L'intervento dei vescovi per il voto dei cattolici di Vittorio Gorresio

L'intervento dei vescovi per il voto dei cattolici I/assemblea dell'episcopato a Roma L'intervento dei vescovi per il voto dei cattolici Roma, 20 febbraio. L'assemblea generale dell'episcopato italiano, inaugurata a Roma ieri, avrebbe dovuto tenersi in primavera. E' stata anticipata per evitare che i suoi lavori si svolgessero durante la campagna elettorale, una coincidenza che sarebbe apparsa inopportuna. Interrogato perché non si fosse preferito rinviarla a dopo le elezioni, il segretario generale della conferenza episcopale, monsignor Andrea Pangrazio ha risposto a un giornalista che non sarebbe stato conveniente lavorare in giorni troppo. caldi: « Parlo di caldo in senso proprio — ha precisato con malizia — cioè del clima stagionale ». E' comunque evidente, a parte ogni malizia, che il tempo é stato scelto in considerazione e funzione della campagna elettorale. Questa assemblea dell'episcopato italiano — da non confondere con la Conferenza episcopale italiana che è un organismo di carattere permanente — è infatti dedicata al tema dell'impegno dei laici nella Chiesa e di che cosa essi debbano fare sotto la guida della gerarchia ecclesiastica, in obbedienza alle sue decisioni. Di queste decisioni, in congruo anticipo sulla convocazione dell'assemblea, si è avuto un esempio in un documento della conferenza episcopale, a firma del presidente card. Urbani, intitolato « I cristiani nella vita pubblica ». Al suo apparire, il 25 gennaio scorso, destò polemiche vivaci, sollevando proteste anche nel campo cattolico. Intellettuali qualificati, docenti universitari di fama, dei quali non è da mettere in dubbio la fede religiosa (Leonardo Benevolo, Gerardo Bruni, Costantino Mortati, Adriano Ossicini, Antonio Pigliaru, Gino Montesanto) sottoscrissero un contro-documento di condanna per questo nuovo intervento dei vescovi nella vita politica, che è un « nuovo tentativo di far passare, sotto il dovere "religioso e civile " di promozione dei " valori cristiani ", gli antichi miti integristi della politica cristiana, del partito cristiano, delle leggi cristiane, dello Stato cristiano, e, al loro servizio, l'unità politica dei credenti ». In termini brevi, si respingeva l'esortazione della conferenza episcopale ai cattolici perché concentrassero i voti su una sola lista, e si deprecava la prevedibile mobilitazione dei comitati civici del prof. Luigi Gedda al servizio della de, {{struttura partitica e parlamentare che non merita certamente gli smodati elogi e le grate testimonianze di cui ridonda la dichiarazione dei vescovi ». Oltre alle firme dei singoli intellettuali protestatari, il contro-documento recava le adesioni di una quantità di circoli cattolici di tutta Italia, gruppi di studio e cenacoli, intitolati a nomi prestigiosi come Ozanam, Maritain, don Milani, P.L. Ferrari. Sotto il patrocinio di «Questitalia », rivista cattolica veneziana diretta da Wladimiro Dorigo, si tiene anzi in questi giorni a Vicenza il convegno dei cosiddetti « gruppi spontanei », cioè dei cattolici che interpretano il Concilio in modo diverso dal cardinale Urbani. Come al documento della Conferenza episcopale è stato opposto un contro-documento, così l'attuale assemblea generale dell'episcopato a Roma è fronteggiata dal contro-convegno di Vicenza. Per quanto ne siano assolutamente incomparabili l'autorità e ii prestigio nell'ambito '^ey^ Ótfesa;(a Roma sono presentì ,;14 'èardinali,. cir-; ca 300 vescovi e arcivescovi' e 40 laici qualificati) i temi delle due riunioni sono comunque affatto analoghi. La libertà è invocata da quanti si richiamano allo spirito del Concilio Ecumenico, nel senso che la Chiesa postconciliare deve tener fede ai principi della responsabilità e dignità dell'uomo ammesso a scegliere in politica ciò che gli detta la coscienza: e questa appunto è la rivendicazione dei laici protestatari cattolici. Secondo la visione, alquanto più mondana, della Conferenza episcopale, occorre invece mantenere saldo il vecchio concetto che prescrive « in necessariis unitasi). La necessità, vista dai vescovi su un piano politico, è quella di assicurare nelle prossime elezioni una ancora più larga maggioranza alla de, il partito che offre le migliori garanzie per future leggi cristiane se non proprio per uno Stato ideologicamente e strutturalmente cristiano. Il cardinale Urbani ragiona in termini di concretezza parlamentare. Vuole che nella prossima legislatura la de riesca così forte da poter impedire l'introduzione del divorzio in Italia. Con infelice accostamento egli ha pure invocato la repressione della pornografia, quasi che dal punto di vista della decenza le due questioni siano paragonabili. Così i lavori dell'assemblea di Roma si svolgono in un clima che risente di politica e di elezioni. Il cardinale Urbani non ha esitato ad affermare la « importante attualità» del proprio documento, al quale si propone di dare una « larga, capillare diffusione » nella convinzione di « operare per l'effettivo bene della comunità italiana», e finalmente ha liquidato come «note stonate» le proteste degli intellettuali. E' un linguaggio di triti sparente significato politico, anche se l'assemblea finora ha procurato di respingere implicazioni del genere. Dall'ambito ecclesiale sono escluse tutte « le forme desunte della democrazia politica, affatto estranee alla natura divino-umana della Chiesa », ha per esempio detto un laico, l'avvocato Vittorino Veronese: ed è verissimo. Ma non è esclusa, viceversa, ed anzi si rivendica un'influenza della Chiesa sulle democratiche sorti elettorali. Vittorio Gorresio

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