«La Bohème» al Teatro Nuovo diretta dal maestro Sanzogno di Massimo Mila

«La Bohème» al Teatro Nuovo diretta dal maestro Sanzogno li» stagione lirica torinese organizzata dall'Ente Regio «La Bohème» al Teatro Nuovo diretta dal maestro Sanzogno L'opera di Puccini interpretata da un gruppo di popolari cantanti, protagonisti Gianni Raimondi e Mietta Sighele - Regista Filippo Crivelli Qualunque cosa possiamo escogitare e scrivere noi critici quando siamo in vena di sembrare originali. La Bohème resta senza alcun dubbio possibile la più bella opera di Puccini, per la ricchezza di invenzione geniale e soprattutto per quell'inimitabile amalgama d'esperienza vissuta e di forma artistica, che le assicura una freschezza ingualcibile, insieme con una fòrza comunicativa che non ha nulla da invidiare ai più abili campioni della « presse du coeur ». A cinque anni dall'ultima esecuzione nelle stagioni del « Regio », essa è ritornata in scena al Teatro Nuovo in un'edizione di alta levatura musicale, quale conviene ad un'opera così universalmente conosciuta e apprezzata. Praticamente si tratta, per il direttore, i due protagonisti e Marcello, della medesima compagnia che la eseguirà tra breve alla Scala; e per le altre parti si può con sicurezza affermare che la compagnia torinese non è da meno di quella schierata dal tanto più ricco teatro milanese. La coppia dei protagonisti è formata dal tenore Gianni Raimondi e dal soprano Mietta Sighele: quello ben degno della sua fama, e questa, che già aveva cantato l'opera a Torino cinque anni fa, maturata nei mezzi vocali e nella coscienza artistica, sì da sembrare avviata a diventare davvero una specialista del ruolo. Entrambi hanno voce limpida e sfogata nel registro acuto, un po' più oscura nella regione media e grave, dove la percepibilità e la pronuncia lasciano un poco a desiderare. Ma Raimondi non è soltanto una bella voce e un attore disinvolto: è pure espertissimo a dosare lo sforzo e l'impegno dell'emissione vocale, sprigionandola là dove essa risulta meglio ed ha le maggiori opportunità di svettare in cima al fragore dell'orchestra, risparmiando saggiamente le forze là dove sarebbe fatica sprecata cercare di perforare 'la /scrittura orchestrale d'un Puccini giovane ed esuberante, forse un po' ottimista sui volumi delle voci. E nella Sighele non dispiace una certa opacità del registro grave, che dà alla voce un calore pastoso, quasi di confidenza parlata. Il resto della compagnia è ben degno di simili protagonisti. Mariella Adani disegna una Musetta vivace, spigliata, e nello stesso tempo stilisticamente pura, e al riparo da cedimenti sul piano degli effetti facili. Gli amici di Rodolfo possono contare su due artisti di merito quali Rolando Panerai e Renato Cesari, baritoni avvezzi a responsabilità di prime parti, e Lorenzo Gaetani, Michele Casato, Alfredo Mariotti, Sergio Rupiani, Alberto Albertini e Pierluigi Latinucci completano degnamente la compagnia. Ottima la prestazione del coro, istruito da Antonio Brainovich, ed impetuosa, quasi entusiastica la direzione di Nino Sanzogno, che mette in grande rilievo i pregi sinfonici della partitura: specialmente la sua originalità e modernità di timbri isolati, chiamati ad emergere per brevissimi incisi, in una varietà cangiante che lungi dal produrre effetti artificiosi di « puntillismo », si organizza invece in un discorso strumentale filato e continuo. Nelle scene di Nicola Benois, d'ottimo gusto tradizionale, la regìa di Filippo Crivelli ha mosso i personaggi e le masse con gusto e con naturalezza, raggiungendo effetti assai brillanti nel festoso carnevale del second'atto, e donando all'azione il giusto ambiente nella soffitta di Rodolfo. Qua e là qualche strana distrazione potrebbe essere facilmente rimediata. Per esempio. Rodolfo canta « Nei cieli bigi » seduto sul tavolo, con le spalle volte alla finesi ra. E' chiaro che almeno nel momento in cui Marcello gli chiede: « Che fai? », e lui risponde che sta guardando Parigi fumare dai mille comignoli, dovrebb'essere vicino alla finestra e guardare fuori, libero poi, durante il canto, di muoversi come e dove gli pare. Non sono pignolerie vane, ma particolari dai quali può emergere il significato, e perciò la naturalezza d'una celebre pagina vocale che non è un isolato pezzo da concerto, ma s'inserisce nell'azione e soprattutto conferisce alla delineazione iniziale dell'ambiente. Bollissimo e meritato il successo decretato dal folto pubblico, che ha chiamato più e più volte alla ribalta il direttore e i cantanti, ed ha spesso applaudito a scena aperta. All'entrata del teatro le or¬ ganizzazioni sindacali dello Spettacolo facevano distribuire da eleganti giovanotti in panni ottocenteschi un foglio ciclostilato nel quale viene esposta, con equilibrato e misurato discorso, e con l'evidenza delle cifre, l'ingiustizia di cui è vittima l'Ente Lirico del Regio nella ripartizione delie sovvenzioni ministeriali. Lasciamo stare che la sovvenzione della Scala ammonta a dieci volte la sovvenzione di Torino: non osiamo nemmeno levare lo sguardo a sì eccelse altezze. Ma osserviamo che la sovvenzione accordata al penultimo in graduatoria degli Enti Lirici, è quasi il doppio di quella assegnata al « Regio », staccatissimo fanalino di coda. Qualunque commento è superfluo. Massimo Mila

Luoghi citati: Parigi, Torino