Città del Messico cresce tumultuosa su uno sterminato museo sotterraneo di Luciano Curino

Città del Messico cresce tumultuosa su uno sterminato museo sotterraneo IL DESTINO UNICO DI UNA METROPOLI SPLENDIDA E SQUALLIDA Città del Messico cresce tumultuosa su uno sterminato museo sotterraneo Ha sette milioni di abitanti, e continua ad allargarsi sull'altopiano circondato da vulcani - Le immense strade non bastano a smaltire il traffico: si sta costruendo una metropolitana lunga 20 chilometri - Gli scavi riportano alla luce, per la prima volta dopo quattro secoli e mezzo, l'antica e superba città degli aztechi, distrutta fino all'ultima pietra dai conquistatori spagnoli - La rivelazione di questa necropoli sotto i quartieri modernissimi è un'altra contraddizione che s'aggiunge alle molte di questa capitale: ricca e povera, europea e india, colorita ed efficiente (Dal nostro inviato speciale) Città del Messico, 29 gennaio. Stanno costruendo la Metropolitana, che è lunga venti chilometri: scavano nella grande città santa degli aztechi. Si chiamava Tenochtitlan, aveva 60 mila case, decine di piramidi-templi, 300 mila abitanti. Cortes la conquistò, la rase al suolo, sopra vi costruì Città del Messico. Mai nessuna città — nemmeno Troia né Cartagine — fu rasa al suolo con più impegno. Di Tenochtitlan emergono soltanto pochi sassi — forse il basamento di una piramide — nella piazza principale, che si chiama Zocalo. Ma ora, a sette metri sotto il suolo, gli operai del « metrò » vanno per la vecchia città azteco. Parecchi di loro sono indios aztechi: che cosa provano là sotto, nella loro città santa riti-ovata? Non si riesce a sapere. Si dice: « Per capire il Messico bisogna capire gli indiani, perché il Messico è un paese indiano. Ma chi capisce gli indiani? ». Gli archeologi stanno sotto terra, alle spalle degli operai con le perforatrici. « Piano, piano. Precauzione » raccomandano. « Creda, diventiamo matti » mi dice uno di loro, Martin Arano. Ogni giorno, in media, recuperano duemila « pezzi »: sono sculture di pietra, ori, utensili casalinghi e armi. Sotto la chiesa di Montserrat si è trovata la statua di una divinità collerica, più alla di un metro, cosa preziosissima. Gli operai scavano. Entrano in cucine azteche., passano in una scuola, attraversano una piazza dove si teneva mercato, perforano la base del tempio di Xochipillo, principe dei fiori e della danza amorosa, si infilano in un magazzino per il mais. Gli edifici pubblici e privati di 447 anni fa, quando Tenochtitlan fu distrutta. Gli operai riemergono indifferenti in avenida Chapultepec, nelle calles Salto de Agua e 20 de Noviembre. Oggi sono entrati in un ufficio tributario azteco. Non si sa dove capiteranno domani. Questa città imbalsamata in una immensa cripta sotterranea affascina e turba. Si arriva a Mexico e da principio non ci si fa caso. Ma poi si va a vedere la cattedrale barocca e si sente dire che è costruita sopra i resti del « teocalli », il grande tempio dove gli aztechi sacrificavano alle loro divinità avide di cuori e di sangue. In un solo giorno, su questa « teocalli » ventimila giovani e ragazze furono sacrificati: i cuori strappati dai petti mentre tamburi suonavano lugubri. Si va al Palazzo Nazionale a vedere gli affreschi di Diego Rivera e si sente dire che l'edificio è costruito sui resti del palazzo di Montezuma, l'ultimo imperatore azteco. Cosi va a finire che si passa per una strada, si attraversa un giardino, si entra in una tabaccheria e ci si chiede: « Chissà che cosa c'è qui sotto ». Il fantasma di Tenochtitlan è sempre presente e muove la fantasia. I grandi alberi delle avenidas e dell'Alameda, il parco centrale, affondano le radici in case dove cinque secoli fa gente nasceva e moriva, amava, piangeva e rideva, al mattino le donne impastavano e cuocevano tortillas. E sotto Zocalo. la più vasta piazza delle Americhe, che cosa ci sarà? L'archeologo Arano mi dice: « Ci sono i trenta edifìci del centro governativo e religioso. Ci sono i templi di Huitzilopochtli, di Texcatlipoca, di Quetzalcoatl il " serpente piumato " e molti ancora. C'è forse l'altra pietra del sole, il calendario azteco: le cronache dell'epoca parlano di due, ma una sola è stata trovata. La meta è Zocalo: è qui sotto che bisogna cercare e si avrà allora un museo sotterraneo unico al mondo ». Dalla finestra del mio albergo vedo il monumento a Cuauhtemoc. l'ultimo e sfor- tunato guerriero degli aztechi. Leva la lancia contro il grattacielo di una compagnia aerea. La statua è all'incrocio tra il paseo de la Reforma, una delle più i belle strade del mondo, e Z'avenida Insurgentes, lunga quasi 40 chilometri. Il traffico è impressionante: corrono la città e sì ingorgano ventimila taxi, diecimila autobus (ma non sono sufficienti: entro ottobre ne entreranno in circolazione altri tremila), nei grandi corsi le auto vanno e vengono su otto file. In una pianura alta quasi 2300 metri sul livello del mare la città si allarga splendida e squallida. Tutto attorno stanno le montagne: i vulcani Popocatepeti e Ixtaccihua.lt sfiorano i 5500 metri, il sole strappa bagliori dai picchi ghiacciati. Dicono che la città ha quasi sette milioni di abitanti, ma nessuno sa qual è la cifra esatta perché ogni giorno arrivano da tutto il Paese migliaia di persone scappate da una vita grama e in questa immensa periferia trovano un posto per costruire una baracca di assi e di cartone. Invece il centro — la « zona de oro » — è irto di grattacieli. Non si pensi a New York. Sì. grattacieli di acciaio e cristallo, ma cresciuti tra le palme, e fra uno e l'altro capita di vedere una casa spagnolesca con il fresco patio. Contrasti. La Città Universitaria ha 70 mila studenti ed è forse la più moderna del mondo, ma si vedono nelle piazze gli evangelistas che per pochi pesos scrivono le lettere degli analfabeti. Nel grande Centro Medico — ospedali, laboratori, convalescenziari — i lavoratori hanno l'assistenza gratuita, ma al mercato della Merced le curanderas hanno sempre clienti: esse fanno le diagnosi strofinando un uovo sul corpo del malato, lo rompono in un piatto e studiano la forma assunta dal tuorlo, poi de¬ cidono il rimedio: qualche erba o un amuleto. Nelle strade c'è furia di vita. Negozi ricchi, eleganti. Un cappellaio espone sombreros di feltro, bianchi e neri, sontuosamente ricamati: 1500 pesos, 75 mila lire. Un peón li guarda affascinato. E' scalzo, ha calzoni ii tela bianca arrotolati a metà gamba, un logoro cappello di paglia. La moglie con tre bimbi in centi, lo chiama dolcemente per andare via, lui risponde di al ma non riesce a staccarsi da quella vetrina. Santo cielo: li ha mai avuti 1500 pesos? La moglie lo prende per un braccio, finiscono nella folla, il marito si volta ancora a dare un'ultima oochiata ai favolosi sombrero». La folla più diversa: creoli, indiani, meticci. Chiunque di loro potrebbe diventare presidente della Repubblica. Benito Judrez, creatare del Messico moderno, era indio zapoteco. « Siamo un popolo di sangue misto » sento ripetere da parecchi giovani. In un ristorante di calle Liverpool c'è questo motto scritto su una parete: « Cristiani per grazia di Dio, gentiluomini per la nostra ascendenza spagnola, nobili signori per 1 nostri antenati indiani: ecco cosa siamo noi messicani ». Luciano Curino

Persone citate: Benito Judrez, Cortes, Cuauhtemoc, Diego Rivera, Martin Arano

Luoghi citati: Città Del Messico, Liverpool, Messico, New York