«Il ladro di Parigi» di Malle gustosa storia fine Ottocento

«Il ladro di Parigi» di Malle gustosa storia fine Ottocento SULLO SCHERMO «Il ladro di Parigi» di Malle gustosa storia fine Ottocento « Professionisti per un massacro »: tre furfanti protagonisti di un western europeo (Nazionale) — Nella Parigi fin de siècle (la stessa in cui è ambientato il coevo romanzo di Georges Darien) il regista francese Louis Malie ha introdotto umori moderni di disgusto e di rivolta, i Quali fanno di Georges Rondai, il protagonista del Ladro di Parigi, un confratello, sia pur giocoso, dell'Alain dì Feu follet. Anche questo Randal è uno sconfitto, un deluso; è la vìttima d'una società corrotta, sorda alle esigenze sociali. Ma il suo modo di vendicarsi non è il suicidio, bensì il furto, anzi una collana di furti che scompigliano quella società non meno delle bombe degli anarchici e fanno di lui un personaggio importante, sebbene, alla fine, un'altra volta deluso. Il film è tramato delle sue gesta di scassinatore, così fitte e godute che le donne (le sue graziose complici) non ricevono da lui che cure distratte. Spogliato dei suoi averi da uno zio tutore, che gli ha anche impedito di sposare l'amata cuginetta, Randal comincia dal derubarne il pretendente, primo passo di una carriera di ladro che combina perfettamente col suo sentimento di giustizia conculcata. In tal modo egli si dà a raddrizzarla, compiendo un furto dopo l'altro, su un mobile sfondo di viaggi, incontri e avventure con belle avventuriere e truffatori internazionali. I frutti sono lauti. Morto lo zio e falsificatone il testamento, riconquistata la cugina, Randal è ormai straricco; e se continua il mestiere di ladro, è perché il gusto dì rubare gli è entrato nel sangue. Di qui l'amarognolo dell'epilogo: al protestatario, al giustiziere privato d'una so- cietà guasta, è succeduto un vizioso, un individualista della più bell'acqua. Regista colto. Malie ha tenuto perfettamente in pugno il film per quanto è finezza d'ambienti e di tipi, scatti di spirito, contrappunti ironici e leggiadria di movimenti. Si è anche qua e là ricordato, non servilmente, di «Casque d'or», offrendoci un saporoso quadro di ambiente. Ma non ha totalmente disperso da una vicenda che più che altro si affida all'intrigo, l'impressione del gratuito. Ottimo, e in gara di sottigliezza col regista, Jean-Paul Belmondo, attorniato da Marie Dubois, Genevìéve Bujold (la « Nadine » della « Guerra è finita ») e da bravi caratteristi. * * (Corso) — Che dire di Professionisti per un massacro che non si sia già detto di tanti altri western europei? Diretto per il grande schermo a colori da Nando Cicero, ricalca i luoghi comuni del fortunato « sottogenere » senza tuttavia esagerarli o trivialìzzarli troppo. Tre furfantacci ma simpatici, il primo pinzochero, il secondo buffone, il terzo glaciale, mettono nel sacco sudisti, nordisti e banditi messicani appropriandosi un carro di pepite d'oro. Le avventure sono concertate con abilità, sparatorie e pugilati abbondano, e la chiusa è ritardata da un susseguirsi di colpi di scena che rovesciano ogni volta la situa zione sino a fissarla, senza falsi moralismi, nell'apologia della scaltrezza. E poiché il termine di paragone è la guerra, si capisce che i tre marioli finiscano col fare la miglior figura. Peccato che l'episodio del bandito Primero e della sua « pittoresca » famiglia, inserito soltanto per amore di sadismo, sia proprio una cosa sciagurata. George Hilton, George Martin ed Edd Byrnes, ì vispi interpreti. 1. p.

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