Finite in sordina « Le mie prigioni »

Finite in sordina « Le mie prigioni » — , . NACA TELEVISIVA Finite in sordina « Le mie prigioni » Si è trattato in complesso di una dignitosa realizzazione - Sconvolti i programmi di stasera per un «incontro» con il prof. Barnard sul Primo Canale Ieri sera è calato il sipario j sulle Mie prigioni con una puntata un po' in tono minore rispetto alle precedenti. Almeno nell'ultima parte. Le immagini iniziali della liberazione dallo Spielberg, il commiato da Maroncelli, il viaggio di ritorno in Italia insieme all'attuario Cardani, l'arrivo nella notte al posto di frontiera a Boffalora erano ancor vigorose e ricche dì suggestione; ma con le prime inquadrature di Torino e l'incontro dello scrittore con il suo mondo d'un tempo, le sorelle Marchionnì, Brofferio ecc. il racconto si arrestava: il rimanente essendo piuttosto un lungo sermone che uno spettacolo, un'appendice fatta dì due interminabili colloqui su temi di morale con il Salvotti e l'abate Giordano e condotta con abilità, ma non necessaria. Questo finale parecchio diluito, non ha tuttavia compromesso in profondo il lavoro esemplare che Bolchi (con gli autori del testo Campana, Guardamagna e Mandarà) ha realizzato e nel quale la condanna della sopraffazione dell'uomo da parte di altri uomini era netta e condotta con toni agghiaccianti senza inutilità o divagazioni di sorta. Da notare, tra l'altro, gli esigui riferimenti del regista ad altre violenze compiute in tempi recenti ed alle quali ha certamente pensato: bastandogli per ricordarle, un gesto, un particolare, o, soltanto, una voce. Un doveroso cenno per gli attori, soprattutto per Grassiili e Carraro. Il primo è stato un Pellico tutto interiore, calibratìssimo e talmente identificato nel suo personaggio da sembrare, nelle scene dello Spielberg, una presenza evanescente, senza più peso corporeo. Carraro ha costruito con grande maestria la figura dell'attuario rilevandone con sicuro istinto ma anche con studio preciso la natura canagliesca ed il fondo di bonomia, la rozza virulenza e la naturale pietà che insieme ad altri minori sono i segni di un ruolo pieno di sfaccettature ed anche di insidie. •¥- * Programmi sconvolti stasera alla tv per l'arrivo a Roma del prof. Christian Barnard, il chirurgo che ha. eseguito i trapianti del cuore. Il Primo Canale gli dedicherà alle 21 un « Incontro » al quale parteciperà un gruppo di chirurghi e clinici italiani. Seguirà « Sprint », il settimanale sportivo che avrebbe dovuto aprire le trasmissioni del Secondo Canale. * ★ Il film della serie western, già in programma sul Primo Canale, è stato spostato sul Secondo alle ore 21,15 (e di conseguenza è stato soppresso il concerto sinfonico previsto per le 22). Il film è il quinto del ciclo: s'intitola L'avamposto degli uomini perduti e l'ha diretto nel 1951 Gordon Douglas, un regista hollywoodiano di vecchio mestiere che si è cimentato in un po' tutti i generi, dal comico con Stan e Oliver, ai gialli, alla fantascienza sempre con l'occhio al risultato commerciale dei suoi prodotti alquanto rispettosi delle preferenze del grosso pubblico. Tullio Kezich, che ha cu¬ rato per intero questo ciclo cinematografico, presenta come un « western militare » la pellicola di oggi che, forse, solo vista sotto simile luce può trovare posto in una rassegna di qualche impegno. Nel film, infatti, ha una gran parte il racconto del doppio assalto degli Apaches ad un leggendario Forte In¬ vincibile: vi si è voluto vedere, anche per la coincidenza del periodo di produzione con la guerra di Corea, una specie di inno allo spirito marziale americano. Protagonista assoluto Gregory Peck, nei panni dì un capitano coraggioso quanto idealista le cui virtù a lungo misconosciute trionfano. m. a.

Luoghi citati: Corea, Italia, Roma, Torino