Sternheim, il commediografo-polemista the scandalista la Germania imperiale di Lorenzo Mondo

Sternheim, il commediografo-polemista the scandalista la Germania imperiale Sternheim, il commediografo-polemista the scandalista la Germania imperiale Quando, nel 1908, Cari Sternheim pubblicò la sua prima commedia. Le mutande, scandalizzò, come sperava, i benpensanti della Berlino guglielmina. Si mosse anche la censura, ma bastò che egli cambiasse titolo (Il gigante) perché il lavoro potesse venire rappresentato. La vicenda è graziosa e sembra un epilogo inventato dallo stesso Sternheim per schizzare il veleno residuo contro l'ottusità del borghese che egli aveva assunto ad « eroe » del suo teatro. Invero nulla è più innocente delle lunghe mutande della signora Maske che, spezzatosi un laccetto, si ammucchiano ai suoi piedi nel vialone del Tiergarten, mentre assiste tra la folla al passaggio dell'imperatore. I modi e gli Gli spietati disegni satirici di Giorgio Grosz (come questo «Brindisi») sembrano continuare, tra la prima guerra mondiale e il dopoguerra, la polemica di Sternheim contro la Germania borghese e militarista ingredienti sono quelli della commedia galante, ma una satira fredda e implacabile ridimensiona presto questo esordio spumeggiante di trine. Nella commedia, Teobaldo Maske, il futuro « gigante a, è ancora un « travet »: turbato dalla immodestia » della moglie, cultore dell'ordine in casa e fuori, per il momento ama starsene in poltrona a leggere storie di serpenti dì mare, delegando alla flotta del Kaiser la difesa del prestigio tedesco. Quantunque, sotto sotto, anche lui abbia le sue idee: « Io sono tedesco. Non faccio tanto rumore per la faccenda degli ebrei, ma tra quelli e me, sta bene il Mar Rosso ». Tutto qui? D'accordo, ma si badi alla deformazione burattinesca dei personaggi, alla dissonanza delle loro battute meccaniche e incongrue, al gelo di lama tagliente e fonda che disseziona figure e parole. Ancora più teso ed aspro Lo snob, seconda parte di. quello che Sternheim definisce ironicamente Ciclo dell'eroe borghese (lo pubblica in un solo volume, e per la prima volta in Italia, l'editore De Donato). Cristiano Maske, figlio di Teobaldo, è diventato un capitano di industria: ottenuta la potenza, cerca la rispettabilità. Non esita allora a congedare l'amante, che gli è stata prodiga di aiuto e affetto negli anni oscuri, liquidandola sulla base di una minuta e arida contabilità. E' la scena iniziale, da cui si sprigiona un potente cinismo ricco di umori. Con 1913 si chiude il ciclo dei Maske. La commedia appare scandita da un afori¬ sma che si ripete sulle labbra di Cristiano, rapacemente invecchiato: « Ai poveri i crampi della fame; ai ricchi i crampi del potere. Tutto qui». È' il succoso compendio della sua filosofia. Cristiano muore come è vissuto; prima di cadere fulminato da una sincope, sventa la « manovra di palazzo » della primogenita che vuole esautorarlo. Questa lotta feroce nell'ambito di una stessa famiglia anticipa sinistramente (si parla spesso di armi) l'Europa dilacerata del 1914-18. Privo dell'angoscia di altri coetanei e compagni di stra¬ da, della tragica tensione che torce le loro opere, infine di una attiva componente di amore (pensiamo a Toller, a Dòblin) Sternheim può apparire ingrato e urtante. Non per questo rifiutiamo il suo stile agghiacciante da referto clinico, l'asprezza della sua denuncia. E forse, più che un recupero sulle scene, giova a Sternheim proprio questa lettura globale, continuata, della sua dissacrante epopea. Lorenzo Mondo CARL STERNHEIM: Cielo dell'eroe borghese - Ed. De Donato - pagine 288, lire 2500. Tradotto per la prima volta il «Ciclo dell'eroe borghese»

Luoghi citati: Berlino, Brindisi, Dòblin, Europa, Germania, Italia