Al processo De Lorenzo-L'Espresso interrogati gli ultimi due testimoni di Guido Guidi

Al processo De Lorenzo-L'Espresso interrogati gli ultimi due testimoni Il tribunale decide oggi se chiudere il dibattito Al processo De Lorenzo-L'Espresso interrogati gli ultimi due testimoni Sono i colonnelli Mingarelli e Bittoni che nel 1964 appartenevano alle divisioni dei carabinieri di Milano e di Roma - Per il primo le liste contenevano nome e professione delle persone sospette, per il secondo anche il grado di pericolosità (spia, sabotatore) - Mingarelli: « Ci dissero di aggiornarle in attesa di eventuali ordini di arresto dal comando generale dell'Arma » - P. M.: « Ma il comando non poteva far arrestare nessuno » - Mingarelli: « Lo so; e se l'ordine non fosse stato idoneo non l'avrei eseguito » - Bittoni nega che ci fosse un piano per occupare la Rai-tv (Nostro servizio particolare) Roma, 26 gennaio. L'indagine del tribunale, per il processo De LorenzoL'Espresso, in teoria almeno, è conclusa; sono stati interrogati tutti i testimoni sinorà convocati in aula. Ma non si può escludere che domani i giudici decidano di sentire altre persone. E si tratta di una eventualità niente affatto improbabile se lo stesso Presidente, oggi, ha affacciato l'ipotesi che forse sarebbe opportuno ascoltare almeno un altro ufficiale dei carabinieri. L'udienza di domani, comunque, è interamente dedicata a risolvere il quesito: si deve considerare sufficiente il materiale sinora raccolto e passare quindi alla discussione, come va sostenendo da tempo il Pubblico Ministero, o è necessario, invece, andare avanti ancora nell'istruttoria dibattimentale? Oggi, due testimoni soltanto. Sono gli ultimi di tutti coloro che il tribunale ha deciso di prendere in esame in questa seconda fase dell'inchiesta: il col. Dino Mingarelli ed il col. Luigi Bittoni. Nell'estate 1964 erano i capi di Stato Maggiore delle divisioni di Milano il primo, di Roma il secondo. Entrambi hanno dovuto fornire al tribunale chiarimenti sulle liste di coloro che avrebbero dovuto essere arrestati perché « pericolosi » per la sicurezza dello Stato. Lo scopo vper cui queste liste compilate dal Sifar vennero consegnate nel giugno 1964 ai carabinieri rappresenta un punto fondamentale di tutta questa storia. Dovevano essere soltanto aggiornate o erano collegate ad un piano il cui sviluppo immediato significava l'arresto di coloro che in quelle liste erano indicati? Il col. Mingarelli, primo ad essere interrogato, ha, detto di essere stato convocato a Roma il 27 giugno 1964 per una riunione nella quale si dovevano studiare i piani per la ristrutturazione dell'Arma dei carabinieri; di essere stato chiamato dal capo di Stato Maggiore gen. Picchiotti il quale, dopo avere detto a lui e ai suoi due colleghi, anche loro capi di Stato Maggiore divisionali, che « la situazione generale era fluida e suscettibile di sviluppi sotto il profilo dell'ordine pubblico ». spiegò come sarebbero state consegnate a tutti delle liste di persone pericolose per la sicurezza dello Stato. « L'obiettivo — ha sottolineato il col. Mingarelli — era l'aggiornamento di queste liste e la vigilanza delle persone in esse indicate. Il gen. Picchiotti aggiunse che qualsiasi provvedimento limitativo della libertà personale non poteva essere adottato senza specifico ordine del Comando generale ». P.M. — Ma il Comando generale non può disporre la limitazione della libertà personale. Col. Mingarelli — Io, oltre ad essere capo di Stato Maggiore, sono anche ufficiale di polizia giudiziaria e quindi conosco il Codice penale. Posso affermare che se fosse arrivato un ordine illegittimo non lo avrei eseguito: questo è certo ». Dopo la riunione di Roma ve ne fu un'altra a Milano nell'ambito della divisione, quella di cui ha parlato il gen. Cosimo Zinza, a suo tempo. Vi parteciparono tutti i comandanti di legione ed anche quelli dl brigata. « Ritenni di convocare anche questi ultimi — ha spiegato il col. Mingarelli — perché, pur non essendo organismi operativi, era norma della mia divisione informare anche tali comandi ». Ma venne convocato anche il comandante del 1" Reggimento della brigata meccanizzata, colonnello Pasqualetti, per il quale, se si fosse trattato soltanto dell'aggiornamento delle liste, l'argomento era fuori delle sue competenze. Come mai? ha voluto sapere la difesa dei giornalisti. « Per disposizione del Comando generale e per prassi seguita dalla mia divisione — ha spiegato il colonnello Mingarelli — alle riunioni partecipavano spes, so anche i comandanti di reparti dell'Arma che non dipendevano da noi » Che cosa avvenne durante la riunione che aveva come oggetto soltanto quello d'or dinare che venisse controllato se le persone indicate nel le liste compilate al Sifar fossero ancora vive e se fossero esatti i loro indirizzi? « Si iniziò — ha detto U co- lonnello Mingarelli con ) una esposizione da parte dei singoli comandanti di legione sulla situazione dell'ordine pubblico nei rispettivi territori. Nel complesso si rilevò che non c'erano gravi motivi di preoccupazione anche se esistevano situazioni locali di una certa tensione ». Dopo avere informato gli ufficiali presenti che a Roma si nutrivano delle preoccupazioni, come aveva accennato il generale Picchiotti, il col. Mingarelli distribuì ai comandan ti le liste per le zone di loro competenza. Presidente — Ricorda qualche nome di quelli indicati nelle liste? Col. Mingarelli — Non lo ricordo: ho esaminato le liste sommariamente. Presidente — Ma vi erano nomi di personalità politiche, di uomini di governo? Col. Mingarelli — A me quei nomi non dicevano nulla. Presidente — Nelle liste figuravano soltanto il nome, cognome ed indirizzo senza altre indicazioni? Col. Mingarelli — Mi seni bra che non contenessero al tre indicazioni. Tutt'al più indicava la professione e la attività di ciascuno, non la pericolosità. Avv. Pisapia (difensore) — Ricorda se vi era il nome dell'on. Francesco Scotti, co munista? Col. Mingarelli — Non lo ricordo. P. M. — L'aggiornamento delle liste fu disposto per co nascere soltanto gli indirizzi delle persone pericolose o anche perchè si poneva in relazione in vista di eventuali disordini?- Col. Mingarelli — Non mi venne detto a Roma se l'aggiornamento era in funzione della situazione del momento. P. M. — Si parlò durante la riunione a Milano di tuo ghi dove concentrare gli arrestati? Col. Mingarelli — Non mi risulta, come non mi risulta che si parlò di un locale all'aeroporto di Linate dove riunire eventualmente gli arrestati. Un discorso del genere sarebbe stato comunque inutile se si tiene conto che a Linate esiste una caserma dei carabinieri: non era necessario quindi trovare un altro locale. Avv. Crisafulli (Parte Civile) — Lei è stato interro gaio dal gen. Manes? Col. Mingarelli — Sono sta to interrogato. Mi chiese un giudizio su quanto era av venuto nel giugno luglio 1964 Gli risposi che non era ac caduto nulla sia perché le di¬ sposizioni impartite erano le- gitarne, sia perché se le predisposizioni prese erano ido nee a compiere un colpo di Stato, lei, dissi al gen. Ma nes, avrebbe tutto il diritto di cacciarmi via in malo modo ed invitarmi a fare un altro mestiere: sia perché il gen. De Lorenzo non si sarebbe mai rivolto a me in quanto fra noi vi erano stati dei contrasti di natura concettuale. Il gen. Manes mi chiese se volevo sottoscrive' re quanto gli avevo detto; gli risposi che la mia parola valeva quanto qualsiasi cosa scritta. Secondo testimone, il col. Luigi Bittoni. Nell'estate 1964 era capo di Stato Maggiore a Roma. Fu convocato il 27 giugno al comando generale e poi « casualmente » fu chia mato dal capo di Stato Maggiore gen. Picchiotti il quale disse che sarebbero state distribuite delle liste di persone che avrebbero dovuto essere controllate e vigilate! Ha spiegato anche il col. Bit-toni: « Se si fossero veriAcati gravi movimenti di piazza avremmo dovuto procedere al loro fermo. In caso di flagranza di reato avremmo dovuto arrestarle » Le persone delle liste relative alla competenza della divisione di Roma che comprende tutta l'Italia Centrale compresa l'Emilia erano 300 o 350 e — ha aggiunto il col. Bittoni in contrasto con quanto poco prima aveva spiegato il col. Mingarelli — accanto a ciascun nome oltre che l'indirizzo vi era annotato se si trattava di una spia o di un sabotatore. « Qualche nome? Nessuno era noto » ha detto il col. Bittoni. Egli si ricorda soltanto quello del gen. Zani morto da alcuni anni a Bologna e quello di certo Bonazzi. « Era un politico bolognese, credo socialista — ha spiegato il col. Bittoni — per me nient'affatto pericoloso ». P.M. — Il gen. Dagoberto Azzari, allora colonnello, fece presente che alcune persone indicate nella lista non erano affatto pericolose. E' vero? Col. Bittoni — E' vero. Gli risposi che l'ufficiale del Sifar ten. col. Bianchì dal quale avevo ricevuto le liste mi aveva assicurato che tutte le persone indicate nelle liste erano pericolose e che quindi forse il Sifar aveva altri elementi per fare una valutazione diversa dalla nostra. Avv. Pisapia — Il gen. Azzari le ha attribuito questa frase: « Si tratta di quadri dirigenti dell'apparato ». Il gen. Ciglieri ha censurato la parte successiva. A quale apparato si riferiva? Col. Bittoni — Non ricordo, ma escludo di avere dato una risposta del genere. D'altro canto il gen. Azzari mi attribuisce di avere parlato di persone iscritte al pei indicate nelle liste. Anche questo non è vero. Avv. Pisapia — Non è esatto: il gen. Azzari dice che ha fatto questa osservazione direttamente al gen. Manes. non di averla fatta a lei. Presidente — Lasciamo stare. Semmai questo dettaglio lo chiederemo al gen. Azzari. Aw. Reale (difesa) — E' vero che a Roma fu disposto che i comandanti di brigata non fossero informati di quanto era stato detto nella riunione? Col. Bittoni — E' vero: lo facemmo per ragioni di riservatezza. Aw. Reale — Perché tanta riservatezza se si dovevano soltanto aggiornare le liste è inspiegabile. Comunque, nella sua carriera ha mai ricevuto liste del Sifar da aggiornare? . ,L.. -Col., Bittoni — Mai. Ultime spiegazioni del colonnello .Bittoni: non fu preparato un piano per occupare gli edifici della Rai-tv nell'estate 1964; fu interrogato dal gen. Manes al quale ha detto quello che ha ripetuto oggi al tribunale; ha aggiunto: «Se avessi previsto la sorte della mia dichiarazione avrei preferito completarla ». Domani, nuova udienza. Guido Guidi colonnello Luigi Bittoni, nella fotografia in alto, ed il colonnello Dino Mingarelli ieri dopo là deposizione al Palazzo di Giustizia romano (Telefoto Ansa)