Nessun imputato dice come sfumarono i 100 milioni dalla banca del Vogherese

Nessun imputato dice come sfumarono i 100 milioni dalla banca del Vogherese Cominciato il processo per fi dissento di Torrazzo: Coste Nessun imputato dice come sfumarono i 100 milioni dalla banca del Vogherese Gli accusati sono dieci - L'ex direttore dell'Istituto di credito deve rispondere di bancarotta fraudolenta, falso e truffa - Si difende: « Per fare fronte a grossi scoperti dovetti distrarre somme da altri conti» - I coimputati dicono: «Non sapevo nulla, ero estraneo a tutto, ho sempre pagato» (Dal nostro inviato speciale) Voghera, 22 gennaio. Il processo per il crack della Cassa Rurale e Artigiana di Terrazza Coste, nel Vogherese, si è iniziato stamane dinanzi al Tribunale di Voghera e l'intera giornata è stata occupata dall'interrogatorio dei dieci imputati; il dibattito riprenderà domani e si prevede durerà una decina di giorni. Il maggior imputato è il rag. Alide Adaglio, di 56 anni, ex direttore del piccolo istituto di credito travolto da un clamoroso dissesto: detenuto dall'ottobre del 1966, deve rispondere di bancarotta fraudolenta per un centinaio di milioni, di parecchi falsi in assegni e documenti contabili, di appropriazione indebita e truffa aggravata e continuata. Con lui vengono giudicate altre nove persone: Livio Catenacci di 40 anni da Voghera; i coniugi Antonino Papa- Ha e Fiorella Mangiarotti di 40 e 35 anni da Pavia; il conte Alberto Melzi D'Eril di 46 anni da Milano; il cinquantunenne milanese Giulio Panigatti; Felice Ascagni di 42 anni abitante a Corvino San Quirico; il quarantaseienne Luigi Ceroni, residente a Certosa di Pavia; Italo Manfredi di 47 anni da Milano; il quarantaquattrenne Silvio Curti da Mezzana Bigli. Anche il Catenacci è in stato di detenzione, mentre il Manfredi e il Papalia, dopo un certo periodo di carcere,' sono ora in libertà provvisoria: il Curti, colpito da ordine di cattura, è latitante. Pure assente dal processo la Mangiarotti-PapaHa. in attesa di divenire madre. Il 15 gennaio del '64 il Ministero del Tesoro, con suo decreto, poneva in liquidazione coatta amministrativa la Cassa Rurale e Artigiana di Torrazza Coste, che a causa di imprese speculative e avventate operazioni commerciali intraprese dal suo direttore, si trovava con uno scoperto di oltre 100 milioni; quindi il Tribunale di Voghera, nel novembre dello stesso anno, dichiarava lo stato di insolvenza dell'Istituto di credito. Il direttore veniva accusato di aver asportato i libri contabili, assegni, schede di conti correnti, di aver consentito l'apertura di conti correnti irregolari con conseguenti ingenti erogazioni da parte della Cassa di tondi allo scoperto, di aver emesso libretti di risparmio fittizi, privi di copertura e recanti la falsa firma del presidente dell'Istituto di credito, don Luigi Casella, di 53 anni, parroco di Torrazza Coste. Si giunse così al rinvio a giudizio dell'Adagilo e dei presunti complici. Il Catenacci è accusato di concorso con l'Adaglio in bancarotta per oltre 23 milioni; il Curti a sua volta deve rispondere di concorso in bancarotta ancora con l'Adaglio e con il Manfredi. I coniugi Papalia, col Panigatti.Àl Ceroni e l'Adaglio stesso sono imputati di aver formato falsi libretti di deposito presso la Cassa Rurale per un importo non coperto di molti 'milioni, libretti serviti poi per commettere truffe, ' ottenendo finanziamenti da altre banche. Di analogo falso è imputato il Melzi, mentre il Papalia e l'Ascagni sono ancora accusati di concorso con. l'Adaglio in alcuni atti di bancarotta. Dichiarata aperta l'udienza dal presidente Caroselli, si è avuta un'unica costituzione di parte civile, quella del trentottenne Giancarlo Donesini, da Bronì, che afferma d'essere rimasto danneggiato per le irregolarità commesse dalla Cassa Rurale di oltre 32 milioni: il suo legale, avv. Novarini, chiede che la responsabilità civile venga estesa al presidente don Casella e agli altri consiglieri d'amministrazione, gli agricoltori Angelo Gandini, vice-presidente, Eugenio Gabetta, Cesare Nobile, Guglielmo Semino e Tommaso Algeri; si oppone l'avv. Arbasino. patrono del sacerdote, e il Tribunale accetta la costituzione di parte civile soltanto nei confronti dell'Adagilo. Gli avvocati Langscedel e De Blasì sollevano invece due eccezioni di. nullità per parte della sentenza dì rinvio a giudizio dell'Adaglio e del Manfredi, ma su analogo parere del p.m. Santachìara, il Tribunale le respinge.. A mezzogiorno si può così iniziare l'interrogatorio dell'ex direttore dell'Istituto dì dedito. Alide Adaglio in gran parte accetta i fatti, ma cerca di minimizzare le sue responsabilità, attribuendo ai raggiri dei coimputati la grave situazione economica venutasi a creare nella banca. « Per far fronte a grossi scoperti di alcuni correntisti — dice — dovetti distrarre somme--da altri conti e così venni a tro¬ varmi in questa situazione ». Se le domande che gli vengono rivolte sono troppo insidiose, il ragioniere si trincera dietro a ripetuti « Non ricordo» e praticamente la sua posizione non esce molto rafforzata dal lungo interrogatorio', protrattosi per buona parte del pomeriggio. Quando afferma che ha dovuto coprire il deficit di molti milioni lasciato dal Catenacci, gli viene chiesto perché gli avesse concesso tanta fiducia. « Mi era stato raccomandato da mons. Angeleri, vescovo ausiliare di Tortona! », esclama. Più sbrigativo l'interrogatorio dei coimputati, tutti pronti a scaricare la maggior responsabilità sulle spalle dell'Adaglio o del latitante Curti. « Non sapevo nulla, ha fatto tutto il Curti », afferma così il Manfredi. « Sono estraneo a tutto », incalza il conte Melzi d'Eril. « Ho sempre pagato: il mio conto doveva essere coperto », si difende l'Ascagni. Terminato Vinterrogatorio deqli imputati, il Tribunale ha poi ascoltato i primi testi — sono oltre cinquanta quelli citati —; quindi l'udienza è stata aggiornata a domani pomeriggio, f. m. Da sinistra, Manfredi, Catenacci ed Adaglio al banco degli imputati a Voghera