II governo ed il Sifar di Vittorio Gorresio

II governo ed il Sifar II governo ed il Sifar (Con il pretesto di cercare la verità sulle «deviazioni» del servizio segreto, le opposizioni avrebbero voluto scardinare il centrosinistra e i rapporti tra il nostro Paese e gli alleati nella Nato) Roma, 27 gennaio. Voci di una possibile crisi ministeriale hanno infestato l'atmosfera politica durante la scorsa settimana. Sembra, del resto, che il mese di gennaio sia propizio ad esercitazioni polemiche del genere. Anche l'anno scorso, appunto in questi giorni, infieriva un dibattito sulla necessità di procedere alla « verifica » dei rapporti fra democristiani e socialisti, e Nenni era stato invitato dai suoi a lasciare il governo. Poi gli riuscì di ricomporre la coalizione e salvare il centro-sinistra. L'anno precedente, 1966, il 21 gennaio l'onorevole Moro era stato invece ridotto a doversi dimettere per un contrasto a proposito della scuola materna, ed impiegò trentadue giorni a ricostituire la maggioranza. Quest'anno, al rischio della crisi di gennaio ci siamo trovati esposti a causa delle vertenze che riguardano il Sifar, i possibili abusi di potere da parte di qualche generale e le eventuali condiscendenze di alcuni uomini politici. Se ad una crisi fossimo arrivati, avremmo potuto chiamarla a scoppio ritardato, trattandosi di fatti e colpe risalenti al 1964. D'altra parte, non solo l'elemento tempo la rendeva ingiustificabile, perché venendo al merito della questione il governo, che si sarebbe voluto assalire attraverso la procedura della Commissione parlamentare d'inchiesta, è quello che, senza bisogno di sollecitazioni del Parlamento né di partiti, aveva già intrapreso di propria iniziativa l'opera di risanamento nel settore dei servizi segreti dello Stato. E' questo governo, difatti, che nel giugno del 1966, su proposta del ministro della Difesa in carica, onorevole Tremelloni, esonerò il generale Allavena dalla direzione del Sifar, disponendo una radicale riorganizzazione del servizio. Accertato in settembre di quell'anno che alcune gravi deviazioni erano avvenute durante la precedente gestione, fu questo governo a ordinare una prima indagine di carattere amministrativo, affidata ai generali Beolchini e Turrini, e al consigliere di Stato Lugo. La Commissione presentò le sue conclusioni 1*11 aprile 1967, e quattro giorni dopo, il 15, un Consiglio dei ministri straordinario, al termine di una laboriosa riunione durata cinque ore e mezzo, esonerava dalla carica di capo dì Stato Maggiore dell'esercito il generale De Lorenzo, ritenuto a suo tempo ispiratore od almeno partecipe delle cosiddette « deviazioni » del Servizio Segreto. Non passava una settimana, e il 21 aprile il ministro Tremelloni dava conto al Senato degli accertamenti compiuti e dei provvedimenti adottati, nel corso di un dibattito, aperto quanto acceso, che durò tutta una giornata a Palazzo Madama. Naturalmente, si parlò di crisi anche allora, dato che in tali circostanze l'eccitazione degli animi è più facile della disposizione a valutare le situazioni obbiettive e ad attribuire onestamente le colpe. Tuttavia, incriminare un governo che si era dimostrato pronto a indagare come a dare conto dei risultati, sarebbe stato molto difficile, già l'anno scorso. Quest'anno, in ogni modo, il caso è identico: in presenza di nuove denunce che allargano il campo della ricerca — dalla questione dei fascicoli del Sifar al presunto colpo di Stato del giugno-luglio 1964 — il governo ha disposto nuove indagini, incaricandone due generali e un ammiraglio, Lombardi, TJnia e Mirti Della Valle. L'inchiesta amministrativa verrà così ad integrare quella che è in corso in sede giudiziaria. Il ministro Tremelloni è stato criticato per averla affidata esclusivamente a militari, ina un rimprovero opposto gli era stato rivolto nel 1966, perché aveva chiamato anche un civile — il consigliere Lugo — a far parte della commissione Beolchini. Da ciò si vede come nella varietà degli apprezzamenti resti presente sempre la costante della condanna del governo, checché faccia. Una volta ancora, siamo stati al rischio di ima crisi, e Nenni ha detto molto bene quali ne sarebbero state le conseguenze sul piano politico generale, certo più gravi in questa vigilia di elezioni che nei mesi di gennaio del '67 e del '66. C'è comunque da aggiungere che non soltanto per evitare una crisi di governo si imponeva il rigetto della proposta di inchiesta parlamentare. La preclude la stessa materia dell'indagine — i servizi di sicurezza dello Stato — che in tutti i paesi del mondo è sottratta all'intervento parlamentare. Come ha ricordato alla commissione Difesa della Camera il relatore on. Gustavo De Meo, nessuna inchiesta parlamentare si è avuta in Francia per i fatti d'Algeria o per il caso Ben Barka. Né in America per lo sbarco fallito nella baia cubana dei Porci, né in Inghilterra per le fughe in Urss di alcuni re¬ sponsabili del controspionaggio, né tanto meno nella Unione Sovietica dopo la rimozione di Serov. Da parte comunista si sarebbe invece voluto penetrare nell'ambito vietato, non solo per sapere quali relazioni siano corse in altri tempi fra politici e militari italiani, ma anche per conoscere struttura e funzionamento dei servizi di informazione supernazionalmente coordinati nella Nato. Non è un mistero che essi esistano e che per l'Italia facessero capo al Sifar (oggi al Sid) dato che in una alleanza militare integrata sono integrati, oltre ai comandi operativi, anche i servizi di sicurezza. Apertamente quanto ingenuamente, comunisti e socialproletari proclamarono del resto i loro propositi in occasione del dibattito del 21 aprile '67 a Palazzo Madama. Col pretesto di cercare la verità sul colpo di Stato, si sarebbe voluto colpire il centro-sinistra, all'interno, e scardinare il sistema della nostra collaborazione in sede di alleanze internazionali. L'ambizione era grossa, ma fin troppo scoperta la manovra perché potesse avere effetto. Vittorio Gorresio

Luoghi citati: Algeria, America, Francia, Inghilterra, Italia, Roma, Unione Sovietica, Urss