La campagna elettorale sarà degna di un popolo maggiorenne di Gigi Ghirotti

La campagna elettorale sarà degna di un popolo maggiorenne Sstgge jproMtiesse eli tutti 1 partiti La campagna elettorale sarà degna di un popolo maggiorenne Non più chiassate, muri imbrattati, valanghe di carta, e neppure grandi comizi - La propaganda vuol essere discreta, rivolgersi al cervello e non alle emozioni, senza le tecniche più "americane" della pubblicità - L'obbiettivo più importante è la conquista dei tre milioni di giovani, che voteranno per la prima volta: una generazione difficile, con gusti nuovi e forse imprevedibili (Dal nostro inviato speciale) Roma, ' febbraio I partiti sembrano d'accordo: per le prossime elezioni la propaganda avrà toni discreti, confidenziali. Basta con le chiassate: i partiti promettono tutti di essere buoni e bravi, non imbratteranno i muri, non intaseranno le nostre cassette per le lettere con la fotografia e la radiografia dei loro candidati, terranno a casa gli altoparlanti autotrasportati, e non faranno cantare Rita Pavone per poi rifilare subito dopo il comizio del leader in piazza. II vecchio comizio è in declino, già da anni. Adesso 10 si schernisce un po': lo chiamano « il comizio universale », perché aveva toni apocalittici, scaldava le piazze come per la partenza dei erociati, e l'oratore dal podio parlava di tutto: del passato, del presente e dell'avvenire, come se rigirasse 11 mondo tra le mani. La paura che si spaccasse, era questo il tema dei grandi appelli lanciati, nei due decenni trascorsi, dalle tribune alle folle. Il mondo non s'è spaccato, l'apocalisse è rinviata, l'elettore italiano 1968 si avvicina alle urne in uno stato d'animo più disteso, assai diverso da quello in cui si trovava negli anni delle grandi scelte. Che cosa si pensa di dirgli nella vigilia, ormai imminente, della consultazione elettorale? E quale sarà il linguaggio, quali gli strumenti per convincerlo, innanzitutto a votare (la paura delle « schede bianche » è l'unica, superstite paura della stagione), e poi a votare secondo coscienza e secondo ragione? Nelle sedi dei partiti si lavora a esplorare questo elettore. Per quanto discreta e confidenziale, una campagna per le elezioni politiche impone sempre una -scelta di temi, di linguaggio, di slogan, di immagini. Questa scelta muove da una valutazione dell'italiano medio, dei suoi umori e dei suoi gusti, delle sue attese per l'avvenire, che è diversa da partito a partito. Per i liberali, ad esempio, l'italiano era, fino a qualche anno fa, « un po' conformista, non capiva e non amava l'opposizione; adesso s'è diffusa la consapevolezza che un'opposizione democratica e creativa è utile ». Per i democristiani il giudizio è opposto: l'italiano ha capito che la stabilità degli istituti è la sola garanzia di progresso. Con tutti i suoi difetti, « la democrazia cristiana rimane il grande partito degli italiani, aperto a tutte le proposte costruttive » (on. Gian Aldo Arnaud). Lo andiamo a dire ai comunisti. « Noi contestiamo questo giudizio », rispondono. « Il gioco politico si può riaprire, basta battere la democrazia cristiana. Le possibilità non mancano: ci sono quasi tre milioni di nuovi elettori, quest'anno, alle u—"!». Questi novizi del voto sono nati in Repubblica, o poco prima; rappresentano il più grosso scaglione di reclute elettorali che sia mai apparso sulla scena dal dopoguerra a questa parte. Sono nati negli anni tra il 1942 e il 1947, cresciuti tra boom e congiuntura. Arrivano al voto nell'età delle minigonne e dei beats, delle agitazioni universitarie e della guerra nel Vietnam, del centro-sinistra consolidato e d'un ciclo di scandali pubblici che saranno, al tempo opportuno, riscodellati all'elettore da tutti i partiti dell'opposizione e anche dalla maggioranza (con diversi accenti, si capisce). Come risponderanno i giovani? Si può dire che tutte le risorse di fantasia e di organizzazione dei partiti si concentreranno per disputarsi questi 2.800.000 voti « vergini », in un tentativo di ringiovanimento totale del repertorio propagandistico. Il partito comunista, senza rinunciare al « rosso storico » e al realismo figurativo, adotterà nei suoi manifesti i colori yé-yé. Il partito socialista appronta un inno che, su una facciata del disco, squilla con note marziali e, nell'altra facciata, accenna a un ballabile beat. I liberali, anche loro, stu diano tecniche audaci, opu scoli ricchi di grafici e di pupazzetti. I democristiani srotoleranno film documentari, ispirati all'esame concreto di quel che s'è fatto in questa legislatura. I repubblicani, annunciano, faranno tutto quello che gli altri partiti non fanno, e non faranno quello che tutti gli altri-partiti faranno. Sarà questo il loro modo dì differenziarsi e di candidarsi alla fiducia dell'elettore, giovane e anziano. Una linea assolutamente francescana: un solo manifesto, niente propaganda « da baraccone », ma « tavole rotonde », convegni di studio, conversazioni, ragionamenti con gruppi di categoria. «L'elettore non vuole più essere imbonito ». La Malfa si presentò nelle recenti elezioni siciliane come il grande fustigatore dei costumi — in verità deplorevoli — della Regione. Pro¬ pose la riduzione del 15 per cento delle spese amministrative regionali, ed ebbe due successi: quadruplicò i voti e la Regione deliberò per davvero il taglio secco sui propri emolumenti. E' una carta che verrà senza dubbio rilanciata in sede nazionale, « e questa sarà la nostra arma propagandistica ». L'idea che l'elettore, stavolta, sia poco propenso a lasciarsi travolgere dai sentimenti e dai miraggi è comune anche agli altri partiti. Cinque anni fa fu chiamato a consulto da un grande partito politico un illustre « persuasore occulto » americano, Ernest Ditcher, perché suggerisse- i criteri da seguire nella campagna elettorale. Il professore venne, vide e diede il suo responso: la democrazia cristiana — questo era il partito interessato — ha l'aria un po' vecchietta, occorre presentarla come un partito giovane, suggerì: e ne nacque un manifesto in cui si vedeva una giovinetta dal passo slanciato in cammino. Fu un autentico infortunio propagandistico. Il « rapporto Ditcher » apparve in anteprima sui giornali dell'opposizione (da allora il responsabile del settore s'è munito d'una cassaforte) e i partiti avversari ebbero il tempo di preparare i contro-slogan da incollare sotto il manifesto: diedero fondo a tutte le salacità che può suggerire l'immagine d'una ragazza sola che compare, in piena battaglia elettorale, sotto l'insegna: « La de ha vent'anni ». Quest'anno, niente maghi, niente filosofi, niente esploratori del profondo. Le tecniche all'americana, se le tengano gli americani. Noi, promettono ad una voce tutti i partiti, ci teniamo ai nostri sistema di valutazione e di persuasione dell'elettore. Se 11 comizione è finito, organizzeranno il comizietto o il « cabaret elettorale » (questa è l'idea dei socialisti). Poi salteranno fuori all'ultimo momento le sporte di plastica, il portachiavi, la penna biro, il « gioco dell'oca », le « manette Sifar » in polietilene: ma queste, dicono i partiti, saranno iniziative dei candidati in gara per le preferenze. Già gli onorevoli sono al lavoro. La legislatura finisce ad aule semivuote, i deputati e i senatori sono già tornati di gran fretta alla circoscrizione e al collegio. A zappare ciascuno il proprio orto. Il « persuasore » più persuasivo, dopotutto, rimane lui, il candidato. Gigi Ghirotti

Persone citate: Ernest Ditcher, Gian Aldo Arnaud, La Malfa, Rita Pavone

Luoghi citati: Roma, Vietnam