Non cada nel nulla il lavoro per le riforme più importanti di A. Galante Garrone

Non cada nel nulla il lavoro per le riforme più importanti Una proposta di buon senso al Parlamento Non cada nel nulla il lavoro per le riforme più importanti Leggi di estrema urgenza politica e sociale (riforme sanitaria, scolastica, tributaria, del Codice penale) sono state ampiamente discusse dalle Camere; tuttavia non «passeranno» prima delle elezioni - Si chiede che non decada tutto il lavoro già compiuto, ma che il prossimo Parlamento abbia la possibilità di continuarlo invece di riprenderlo da capo L'esasperarsi delle manovre ostruzionistiche al Senato, con la richiesta di discutere in aula tutti i provvedimenti già all'esame delle Commissioni in sede deliberante, minaccia di provocare la totale paralisi dell'attività legislativa delle Commissioni stesse. La gravità del fatto, e delle conseguenze che ne deriverebbero, ci fa sperare che voglia alla fine essere accolto l'appello del presidente del Senato per una « rimeditazione e un ritorno a decisioni più sagge ». Ma al di là dell'episodio contingente, e delle accese dispute che vi si connettono, c'è un problema di fondo, che investe la funzionalità e la stessa ragion d'essere del Parlamento, e dal quale la maggioranza e le opposizioni di destra e di sinistra dovrebbero sentirsi in eguale misura impegnate. Perché il problema, se non risolto a tempo, rischia di screditare irreparabilmente le Istituzioni parlamentari di fronte al paese, di dimostrarne l'iriefficienza e, alla lunga, la quasi inutilità. Si tratta, in parole povere, di questo: una mole enorme di lavoro legiferante, giunto quasi al termine del suo laborioso iter, dopo la trafila degli esami preliminari, delle discussioni, delle deliberazioni di una Camera, e magari del ritorno dalla seconda alla prima per l'esame di qualche marginale emendamento, è condannata a cadere nel nulla; e il nuovo Parlamento dovrà ricominciare tutto da capo, da zero, se vorrà ancora riprendere i disegni di legge giunti quasi in porto. Mesi e anni di studi, di relazioni, di discorsi, di votazioni, buttati al vento come inutile ciarpame; e alla fine una sensazione irritante di.inettitudine, di sperpero di energie, di vacuo accademismo. Lasciamo pure da parte la legge regionale e quella universitaria, così aspramente contestate. Ma si pensi alla riforma sanitaria e ospedaliera, alla revisione del codice penale (il « delitto d'onore»!) e del codice di procedura penale, al diritto di famiglia, alla legge di pubblica sicurezza, o sulla scuola materna di Stato, alla riforma tributaria, alla legge sul referendum e così via. I commentatori politici hanno efficacemente parlato — a proposito di questo sterminio inesorabile — di «massacro degli innocenti », di « ghigliottina », di « condanna di Sisifo ». Una situazione assurda e quasi ridicola; in realtà, drammaticamente seria, esaminata di recente, con assennatezza e dottrina, da Marcello Capurso su La Voce Repubblicana. Sembra che il problema sia ora al vaglio di alcuni partiti, e si delineino proposte di accordo in sede parlamentare. Auguriamoci tutti, per il prestigio del Parlamento e prima ancora per il bene del paese, che si approdi a qualcosa. La regola della decadenza, alla fine della legislatura, di tutto il lavoro legislativo non compiuto, ha certo una sua giustificazione teorica, e anche qualche indubbio vantaggio pratico. Da un lato, il principio della libertà sovrana del Parlamento all'atto del suo rinnovarsi esige che tale libertà non possa venire in alcun modo limitata o condizionata dall'attività delle precedenti Camere. D'altro lato, la decadenza può utilmente servire allo snellimento dei lavori delle future Camere, non appesantite dall'ingombro di tutti i progetti di legge rimasti a mezz'aria; così come le amnistie possono servire ad alleggerire i tribunali, oppressi dai processi pendenti. Ma, come dice bene il Capurso, ciò a cui si deve in qualche modo ovviare è l'applicazione indiscriminata della regola della decadenza. Nessuno pensa di vincolare l'assoluta libertà delle future Camere, accollando ad esse l'obbligo di riprendere e condurre a termine tutto il lavoro svolto dalle precedenti. Si potranno piuttosto adottare opportuni accorgimenti, nel pieno rispet- to di detta libertà: come quello di fissare un termine entro il quale il governo potrà ripresentare i disegni di legge già presi in esame nella precedente legislatura, libero pur sempre il Parlamento di decidere se utilizzare e far proprio il lavoro già svolto. Con ciò, non si intaccherebbe affatto il principio della incondizionata libertà del Parlamento, ma gli si darebbe modo, quando lo credesse opportuno, di continuare a percorrere l'iter legislativo, anziché fare tabula rasa di tutto e tornare al punto di partenza. Insomma, dare alle Camere la possibilità di non buttare via tutta la gran fatica di mesi e di anni, sarebbe, in fin dei conti, la soluzione più ragionevole. Il che sarebbe tanto più giustificato ( fermo sempre il rispetto dell'assoluta volontà del Parlamento) nel caso di leggi costituzionali — che per loro natura non sono vincolate all'indirizzo politico delle contingenti maggioranze, ma attuano i principi stessi della Costituzione —, le leggi di piano, destinate quasi sempre a scavalcare la durata di una sola legislatura, quelle di revisione dei codici, necessariamente complesse. Resta il problema dello strumento idoneo a consentire tale ripresa dell'esame dei disegni di legge al punto stesso in cui erano giunti nella legislatura precedente, considerando le deliberazioni di questa come parte integrante dei propri lavori. Basti qui dire che la regola della decadenza indiscriminata non è scritta nella Costituzione, ma risulta da una tacita prassi. Sicché basterebbe (e anche in ciò concordiamo col Capurso), a norma degli artt. 64 e 72 della Costituzione, un'aggiunta al regolamento di ciascuna Camera, votata dalla maggioranza assoluta dei suoi componenti. Una riforma siffatta potrebb'essere adottata agevolmente dall'attuale Parlamento, sol che si stabilisse fra alcuni gruppi parlamentari un preliminare accordo. E' ciò che, per l'appunto, oggi da Varie parti si pensa di fare. Sarebbe, da parte dei « moribondi » di Montecitorio (per riprendere la celebre formula di Petruccelli della Gattina), un atto di serietà, di realismo, di saggia economia; un modo di valorizzare il lavoro fatto, e di agevolare quello delle future Camere. E non costerebbe un soldo. E' for i troppo, sperare in un gesto di" semplicissimo bujn senso? A. Galante Garrone 4

Persone citate: Marcello Capurso, Petruccelli