Salvare Venezia

Salvare Venezia Rrtìcolo del direttore delie «Belle Arti» Salvare Venezia La sua decadenza coincide con la crisi economica -1 cittadini l'abbandonano perché le case sono poco ospitali - Vi rimangono solo i vecchi - Occorre rendere confortevoli le abitazioni, costruire difese dal mare, e soprattutto creare nuovi centn di vita - Le sole testimonianze del passato possono attirare i turisti, ma non bastano per salvare questa città unica al mondo Il professor Pietro Zampetti, Insigne storico e critico d'arte, è da molti anni direttore delle Belle Arti del Comune di Venezia: ufficio di altissima Importanza per 1 tesori di proprietà municipale — compreso 11 celebre Mu. seo Correr, però specificatamente diretto dal Marlacher — della città unica al mondo. Nella sua qualità di soprintendente alle cose artistiche veneziane, egli è da circa un quindicennio l'autorevole e dotto organizzatore delle magnifiche mostre d'arte antica veneta, di richiamo internazionale, che ogni due anni si alternano con le Biennali d'arte moderna. - Il prof. Zampetti è anche un attento osservatore del pericoli gravissimi che Incombono su Venezia, e replicatamente ne ha trattato, con competenza e autorità, su giornali e periodici veneziani. Per questo 11 suo parere — che « La Stampa » gli ha espressamente richiesto — è di particolare Interesse. Venezia, 13 febbraio. Da qualche tempo Venezia è all'ordine del giorno. Si cominciò anni orsono a segnalare in termini allarmanti i pericoli del movimento ondoso provocato dai motoscafi, che insidia le fondamenta degli edilizi. In seguito, le preoccupazioni si allargarono, per il constatato aumento delle maree stagionali, sempre più invadenti sino a sommergere l'intera città, come è avvenuto il 4 novembre del '66. Tale fenomeno è alimentato dal leggero, ma continuo, abbassamento del suolo, e, insieme dal lento, ma anch'esso certo e continuo, alzarsi del livello marino. A questi fatti si aggiunga la attuale viva polemica suscitata dallo scavo, nella Laguna, di un canale per grosse petroliere, in direzione della terza zona industriale di Marghera, dove un largo tratto barenoso viene colmato per accogliere nuovi impianti industriali. Quali conseguenze potranno portare al regime lagunare questi profondi mutamenti? E le maree saranno in seguito ancora più alte e dannose? E che succederà allora di Venezia? Ecco gli inquietanti interrogativi che rimbalzano ormai in tutto il mondo. Rispondere non è facile, come non è facile una diagnosi completa dei mah che affliggono Venezia. Perché la città è indubbiamente ammalata. Bisogna essere spietati nell'esame, altrimenti non si riuscirà a nulla. La realtà è che Venezia ha perso la sua funzione da quando è caduta la Repubblica Veneta e la crisi da cui sarebbe stata, prima o poi, travolta si è dilazionata nel tempo. Ora è giunto il momento della verità. O Venezia riesce ad aver tanta energia vitale da superare la presente situazione, oppure è destinata a finire, o meglio a diventare una città del silenzio, fatta di rovine illustri e di molti, o pochi, grandi alberghi per uso dei turisti amanti della solitudine e del fascino allusivo delle testimonianze del passato. Occorre, anzitutto, distinguere tra Venezia (che oggi con un termine chiarificatore si vuole chiamare «centro storico ») e comune di Venezia: altrimenti si cade subito nell'equivoco. Perché, mentre il comune sta bene, è anzi in crisi di crescita, e s'avvia a raggiungere i 400 mila abitanti, Venezia, la vera Venezia, è scesa dal 1951 ad oggi di circa 60 mila persone. Ora il centro storico, compresa l'isola della Giudecca, ha solo 129 mila abitanti. Ma gli altri dove sono? Tolte le poche decine di migliaia di persone sparse nelle isole della Laguna, il resto" della popolazione risiede a Mestre, a Marghera, e negli altri centri della cosiddetta terraferma: tutti facenti parte dello stesso comune di Venezia. Quivi c'è una vitalità tumultuosa ed erompente: le industrie si moltiplicano, la gente vi accorre da ogni parte. E' uno degli esempi più vistosi del boom industriale che l'Italia ha avuto in questo ultimo decennio. Ma, intanto, Venezia ha perso 11 suo arsenale, altre attività se ne sono andate e, con esse, molta, troppa gente, soprattutto i giovani. Sicché, a guardare le statistiche c'è da spaurirsi: Venezia è una città di vecchi, Mestre una città di giovani Si aggiunga che a Venezia le case sono in buona parte inabitabili, o perché grandi e troppo costose o, al contrario, perché Igienicamente non adeguate: di conseguenza c'è un movimento pendola re tra Mestre e Venezia, a favore di quest'ultima. Molta gente, cioè, lavora ancora a Venezia ed abita a Mestre: ma fino a quando durerà? Da quanto sopra, è evidente che i pericoli che incombono sulla città sono principalmente di due ordini: 1) quelli naturali provocati dalle maree; 2) quelli dovuti allo spopolamento ed alla crisi economica. A ben guardare, tuttavia, si tratta di una ragione unica, o meglio, di due, ma strettamente legate ed interdipendenti. I rimedi, cui bisognerà ricorrere senza perdere tempo, sono diversi: rinforzare anzitutto — come s'è cominciato a fare solo dopo il 4 novembre — le difese esterne della Laguna, fino a creare, se necessario, dighe mobili di chiusura dei porti verso il mare aperto, come- già si fa in Olanda (ciò per evitare gli allagamenti della città durante le alte maree); studiare poi la Laguna allo scopo di prevenire gli eventuali danni che le modifiche potrebbero portare al regime delle acque. Così la città potrà salvarsi dal pericolo del mare. Ma ce n'è un altro: quello della decadenza economica e demografica. Abbandonando ogni pessimismo inutile, anzi deteriore, occorre fare proposte concrete. Quando si dice che Venezia deve essere considerata una parte di un tutto e che quindi non ci si deve preoccupare di certi travasamenti demografico-economici, che avvengono nel suo interno, si dice cosa errata. Perché Venezia potrà durare solo se sarà un centro vitale: altrimenti i suoi palazzi splendidi, ma abbandonati, finiranno col cedere alle insidie del tempo e della natura. Non si tratta di difendere un edifizio famoso, una chiesa o, magari, delle singole opere d'arte, ma tutta la città intera. Problema grave, ma indilazionabile. Bisogna anzitutto che la città si liberi dell'isolamento con mezzi di comunicazione subacquei (metrò-sublagunare) che la leghino rapidamente alla terraferma e al Lido, creando così una unità autentica Venezia-Mestre, che oggi manca. Bisogna che essa torni ad essere ambito e ricercato centro residenziale, attraverso un cauto ed intelligente restauro interno degli edifizi, adattandoli alle esigenze della vita moderna. Occorre, infine, che Venezia divenga se¬ de universitaria di più vasta portata e centro di studi a carattere internazionale. Sotto questo punto di vista essa presenta delle prerogative che nessun'alt.ra città al mondo può offrire. Insomma, se Venezia saprà rendersi conto che ha ancora delle possibilità autentiche di vita e indirizzerà la sua politica in tale senso, essa non solo potrà salvarsi, ma avrà una sua precisa, ben individuata funzione nella vita moderna; ma se non sarà capace di afferrare quest'ancora di salvezza, allora essa decadrà infallibilmente, e diverrà una specie di splendido foro romano, un emblema araldico prestigioso per la nuova metropoli che, al di là della Laguna, ne avrà raccolto, in terraferma, la millenaria vitalità. Pietro Zampetti