Londra approva il blocco all'immigrazione di colore

Londra approva il blocco all'immigrazione di colore Dopo una combattuta seduta ai Comuni Londra approva il blocco all'immigrazione di colore La legge passa con 372 voti contro 62; la percentuale delle astensioni è altissima - Trentacinque laburisti hanno votato a sfavore ribellandosi al governo - Domani il dibattito alla Camera dei Lords Il provvedimento reso necessario dall'improvviso afflusso di asiatici (con passaporto britannico) dal Kenya (Nostro servizio particolare) Londra, 27 febbraio. La Camera dei Comuni ha approvato questa sera con 372 voti contro 62 la legge presentata dal ministro dell'Interno Callaghan, con procedura d'urgenza, allo scopo di frenare e controllare l'afflusso di immigranti in Gran Bretagna. Il numero delle astensióni è stato altissimo. Trentacinque laburisti hanno votato contro ribellandosi al governo (contrari anche 15 conservatori, 10 liberali e 2 nazionalisti). Il blocco all'immigrazione è un problema drammatico che non solo chiama in causa i princìpi del Commonwealth, ma scuote le basi del Diritto inglese. Un episodio remoto e quasi di» menticato, ha reso in questi giorni urgente la decisione, definita dallo stesso Callaghan « una delle più angosciose del nostro tempo ». Si tratta di questo. Nel 1963 la Gran Bretagna concesse l'indipendenza alla colonia africana del Kenya. Nel nuovo paese viveva una minoranza di circa centomila asiatici, soprattutto pakistani e indiani, i quali chiesero ed ottennero dal governo di Londra (allora retto dai conservatori) di mantenere la cittadinanza inglese. La promessa era politicamente conveniente, nulla faceva prevedere che un giorno dovesse esser mantenuta in quanto gli asiatici — per lo più mercanti, o comunque specializzati — costituivano l'ossatura dell'economia del nuovo Stato. Ma di recente il leader del Kenya, Yomo Kenyatta ha avviato una politica accesamente nazionalistica, discriminatrice nei confronti degli asiatici tale da rendere sempre più problematica la loro permanenza nel paese. Cosicché essi hanno iniziato l'esodo verso la Gran Bretagna, forti del loro passaporto e della vecchia promessa. L'Inghilterra, secondo i calcoli degli esperti, non può assorbire più di 50 mila immigranti all'anno, senza dure scosse alla sua economia sociale, e senza che si creino gravi situazioni di attrito razziale. Questa quota è già ampiamente raggiunta con gli arrivi regolari o clandestini dai paesi del Commonwealth. (Pino ad oggi è ancora in vigore una strana norma per la quale qualsiasi cittadino del Commonwealth che riesca a restare per 24 ore in Gran Bretagna senza essere scoperto dalla polizia, non può più essere scacciato). La prospettiva di un arrivo in massa di centomila asiatici dal Kenya ha portato il problema al punto di rottura. All'aeroporto di Heathrow, al principio del mese ne sbarcavano mille la settimana. Oggi, in poche ore, ne sono giunti duemila, nel disperato sforzo di precedere l'entrata in vigore delle nuove norme. Il progetto di Callaghan, che dovrebbe diventare operante già da giovedì, dopo l'esame alla Camera dei Lords, limita la quota annuale a millecinquecento capifamiglia, ed abolisce la « legge delle ventiquattro ore ». Ma gli asiatici del Kenya sono per legge cittadini inglesi, in virtù del passaporto, anche se non hanno mai visto la Gran Bretagna in vita loro. Se il Regno Unito non li accetta, quale è la loro patria? Chi proteggerà ancora i loro diritti? A quale Stato rivolgersi dal momento che il Kenya li considera stranieri? Per questo il disegno di legge di Callaghan ha trovato oggi divisi sia i conservatori che gli stessi laburisti. Il ministro dell'Interno lo ha difeso osservando in modo accorato che si era trovato di fronte ad una realtà cui occorreva porre qualche rimedio urgente, nell'interesse del Paese. Ma certo i deputati erano dinanzi ad un angoscioso caso di coscienza, e qualcuno ha osservato che dopo la sterlina anche il passaporto inglese viene svalutato. Giovedì, alla Camera dei Lords, il dibattito sarà drammatico: contro le nuove norme, tra gli altri, si è pronunciato l'arcivescovo di Canterbury, c. c. *

Persone citate: Callaghan, Kenyatta