Forse entro oggi conosceremo le accuse agli imputati per la sciagura del Vajont di Remo Lugli

Forse entro oggi conosceremo le accuse agli imputati per la sciagura del Vajont LA CATASTROFE CAUSO' QUASI DUEMILA MORTI Forse entro oggi conosceremo le accuse agli imputati per la sciagura del Vajont Si attende da un momento all'altro il deposito della sentenza istruttoria - Si prevede il rinvio a giudizio dei nove presunti responsabili, e anche qualche mandato di cattura - Pare che il giudice abbia messo a fuoco il fatto che il grave disastro si poteva prevedere - In estate il processo ? (Dal nostro inviato speciale) Belluno, 19 febbraio. E' imminente una fase decisiva del procedimento penale per la tragedia del Vajont: domani o dopo domani il giudice istruttore, dott. Mario Fabbri, depositerà la sentenza istruttoria. Per le indiscrezioni che sono trapelate, si sa che essa, nelle sue linee generali, non si stacca dalla requisitoria che fu presentata nel novembre scorso dal P. M., dott. Arcangelo Mandarino, con la quale egli chiedeva il rinvio a giudizio di nove persone accusate del disastro. In effetti, dunque, dovrebbe avvenire questo rinvio a giudizio. Un elemento nuovo, secondo voci che corrono insistenti, potrebbe essere quello della contemporanea emissione di alcuni mandati di cattura, forse quattro o cinque. E' facile immaginare quanta sia, in questa attesa, l'ansia di conoscere gli sviluppi penali della tragica vicenda. La sciagura che la notte del 9 ottobre 1963 spazzò via Longarone e sconvolse altri paesi seminando morte e di¬ struzione, ha lasciato un solco profondo di dolore, che in molti animi non si rimarginerà più. I morti rasentarono i duemila, intere famiglie furono annientate E' logico, e umano, che si desideri vedere la conclusione giudiziaria, sapere che se qualcuno ha sbagliato, pagherà. Sono trascorsi oltre quattro anni, l'inchiesta è stata enormemente laboriosa, il giudice istruttore ha dovuto svolgere un lavoro imponente (il fascicolo della sentenza si compone di circa ottocento pagine) e lo ha svolto a un ritmo serrato, invitando anche altri, che dovevano collaborare a questa somma di opere, a non perdere tempo Ora la mèta si avvicina, non è improbabile che nella prossima estate si possa celebrare il processo a carico dei presunti responsabili. Chi siederà sul banco degli imputati? Se, come pare, c'è identità di conclusioni fra la requisitoria del P. M. e la sentenza di rinvio a giudizio, questi imputati saranno nove: l'ing. Nino Alberico Bia- dene, 67 anni, da Asolo, abitante a Venezia; l'ing. Mario Fancini, 56 anni, da Rovigo, abitante a Venezia; l'ing. Pietro Frosini. 72 anni, da San Miniato di Pisa, abitante a Roma; l'ing. Francesco Sensidoni. 67 anni, da Bevagna (Perugia), abitante a Roma; l'ing. Curzio Batini, 66 anni, da Monte S. Angelo (Foggia); l'ing. Almo Violin. 51 anni, da Napoli, abitante ad Alessandria; il prof. Dino Tonini, 62 anni, da S. Daniele, abitante a Venezia; l'ing. Roberto Marin, 74 anni, da Masi (Rovigo), abitante a Padova; il prof. Augusto Ghetti, 54 anni, da Venezia, abitante a Padova. Le loro imputazioni nella requisitoria del P.M. risultavano di: disastro colposo aggravato da frana; disastro colposo aggravato da inondazione; omicidi colposi plurimi (non più lesioni colpose grazie all'amnistia). Biadene aveva la carica di direttore dei servizi di costruzioni idrauliche della Sade, di direttore generale dell' Enel Sade di Venezia e di direttore dell'Ufficio produzione di energia; Pancini era direttore del Cantiere di lavoro della diga del Vajont: Frosini era l'ex presidente della 4' sezione del Consiglio Superiore dei LL.PP. e componente della Commissione di collaudo della diga del Vajont; Sensidoni, ispettore generale del Genio Civile presso il Consiglio Superiore dei LL.PP. e componente la Commissione di collaudo; Batini, presidente della 4' sezione del Consiglio Superiore dei LL.PP.; Violin, ingegnere Capo del Genio Civile di Belluno; Tonini, già direttore dell'Ufficio studi della Sade e successivamente consulente della stessa: Marin, già direttore generale dell'Enel-Sade; Ghetti, ordinario di Idraulica nell'Università di Padova. Pare che il giudice istruttore, nella elaborazione della sua sentenza di rinvio a giudizio, abbia messo soprattutto a fuoco la responsabilità di queste persone per la noncuranza, la mancanza di azioni responsabili nel periodo in cui tanti elementi lasciavano chiaramente capire che le cose volgevano al peggio e il pericolo di una sciagura dì grandi proporzioni era incombente. Ora la tragica vicenda del Vajont finirà davanti al Tribunale di Belluno, con soddisfazione di chi è convinto che vi siano dei responsabili. E' interessante ricordare come si è giunti a questa incriminazione. Il giudice istruttore dott. Fabbri, nel marzo '64, inoltrandosi nell'intricato meandro di questa comples| sa inchiesta, aveva affidato l'incarico di una perizia te cnica ad una équipe di sette esperti, capeggiata dal prof. Desio e comprendente un solo straniero, lo svizzero Cadisch. Nel novembre '65 era pronta la risposta: il disastro, secondo quei periti, era da ritenersi imprevedibile, e, pertanto, nessuna colpa poteva imputarsi agli uomini. Un responso che ha fatto trasalire quanti si attendevano giustìzia e la possibilità di un risarcimento dei danni. Il sindaco di Longarone. il dott. Giampietro Protti. che della sua famiglia è rimasto l'unico superstite, ha deciso di dar battaglia alla test sostenuta dalla perizia Desio Ha nominato un collegio di avvocati invitando tutti i cittadini che intendevano costi¬ tuirsi parte civile a servirsi di questi legali. Gli avvocati erano Bettiol e Scanferla di Padova. Ascari di Modena, Corona di Belluno e Gallo di Vicenza. Il loro primo compito era quello di presentare una memoria contro le risultanze della perizia Desio, appoggiandola con documentazioni tecniche. Ascari e Scanferla, che sì erano assunto l'incarico di trovare i consulenti, si sono ben presto resi conto che era un'impresa qticsi impossibile. Racconta l'avv. Ascari: « Incominciammo ad interpellare tecnici, ma ci sentivamo dire invariabilmente di no, che non potevano assumere un simile incarico. Uno ci parlò chiaramente: " L'idraulica può essere pura e pratica, quella pura è materia da Università, quella pratica mi fa guadagnare. Perché mi dovrei mettere in urto con aziende che in questo settore hanno una voce importantissima? " ». « Allora — continua l'avv. Ascari — ebbe inizio la nostra ricerca all'estero, ma anche fuori d'Italia storcevano il naso quando sentivano nomi di tanta risonanza. Un giorno, in Isvizzera, avevo trovato un perito che era disposto ad accettare. Ci lasciammo con l'accordo per l'incarico, ma quando tornai a Modena trovai nel mio studio un suo telegramma con il quale si dichiarava spiacente di non poter accettare ». La ricerca continuò per tutta Europa e anche negli Stati Uniti. Dopo mesi di viaggi, gli avvocati Scanferla e Ascari furono in grado di presentare al giudice istruttore una serie di consulenze idrauliche, geologiche, geo-meccaniche, eseguite da periti di grande valore, cecoslovacchi, belgi, americani, jugoslavi. Le loro controdeduzioni. avvalorate anche da esperimenti di laboratorio filmati, e i rilievi del Collegio degli avvocati risultarono di un valore determinante. Il giudice affidava l'incarico ad un gruppo composto da tre stranieri e un italiano: il prof. Roubault. direttore della Scuola di geologia di Nancy, il prof Stucky. ex diretto re del Politecnico di Losan ria. il prof. Gridel. di Parigi, e il prof Calvino (fratello dello scrittore), insegnante di geologia all'Università dì Padova. Dopo dieci mesi di la¬ vori, la nuova commissione presentava al giudice le proprie risultanze, che erano esattamente contrarie a quelle della perizia Desio: sostenevano la totale prevedibilità degli eventi tragici, e quindi la colpevolezza degli uomini che non avevano fatto nulla per impedirli. Remo Lugli