Che delusione i vecchi film!

Che delusione i vecchi film! Mi cinema nei libri e atta tv Che delusione i vecchi film! Niente passa più presto e più facilmente di un film;.e nondimeno repertori ragionati di Tccchi film o, se si preferisce, Storie del cinema, si continuano a stampare a getto contìnuo. Ecco, fra le ultime, quella di René Jeanne e Charles Ford che l'editore Dall'Oglio ci offre tradotta, e corredata di ben 700 immagini, In tre maneggevoli volumetti di agevole consultazione. La simmetria è perfetta, sono tre arcate della stessa mitura; e sotto la prima si contempla il cinema muto, sotto la seconda il cinema sonoro, sotto la terza il cinema contemporaneo. Da quel Joseph Plateau (1801-1883), che con le ricerche sulla persistenza delle impressioni retiniche apri la via alle tecniche di animarione delle figure, agli sperimentalisti di oggi, mareggia tutto il cinema; mentre indici d'ogni maniera consentono di fare scandagli immediati. Ma sotto l'apparenza scientifica, che cos'è veramente questa Storia, anzi ogni Storia del cinema? Un viaggio sentimentale a ritroso nel tempo; e non importa, per sincerarsene, aver avuto la fortuna (per modo di dire) di nascere col cinema o giù di lì: bastano pochi anni di esperienza cinematografica perché nasca la commozione' memoriale; senza dire che le testimonianze dei nonni e dei babbi (chi li abbia in casa) fanno sì che anche i più giovani si sentano e siano cinematograficamente anziani. Sembra che si tratti di Meliès e di Griffith, di Chaplin, Valentino, Antonioni e via dicendo: ma in effetto de te fabula narratur. Il cinema ricanta, ratifica il reale e i film tono come le fogge che vestimmo, le canzoni.che andarono di moda, le notizie di cronaca che ci appassionarono; s'investono del ricordo dei nostri amori, viaggi, accadimenti familiari. Con la differenza che dove tutte queste cose scorrono come l'acqua (chi si ricorda dei propri guardaroba?), e la vita scancella la vita, la natura gelatinosa del film importa uno straordinario potere di applicazione, e pochi sono i film che, almeno per qualche particolare, non rimangano indelebili nella memoria, che pur non se ne fa niente. L'historia è dunque una lustra; contano, nude e crude, le res gestae. Leggere una storia del cinema senza interessi specifici, è un rifare, un rivivere; operazione molto simile a quella di contemplare vecchi ritratti di famiglia. Sappiamo bene che questa conversione al sentimentale delle cose cinematografiche (il cinema inteso come autobiografia di tutti), è gravemente offensiva per l'estetica cinematografica, che riguarda la materia sotto specie eterna. Ma occorre davvero dimostrare la caducità artistica del film? Salve le debite eccezioni, i famosi « dieci film da salvare » (ma è poi carità non andare a verificare troppo da vicino), ognuno di noi ne fa esperienza d'estate (al tempo delle « riprese >) e oramai in tutte le stagioni grazie a sorella televisione, che volendo in buona fede far la vestale dei sacri fuochi dell'arte cinematografica, in effetto spegne e massacra sotto i nostri occhi il vecchio cinema. Delle comiche di Charlot ridono soltanto i coevi; nei nipotini è gelo- E lasciamo stare, per carità di noi stessi che ce ne deliziammo, i film di Fred Astaire, di un divertimento così ingenuo, archeologico e spento; o, per più forti ragioni, la buon'anima di Power. Ma si prenda la < serie > di un regista ancora in piedi e addentellato ai moderni, Billy Wilder (< serie » così discretamente presentata da Fernaldo Di Giammatteo), e la si prenda nei « pezzi > migliori. Giorni perduti ha mol¬ to della lagna, e stramazza nel finale come un bove al macello. Il protagonista alcoolizzato, all'acme della malattia, uscito testé da una prigione di alcoolizzati, spegne la cicca nel bicchiere di whisky e, salvo errore, col cappello ancora in capo, attacca a scrivere il romanzo tantalico verso cui s'era proteso per tutto il film come a un simbolo di guarigione. Gli è che è scoccata l'ora del € lieto fine» hollywoodiano; ma raramente scoccò più balordamente: già il nostro scrittore pensa alla distribuzione delle copie, ha dimenticato la zozza, è tutto in solluchero d'autore. Il viale del tramonto, che così riesumato ha fatto dire gran cose a critici occasionali, quando uscì parve davvero un capolavoro e mandò nel pallone critici solitamente avari di lodi. Il famoso processo a Hollywood 1 Ora chi ha rivisto il film con gli occhi scarichi ha potuto constatare i guasti operati dal tempo in quel « processo > e proprio nei due personaggi esemplificativi della vecchia diva e del regista-marito-maggiordomo, due fantocci spinti a un raro punto di grottesca estrinsecazione. La Swanson assassina che scende la scala con movenze di vampiro, sotto.lo sguardo di Von Stroheim che fa greppo: ecco uno dei più squisiti esempi di mèlo cinematografico. Se mai quel film (di cui non si vuole contestare l'importanza, parliamo qui in assoluto) risulta meno danneggiato nel personaggio, tanto più razionale e discreto, di William Holden, che è poi il solo dei tre che reciti davvero. Accade che la polvere si posi dove meno si pensa, e viceversa. Divina sì la Garbo di Margherita Gauthier, ma, a rivederla oggi, appunto « divina » e basta. Molto meno devastato di lei, perché meno esposto, quel Ro¬ bert Taylor che, a cagione della sua bellezza, non fu mai ritenuto un vero attore. E il cinema d'oggi, così acuto e armato, così avverso agli schemi tradizionali, così lunatico e avvenirista? Lasciate fare al Tempo, che, come dicevano gli antichi di Dio, è un santo vecchio; e vedrete. La nostra conclusione non vuol essere pessimistica. Nel cinema, muor Giove, muore l'inno del poeta; eppure qualcosa arcanamente resta e si annoda nella memoria. Resta il cinema come cosa del giorno, ma cosa viva. Resta che il cinema è più forte dei suoi disinganni. Leo Pestelli

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