperienze della Cecoslovacchia con gli strumenti dell'economia capitalistica anticipano gli sviluppi degli, altri Paesi, che sì stanno'avviando 'sulla stèssa strada, prima fra tutti l'Unione Sovietica. Quelle che il prof. Liberman, quando lo intervistai in Russia, mi indicò come pure ipotesi sugli esperimenti di «liberalizzazione» rappresentano già, in Cecoslovacchia, dati acquisiti: me ne ha parlato con molta autorità il prof. Komenda, l'economista ceco che assieme col prof. Ota Sik, ha elaborato la riforma in corso. Il prof. Komenda è stato esplicito nell'ammettere gli imprevisti e le difficoltà incontrati, in questo primo anno, dalla riforma economica. « Tanto per cominciare — mi spiega il prof. Komenda — i capi delle imprese hanno dimostrato scarso interesse per la produzione di beni poco redditizi. Quindi hanno cercato, e ci sono riusciti, di far salire i prezzi delle loro merci acutizzando cosi le difficoltà nel settore delle forniture. Infine si è assistito alla formazione di veri e propri monopoli che sarà possibile combattere con una sola arma: l'apertura dei nostri mercati ai prodotti stranieri » (occidentali, con tutta evidenza). Questi fenomeni sono quasi naturali in un'economìa libera, e non mancano, dai noi. i mezzi per controllarli. Ma in un paese socialista essi diventano motivo di panico: mancano gli strumenti per osservarli nei loro sviluppi, ed anche per neutralizzarli. Essi ripropongono poi problemi di metodo che sembravano ormai superati. Preoccupante appare la corsa al profitto da parte delle imprese cecoslovacche. «Il nuovo sistema del profitto — mi conferma il prof. Komenda — ha dato finora risultati molto lontani dalle nostre previsioni. Sono numerose le aziende che hanno truffato lo Stato sottraendo miliardi al bilancio ». L'imbroglio, di proporzioni nazionali, risulta dalla differenza fra il profitto reale e quello denunciato allo Stato. Come in Russia, il nuovo metodo di gestione economica 'delle aziende ha messa' in moto complessi meccanismi, costringendo il governo a modificare il sistema dei prezzi. Sono state così stabilite tre categorie di prezzi — fissi, elastici e liberi — suddivisi in 24.000 gruppi. Il gruppo più consistente è dato dai prezzi elastici: « E la tendenza, ora, è quella di potenziare la categoria dei prezzi variabili affinché le imprese abbiano un margine di autonomia corrispondente ai disegni dei riformatori. Ma il problema dei prezzi (che coinvolge 1 principi del "valore", già definiti dal marxismo classico) appare terribilmente complesso anche agli economisti cechi. In questo primo anno di esperimenti si sono avuti contraccolpi e sperequazioni. Alcune imprese, per esempio, si sono arricchite di colpo, altre sono diventate povere...». Anche qui appare difficile conciliare le leggi del mercato con i princìpi dell'economia pianificata. Però il prof. Komenda, al pari dei suoi colleghi, resta fiducioso. I risultati della riforma gli paiono, in genere, positivi: «Si è avuto, lo scorso anno, un aumento del reddito nazionale nella misura del 10 per cento, la produttività è in rialzo, migliora il livello dei salari ». Le prime difficoltà non devono scoraggiare le riforme, né tanto meno consigliare ritorni al rigido sistema centralizzato, come vorrebbero certuni. « Alle nostre imprese, nonostante tutto, verrà garantito in avvenire un maggiore grado di indipendenza. Sarà loro prerogativa stipulare contratti diretti con le altre aziende (anche con ditte straniere) e rinunciare anche alla tutela delle cosiddette "direzioni generali", organismi amministrativi che sono sottentrati ora, con funzioni di controllo, ai ministeri e all'ufficio per il piano ». Ma è chiaro, anche per il prof. Komenda, che « il nuovo metodo di gestione presuppone riforme nel sistema di amministrazione e di governo ». Bisogna razionalizzare le strutture, eliminare gente... ». Il sistema socialista, naturalmente non si discute. Precisa l'economista: « Il dibattito non tocca il piano, ma il modo di pianificare ». Egli mostra di credere nella pianificazione ottimale, ed anche nella possibilità di conciliare i due termini dell'antitesi, piano e mercato. Come Liberman evita, quindi, l'analisi del concetto di mercato che è — in fondo — un sistema per l'elaborazione delle scelte economiche, uno strumento per la distribuzione del potere. Per i protagonisti della riforma l'impegno ora è il «socialismo di mercato »: la sua applicazione graduale mira alla ricerca del punto d'equilibrio fra ì due metodi. Ma la gradualità, per altri economisti, è fonte di disordi¬ ne oltre che di imprevisti«Come se per risolvere 1 problemi del traffico cittadino — è stato detto — si stabilisse la guida a destra per il 90 per cento delle automobili, e la guida a sinistra per il rimanente 10 per cento dei veicoli. La fine dell'esperimento è prevedibile11 caos ». Massimo Conti

Persone citate: Liberman

Luoghi citati: Cecoslovacchia, Praga, Russia, Unione Sovietica