L'Algeria annuncia un complotto «per uccidere i dirigenti del paese» di Ferdinando Vegas

L'Algeria annuncia un complotto «per uccidere i dirigenti del paese» Secondo colpo di forza fallito in due mesi L'Algeria annuncia un complotto «per uccidere i dirigenti del paese» \ Il comunicato (diffuso dall'agenzia ufficiale «Aps») afferma che la congiura fu organizzata il 24 gennaio da Belkacem Krim, uno dei capi della rivoluzione anti-francese ora esule a Parigi - Diciassette persone arrestate A tarda sera il governo algerino chiede di « non diffondere le notizie sul complotto » senza dare altre spiegazioni Alsrcri, 22 febbraio. Radio Algeri ha annunciato stasera che il governo ha sventato un complotto contro la vita dei « dirigenti del paese ». « Un gruppo di assassini che avevano tentato di uccidere i dirigenti del paese è stato messo. fuori combattimento », ha affermato l'emittente senza fornire altri particolari. L'agenzia di stampa algerina Aps I Algerie presse servicej ha riferito in seguito die sono state arrestate diciassette persone coinvolte nel complotto. L'operazione è avvenuta il 24 gennaio scorso. Secondo l'agenzia, quattro degli arrestati avrebbero ammesso che il primo obiettivo del complotto era l'uccisione di Kaid Ahmed, leader del partito al potere. L'agenzia ha accusato V ex eroe della rivoluzione Belkacem Krim, ora esule in Francia, di avere organizzato il complotto. L'Aps ha annunciato che i membri della « Banda dei killers » sono stati arrestati mentre attendevano Kaid Ahmed dinanzi alla sede centrale del Fronte di Liberazione nazionale, il partito unico del paese. A tarda sera, l'agenzia algerina ha diffuso una nota con cui si chiede di « non diffondere la notizia riguardante il complotto ». La nota era firmata « Il ministro delle Informazioni li. (A. P.) Un paese inquieto per rivalità tra militari Ancora un sussulto violento in Algeria, a poco più di due mesi dal fallito colpo di forza del 15 dicembre. Che rapporto vi sia tra l'ultima crisi e il tentativo di assassinio degli attuali dirigenti non risulta dalle scarse notizie provenienti da Algeri; sembra però plausibile che un collegamento vi debba essere, per lo meno indiretto. Il bersaglio, allora come oggi, è sempre lo stesso: Bumedienne, capo dello Stato, e gli uomini che gli stanno intorno, ai vertici del potere. Resta da sapere chi siano i mancati assassini di ieri, se gli stessi uomi ni del 15 dicembre oppure un altro gruppo di opposizione: un aspetto di sicuro molto importante del problema, ma non decisivo per intendere la crisi di fondo che travaglia l'Algeria. Questa crisi è nata nel medesimo momento in cui vedeva la luce l'Algeria indipendente, nel luglio del '62, dopo oltre sette anni e mezzo di durissima lotta armata contro la Francia. Ed è proprio nel corso della lotta di liberazione che furono gettati i semi che dovevano poi svilupparsi nella crisi permanente, dal '62 ad oggi. Come in tutte le guerre di liberazione, la « rivoluzione » si esprimeva attraverso le forze armate; ma queste, nel caso algerino, erano divise tra i partigiani combattenti all'interno e il cosiddetto « esercito delle frontiere », un esercito « regolare », stanziato quasi totalmente fuori dall'Algeria, appunto alle frontiere del Marocco e della Tunisia. Al momento del passaggio dei poteri, dalla Francia al governo provvisorio algerino, scoppiò la prima crisi: i quadri dell'« esercito delle frontiere », capeggiati dal colonnello Bumedienne, rovesciarono il governo provvisorio e portarono al potere Ben Bella. Ma tre anni dopo, il 19 giugno '65, lo stesso Bumedienne eliminava Ben Bella e ne prendeva il posto, alla testa della giovane Repubblica. Il leader sconfitto era accusato di arbitrio personale nell'esercizio del potere, di confusione e velleitarismo nel suo tentativo di costruire il socialismo. V'era indubbiamente del vero nelle accuse ed era quindi naturale che al « socialismo lirico » di Ben Bella subentrasse l'esperimento più realistico intrapreso da Bumedienne. Questi non ha rinnegato il socialismo, anzi continua a sventolarne la bandiera; nella pratica, tuttavia, se ne è sempre più allontanato, dirigendosi verso una forma di capitalismo di Stato, simile a quella istituita da Nasser in Egitto. Per governare, Bumedienne si è circondato, oltre che dei suoi fidi dell'« esercito delle frontiere », dei giovani ufficiali usciti dalle accademie militari francesi e sovietiche e soprattutto di un gruppo di ci tecnocrati », che dovrebbe ro organizzare l'economia al gerina, con un traguardo finale socialista, sì, ma intr ito tenendo conto della ingrata realtà di fatto. In con clusione, l'efficientismo ha prevalso sugli ideali rivoluzionari, degradati ormai a un generico progressismo. Contro l'abbandono delle speranze maturate durante la guerra di liberazione e i primi anni dell'indipendenza hanno reagito i fautori del socialismo « puro e duro », che potevano ben denunziare Bumedienne per non avere affatto risollevato le misere sorti del popolo algerino pur con tutto il suo pragmatismo e tecnicismo. Poiché però in Algeria l'esercito tiene luogo di unica forza politica, cosi il conflitto si è svolto tra gruppi opposti di militari: il colonnello Zbiri, proveniente dalle forze partigiane all'interno, contro Bumedienne e gli esponenti dell'« esercito delle frontiere ». Le vecchie rivalità tra i militari si intrecciano dunque col dissenso di fondo sull'orientamento da imprimere alla vita economica, sociale e politica dell'Algeria. La sconfitta ai Zbiri, il 15 dicembre, ha consolidato il potere di Bumedienne, ma non sembra avere avvicinato la soluzione dei veri problemi del Paese. Come scriveva, dopo la scossa di dicembre, Revolution et travail, organo dei sindacati: « La situazione del Paese resta sempre contrassegnata da difficoltà economiche che pesano praticamente sulle sole masse diseredate ». Sono difficoltà che non si risolvono né con gli assassini né con le repressioni. Ferdinando Vegas Il presidente algerino Bumedienne (Telef.)

Persone citate: Belkacem, Belkacem Krim, Nasser