La segretaria di Natalia Ginzburg commedia divertente, con finale tragico di Natalia Ginzburg

La segretaria di Natalia Ginzburg commedia divertente, con finale tragico La novità della scrittrice torinese al Carignano La segretaria di Natalia Ginzburg commedia divertente, con finale tragico Lo spettacolo allestito da Salce, con Claudia Giannotti, Donatella Ceccarello, Ludovica Modugno, Mico Cundari « La gente, butta via la. vita come se fosse un secchio d'acqua sporca » dice uno dei personaggi della Segretaria, rappresentata ieri sera al Carignano. E tornano alia mente i versi di Montale: « La vita è questo scialo I di triti latti, vano I più che crudele ». Nella sua seconda commedia, Natalia Ginzburg accumula tra le quinte e dissipa sul palcoscenico un mucchietto di fatti usuali, un po' buffi e un po' dolorosi, che non sviscerano i massimi problemi del teatro d'oggi (incomunicabilità, alienazione, frattura tra le generazioni, difficoltà, o impossibilità, di amare), ma almeno li accennano con una discrezione che può non dispiacere. Anche la gente che va e viene, in una casa di campagna nei dintorni di Roma, per l'ampio soggiorno disegnato da Luca Sabatelli, è abbastanza comune. Se mai è un poco stramba, ma più per il disordine al quale è costretta da una cronica scarsità di mezzi che per insofferenza verso la società. Nino ad esempio, che vive in quella casa con la sorella Sofia, la moglie Titina e una serva brontolona, per tacere di un amato cavallo, non è davvero un tormentato. E nemmeno Titina, tutta presa da due marmocchi, una nuova gravidanza, mali immaginari, noie domestiche. Al più. Nino può ricordare gli squattrinati proprietari terrieri di Cecov (la citazione non è casuale: è curioso come la Ginzburg dia l'impressione c': conoscere e di amare lo scrittore russo più di quanto dica di ammirare il modernissimo Pinter) che per incuria e inettitudine lasciano andare in rovina i loro beni. Non siamo tuttavia in Arcadia. C'è Sofia, anzitutto, che è sposata ad un tizio sparito chi sa dove ed è rabbiosamente innamorata di un editore, per il quale traduce libri gialli, ma che non vuole saperne di lei, a parte che non la paga nemmeno. E poi c'è costui, Edoardo, che è il vero protagonista della commedia, anche se non lo vediamo mai, ma di cui sappiamo tutto, sia dalle interminabili telefonate di Sofia, sia dai discorsi un po' sconnessi di una sua giovanissima amante che Nino, per compiacere Edoardo, accoglie in casa con il pretesto, abbastanza assurdo, di avere bisogno di una segretaria. Altro che segretaria: questa Silvana è soltanto una ragazzetti beat (« un topo, una lucertola i) la chiamano senza malanimo Sofia e Nino) che va in giro in motoretta con una chitarra e un sacco a pelo e non è capace di fare niente, figuriamoci di amare. Se Silvana è l'amante di Edoardo c andrà a vivere per qualche tempo con lui dopo avere tentato, chi sa perché, di avvelenarsi, rieccola al terzo atto (sono trascorsi alcuni mesi) in casa di Nino, e sul punto di maritarsi con Enrico che è il medico, e l'amico, di famiglia, ma che essa accetta di sposare tanto per fare qualcosa, perché pensa clic possa essere una buona soluzione. E Sofia, intanto, continua a rodersi dì amore sino alla tragica conclusione: un suicidio. Non il suo, come forse ci si aspetterebbe, bensì quello, insensato come la sua vita, di Edoardo. Non è facile riassumere la trama della Segretaria, dove tutto è già avvenuto o avvie- ne fuori scena, con quel telefono che fa da coro, e alla fine anche da deus ex machina, come nelle antiche tragedie. Eppure la commedia, piena di difetti e di inesperienza (l'autrice, onestamente, ammette dì scrivere «racconti dialogati»), segna un notevole progresso, anche di struttura, nonostante l'ingenuo espediente di risolvere i nodi drammatici con qualche telefonata, rispetto a Ti ho sposato per allegria. Ha un suono più autentico e meno frivolo di quella, che era fatta addosso ad un'attrice come un abito sgargiante ed estroso ma, tutto sommato, niente affatto pratico. E, si badi, è una commedia divertente (anche per il ritratto, convenzionale ma gustoso, di un certo giro di intellettuali romani): specialmente al secondo atto, che piace di più ai pubblico. Non è il migliore tuttavia, è soltanto il più facile, mentro il terzo atto provoca inevitabilmente qualche sconcerto con l'inaspettato risvolto del suicidio. Ma non è proprio l'amara conferma, come si diceva al principio, che la gente butta via la vita come un secchio d'acqua sporca? Nella messinscena della Segretaria, Luciano Salce ha sfrondato il testo, che nella edizione in corso di stampa da Einaudi è assai più lungo, comprimendo le tirate e gli sfoghi e sveltendo il dialogo, ma con giusto senso del ritmo poiché è riuscito ugualmente a restituire il vacuo cicaleccio che fa da basso continuo alle nostre conversazioni quotidiane e che la Ginzburg sa cogliere con acutezza nei suoi racconti. Gli attori lo hanno assecondato con intelligenza e con misura. Claudia Giannotti è assai persuasiva nel personaggio dì Sofia, Donatella Ceccarello è una Titina insopportabile e lamentosa come il testo richiede, Mico Cundari (Nino) è spassoso nella sua svagatezza, Ludovica Modugno (Silvana), Amos Davoli e Anna Recchimuzzi portano il loro contributo a uno spettacolo che il pubblico ha accolto con calore.e simpatia. Molti applausi e chiamate, anche per l'autrice Alberto Blandi

Luoghi citati: Roma, Sofia