La straordinaria vita avventurosa della (probabile) figlia di Rimbaud

La straordinaria vita avventurosa della (probabile) figlia di Rimbaud MORI' NEL SAHARA A 27 ANNI, AGENTE SEGRETA DEL MARESCIALLO LYAUTEY La straordinaria vita avventurosa della (probabile) figlia di Rimbaud Isabelle Eberhardt era figlia di Arthur Rimbaud? Qualcuno lo aveva già supposto, senza tuttavia portare neppure il più piccolo inizio di prova a sostegno dell'affascinante assunto. Tutti gli indìzi, che, presi separatamente, volevano dire poco o nulla, sono stati ora riuniti, con l'aggiunta di nuovi elementi che erano rimasti nell'ombra, da Francoise d'Eaubonne in un volume pubblicato nei giorni scorsi dall'editore Flammarion: La couronne de sable. Non si può certo affermare che l'autrice sia riuscita a dimostrare la paternità del poeta; però le coincidenze sono tante e così collegate luna con l'altra che l'ipotesi appare ormai tutt'altro che improbabile. In ogni caso, l'opera della D'Eaubonne, che ha per sottotitolo Vie d'Isabelle Eberhardt, ci dà una biografia così appassionante di questa donna eccezionale che, ad ogni pagina, non si può fare a meno di ricordare gli ultimi drammatici anni dell'esistenza di Rimbaud sul Mar Rosso. Scrittrice, avventuriera, attratta irresistibilmente dall'Africa per sottrarsi agli insopportabili costumi dell'Europa « aux anciens parapets », vissuta sempre nella più sfrenata libertà e senza tenere in nessun conto la morale corrente. Isabelle non aveva certo il genio del pre- sunto genitore, ma il loro destino presenta sorprendenti parallelismi. Quando, a ventisette anni, morì travolta dall'improvvisa piena d'un torrente sahariano, le parole che il generale Lyautey pronunziò sulla sua tomba: « Era ciò che mi attira di più al mondo: una refrattaria », avrebbero potuto essere anche l'elogio funebre del poeta. La madre di Isabelle, moglie di un nobile russo, generale alla corte dello Zar, era fuggita in occidente con un pope spretato, il nihilista armeno Alessandro Trophimowsky, portandosi dietro i suoi quattro figli, e si era stabilita in una villa nei dintorni di Ginevra. Fu qui che, nel febbraio 1877, nacque la ragazza, che l'ex pope non riconobbe mai come propria figlia e non aveva ragione di farlo, perché in quel periodo aveva intrapreso un lungo viaggio in Russia. Le fu dato il nome di Isabelle, come la sorella prediletta di Arthur Rimbaud. Risulta, d'altronde, che nel maggio 1876 il poeta si trovava sulle sponde del Lemano, dopo un soggiorno a Milano, dove, secondo la testimonianza di Verlaine, aveva incontrato « una vedova molto civile ». Verlaine confuse, forse, come spesso gli accadeva, fra la vedova milanese e quella di Ginevra, oppure Rimbaud ebbe due avventure femminili a poca distanza una dall'altra? Non lo sapremo mai con certezza. Colpisce, però, la straordinaria somiglianza col poeta in una fotografia dì Isabelle diciottenne travestita da beduino: più che una somiglianza vi si riscontra addirittura l'identità col ritratto di Rimbaud adolescente, pubblicato sulla copertina delle opere nell'edizione della Plèiade. Non meno somigliante è un'altra fotografia di Isabelle in costume di marinaretto. Fino dalla nascita, infatti, obbedendo ad una delle tante stravaganze di Trophimowsky, la ragazza si era sempre travestita da uomo. Continuò a farlo anche quando, travolta la famiglia dai dissesti finanziari, i suicidi e ogni sorta di guai. Isabelle Eberhardt cercò la libertà nei deserti dell'Africa settentrionale. Diventò allora musulmana e cambiò nome: prese quello maschile di Si Mahmoud. Era, più che altro, un modo per facilitare la soddisfazione di tendenze erotiche che, tenuto conto della differenza dei sessi, corrispondono a quelle di Rimbaud e, come Rimbaud, anche Isabelle vi si abbandonò con una sfrenatezza da far pensare alla volontà di autodistruzione. Non si può nemmeno tentare di riassumere l'esistenza africana di Si Mahmoud, sregolata, miserabile e allo stesso tempo sublime: è un racconto che costituisce la parte più attraente del libro di Francoise d'Eaubonne. Non si può però dimenticare che Isabelle era una scrittrice: una scrittrice fallita perché, priva di ogni educazione letteraria, i suoi modelli erano autori di secondo ordine, del tipo di Jean Richepin. Eppure, nella sua prosa sciatta ed enfatica, si insinuano sorpren¬ denti risonanze rimbaudiane. Esiste il manoscritto di un poema in prosa di Isabelle Eberhardt, scritto di getto a lapis su qualche foglietto gualcito e non destinato alla pubblicazione, che sembra la parafrasi di « Le bateau ivre ». La cosa più straordinaria è che si può senz'altro escludere che Isabelle conoscesse l'opera del poeta, d'altronde pressoché ignoto a quel tempo. Come R'-^haud morì a trentasette anni, quando pareva che avesse trovato a Horror l'inizio di una nuova esistenza pacificata. Isabelle morì a ventisette, dì ritorno da un'importante missione che Lyautey le aveva affidato presso uno sceicco marocchino: era diventata, infatti, la persona di fiducia del generale e la nuova situazione sembrava averla sottratta dall'abisso in cui si era sempre dibàttuta. Sandro Volta Isabella a diciott'anni, vestita da beduino: impressionante la somiglianza con il - poeta adolescente

Luoghi citati: Africa, Europa, Ginevra, Milano, Russia