James Bond all'italiana

James Bond all'italiana SULLO SCHERMO James Bond all'italiana «Italian secret sei-vice», di Luigi Comencini, con Nino Manfredi - Gli altri film in "prima" a Torino: «Squadra omicidi sparate a vista! », incalzante caccia all'uomo; «I tre affari del signor Duval », vaudeville con De Funès; « Operazione san Pietro » : la Pietà di Michelangelo mette nell'imbarazzo i ladri (Doria) — Uno dopo l'altro 1 nostri registi trattano 11 fantaspionaggìo. Ma la peculiarità di Italian secret servi/ce di Luigi Comencini è che l'«antibondismo» non si esprime sul piano della puntuale parodia, bensì su quello della confutazione psicologica. L'avventura, fin troppo folta, di questo Natale e dei suoi quattro compari, presi nelle spire del controspionaggio Intemazionale, sta a dimostrare che il delitto prezzolato non è nelle corde di noialtri italiani; che là nostra vera vocazione, se mai, è quella della gherminella economica. Natale, già valoroso partigiano, poi onorevole, oggi modesto e pacifico borghese dell'Urbe, è promosso killer da un colonnello inglese cui salvò la vita: deve eliminare il giovane capo di una organizzazione neonazista. L'uomo non se la sente, ma poiché il premio gli fa gola, incarica dell'esecuzione del delitto un « volontario », e questo un altro, e questo un altro ancora e cosi via, finché la catena degli « incaricati » si riavviluppa sul disgraziato Natale, che ora deve soddisfare quattro complici incruenti come lui e render conto a Londra del morto che non è morto. Già in questa prima parte il film si è espresso tutto, nella sua trovata e nei suoi toni. Nella seconda, più movimentata ma meno felice, la farsa prende la mano. Natale e soci si riaccingono all'impresa, trovano la vittima in casa del primo (anzi nel letto con la moglie), scoprono che non è un nazista, ma un mite quacchero che si appresta a rivelare ai russi, per un dollaro, la formula d'una bibita famosa, architettano un piano prima per ricattare i sovietici, poi per «bidonare» (il quacchero si è ucciso) gli occidentali, ma è inutile, non hanno la stoffa dei Bond: dopo un buon lavaggio del cervello sono restituiti, innocenti come bambini, alle loro case. Senza volersi mettere tra i film importanti di Comencini, è una ricreazione intelligente e spiritosa. Molti gli episodi spassosi (il processo a Londra per disturbo della quiete pubblica, la bagarre in casa di Natale quando il pathos del delitto politico si muta in quello del delitto d'onore, e altri); e se la loro somma affatica un po', è perché gli sviluppi della trovata iniziale (l'Italiano come «antiBond » per costituzione) vengono fuori segmentati dalle troppe idee, risvolti e capriole d'una sceneggiatura che non vuol perder d'occhio la cassetta. Lavorando in sapiente eco nomia com'è solito fare, Nino Manfredi non sciupa un effetto di questo suo ameno e umano Natale; e da « spalla » gli fanno gli ottimi Ga stone Moschin (un awocaticchio), Giampiero Albertini Jean Sobieski, Clive Revill e la piacente Francoise Prevost. A colori. |. p. (Corso) - Un'incalzante «caccia all'uomo » è il tema del technicolor americano Squadra omicidi, sparate a vista!, derivato dal romanzo « The Commissioner » di Richard Dougherty. L'uomo è un efferato criminale che due poliziotti in borghese, senza particolari accorgimenti o precauzioni, vanno a prelevare in casa sua. Il delinquente è scaltro, coglie di sorpresa gli agenti, li disarma e scappa. Grossi guai sulle teste dei due poliziotti che si sono fatti così ingenuamente turlupinare, ma il ca po della polizia, anziché sospenderli e punirli, dà loro la possibilità di riabilitarsi concedendo ad entrambi 72 ore per catturare il reo. Il film mostra la dispera ta impresa dei due detectives, ai quali brucia la mortificazione dello smacco. Essi si danno da fare, setaccian do le zone più malfamate di New York, e alla fine riescono nel loro intento grazie a una « spiata ». Nella sparatoria finale cadrà non solo l'assassino ma anche Madi gan, il migliore e più anziano dei due poliziotti. Impersonato con asciutto vigore da Richard Widmark, questo Madigan è personaggio di rilievo; il soggetto punta su di lui non soltanto per la ben ritmata e movimenta ta azione poliziesca, ma gli affida anche i risvolti psico logici dell'immancabile contrappunto familiare. Madigan ha moglie, e la giovane donna, non sempre comprensiva e cosciente del duro lavoro del marito, talvolta anche un poco leggera, è una segreta spina nel cuore di lui. Come secondo poliziotto ha spicco Harry Guardino, mentre in un complesso ottima¬ mente scelto di caratteristi1 minori figurano sobriamente Henry Fonda (il capo della polizia, anche lui con un suo drammetto coniugale), James Whitmore, Michael Dunn. Inger Stevens è un'efficace signora Madigan. La vigorosa regìa è di Donald Siegel. * * (Torino) — Il «momento magico » attraversato da Louis de Funès in Italia stimola gli importatori ad acquistarne le non recenti pellicole ancora inedite da noi. Tra queste ecco, in bianco e nero, I tre affari del signor Duval che con il titolo « Pouic-Pouic » venne realizzata nell'estate del 1963 (a denunciarne gli anni basterebbero i vestiti di Mireille Dare, con le gonne sotto il ginocchio). Anche se un po' remoto, il film — derivato, salvo errore, da una pièce di Jacques Vilfrid e Jean Girault recitata da De Funès in teatro — è spassoso: ha una struttura parlata da vaudeville, ma è popolato di personaggi ameni inseriti con furbizia in situazioni buffe dove signoreggiano equivoci, malintesi ecc. Duval è un facoltoso borghese con moglie svagata e figlia capricciosa: la prima gli combina un guaio acquistando per buono, da un millantatore, un arido terreno venezuelano; la seconda rifiuta un ricco pretendente che è in grazia a papà, e per toglierselo dai piedi finge un matrimonio in bianco col primo che capita. Mescolati questi spunti, il regista Girault li ha sviluppati benino, dando corda al protagonista che anima la solita girandola di lazzi, e cava spontanee risate da venerande situazioni da pochade. De Funès è scatenato, ma non da cima a fondo come negli ultimi suoi film: cinque anni fa non si abbandonava del tutto agli attuali fastidiosi isterismi e nei momenti di calma e di distensione fa piacere vederlo attore più naturale ed affabile di come lo vogliono adesso i produttori, cioè sempre esagitato. * * (Nazionale) — Di carnevale ogni scherzo vale e accettiamo perciò questo, proposto dal film italiano a colori Operazione San Pietro, di Lucio Fulci, che muove dal furto della «Pietà» di Michelangelo. Impadronitisi con assurda facilità del monumento, i ladri non sanno poi che farne, nessun ricettatore lo vuole, nessun amatore, per timore delle conseguenze, si presenta a comprarlo. Ha buon gioco, contro gli sprovveduti furfantelli, la controffensiva vaticana che, sfoderando una inopinata organizzazione manovrala da un cardinale (Heinz Ruhmann), mette nel sacco i disorientati malviventi e fa ritornare sul suo «riiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiMiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii altare l'opera michelangiolesca. Ecclesiastici, suore, boyscouts collaborano al recupero attraverso episodi da vecchia comica finale modernizzati dalla tecnocrazia effettistica dei film alla 007. A stare con l'indispensabile credulità al facile giochetto, l'ultima parte, quella del dinamico recupero, suscita qualche risatina. Interpreti discreti; sprecato, in una parte di fianco, il glorioso Edward G. Robinson. vice »

Luoghi citati: Italia, Londra, New York, Torino, Urbe