Per queste opere clandestine la pesante sentenza di Mosca

Per queste opere clandestine la pesante sentenza di Mosca niel »: dall'arresto dei due scrittori nel settembre 1965 alla partenza per il penitenziario. Ci sono le prime notizie apparse sulla stampa occidentale ed i verbali del dibattito giudiziario, le ingiurie della critica ufficiale agli accusati e le proteste dei comunisti stranieri, e — di particolare importanza — le coraggiose dimostrazioni di solidarietà di una parte della cultura sovietica. Non solo dei giovani: anche tra gli accadenti, gli « arrivati », qualcuno non accetta più, e lo dice, il soffocante conformismo autoritario. Più interessante, anche per l'ampiezza dei temi, Feniks 66: la prima « rivista non ufficiale » giunta in Occidente, che non si limiti ad insinuare idee eterodosse in un discorso letterario, ma affronti scopertamente problemi politici. L'originale è un grosso fascicolo dattiloscritto di 376 pagine. Accanto a liriche di giovani collaboratori ed a scritti letterari di forte contenuto polemico (come il saggio di Siniavski sul « realismo socialista »), esso contiene fra l'altro il resoconto stenografico del dibattito sul « caso Pasternak » all'Unione moscovita degli scrittori; il riassunto di una discussione, organizzata dall'Istituto del marxismo-leninismo, sulla storia del partito, con duri interventi di vecchi bolscevichi contro le falsificazioni ufficiali (osano ricordare Trotzki); ed infine i tre saggi in cui i giudici dovettero scorgere i reati più gravi. Alexis Dobrovolski nell'articolo « Rapporti tra conoscenza e fede » si rivela uno dei giovani marxisti che, eredi di una forte tradizione russa, hanno riscoperto il cristianesimo. Yuri Galanskov — 29 anni, poeta e critico, già collaboratore di Sintak\sis — in « Problemi organizzativi del Movimento per il disarmo generale e la pace nel mondo » rivendica l'iniziativa popolare accanto all'azione dei governi (quello sovietico incluso), ed in « Lettera aperta a Sholokov » scrive un durissimo pamphlet contro la dittatura, un appello appassionato alla libertà. La polemica contro il Premio Nobel autore del Pla¬ cido Don, per le ingiurie scagliate contro Daniel e Siniavski, è solo il pretesto: al di là del servo vile del potere, egli mette sotto accusa non il socialismo, ma la natura del potere sovietico. Rivendicando i diritti democratici (« 0 la libertà di espressione verrà data alla Russia o la Russia se la prenderà da sé»), egli afferma con ragione, come fecero i nostri fuoru¬ sciti contro il fascismo, di cercare l'interesse vero della sua terra: « Il letterato clandestino è fedele cittadino della sua patria e nomo d'onore: non può lasciar passare sotto silenzio gli scherni rivolli al paese ed ai suoi figli migliòri ». Carlo Casalegno ALEXANDER GINZBURG: Libro bianco sul caso Daniel-Siniavski - Ed. Jaca Book - pagine 319, lire 1900. - Feniks 66 - stesso editore, pagine 207, lire 1600. I quattro scrittori condannati venerdì scorso Per queste opere clandestine la pesante sentenza di Mosca Tradotti in Italia il «Libro bianco» di Ginzburg e la coraggiosa rivista politica «Feniks 66» Il 12 gennaio quattro giovani intellettuali sovietici — Yuri Galanskov, Alexander ' Ginzburg, Alexis Dobrovolski. Vera Laskova — sono stati condannati a severe pene di carcere dal tribunale di Mosca, un anno dopo l'arrèsto, con un procediménto pressoché segreto, ed arbitrario dietro la maschera di legalità. Si è ripetuto, ma con aspetti più inquietanti, lo scandalo del processo celebrato nel febbraio 1966, quando gli scrittori Andrei Siniavski e Yuli Daniel erano stati mandati in « campi di rieducazione a stretto regime » rispettivamente per sette e cinque anni. Nel '66 i giudici avevano condannato i due autori per la loro attività letteraria, riconoscendoli colpevoli d'aver pubblicato all'estero, sotto falso nome, opere che « tratteggiano in chiave grottesca » personaggi del mondo sovietico, da Lenin alle contadine kolkosiane, ed « offendono le idee che sono alla base della costruzione comunista ». Quest'anno, forse perché non si ripetessero le proteste degli intellettuali stranieri, insorti allora contro la condanna di due scrittori per «delitto d'opinione », il tribunale sovietico ha cambiato accusa: ha imputato a Galanskov ed ai suoi compagni non i loro scritti polemici o clandestini, ma atteggiamenti «teppistici» e la complicità con una organizzazione antisovietica operante nella Germania Occidentale. Una tesi di comodo: che ricorda le falsificazioni dei processi staliniani o nazisti, che i giudici di Mosca non hanno dimostrato, e che è smentita dai fatti. Con grande tempestività, la giovane casa editrice milanese « Jaca Book » ha pubblicato i testi dei veri reati, per cui i quattro scrittori hanno subito processo e condanna: la rivista clandestina Feni\s 66, organizzata da Galanskov, ed il Libro bianco sul caso Daniel-Siniavsfy, redatto da Ginzburg. I due libretti hanno un eccezionale valore documentario, confermano l'esistenza di una coraggiosa opposizione intellettuale in Russia, e rivelano la statura morale dei condannati. Essi erano coscienti del rischio, e lo affrontavano come aperta sfida alle autorità. « Il fatto stesso della pubblicazione della presente rivista — scriveva Galanskov nell'editoriale — è motivo sufficiente per provocare l'applicazione di qualche legge o decreto antidemocratico. Potete cominciare... ». Diciamo subito che per qualsiasi dittatura, comunista o salazariana, fascista o militare, scritti simili sono reati: un testo come Feniks 66 avrebbe mandato in carcere gli autori nell'Italia di Mussolini, li manda nella Spagna di Franco. E si deve aggiungere che ai tempi di Stalin non ci sarebbero stati né processo, né proteste: i «colpevoli», e forse i loro familiari, sarebbero semplicemente scomparsi, in una fossa comune od in un Lager. Ma la sentenza di Mosca ribadisce quello che i quattro imputati si proponevano di dimostrare ai loro concittadini ed al mondo: che l'Urss, mezzo secolo dopo la rivoluzione, rimane una caserma governata da un regime burocratico-poliziesco. Come scrive giustamente il Times, facendo celebrare il processo il governo sovietico ha rivelato in eguale misura cinismo e stupidità. Edite in Italia, in Russia le due opere incriminate circola no dattiloscritte e clandestine: non segrete, perché gli autori stessi hanno firmato i loro scritti e ne hanno mandato copia alle autorità. Nel Libro bianco, Alexander Ginzburg — 32 anni, critico letterario, già condannato a due anni per aver diretto la rivista d'oppo sizione Sinial(sis — ha racco! to duecento documenti sovietici e stranieri, pubblici e- privati, sul «caso Siniavski-Da- La predisposizione alle malattie dipende dalle costellazioni sotto cui l'uomo è nato: l'astrologia serviva, secondo l'opinione degli antichi, alla medicina